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ma, a parte il fatto che
anche per esso si rinnova quella sua dipendenza apodittica dall'autocoscienza
delle due biffe e delle loro materie senza la quale neppure il rapporto prende
autocoscienza sicché sotto questo punto di vista si deve dar vita a un discorso
uguale al precedente e menante a conclusioni almeno in parte identiche come
quelle che differiscono dalle precedenti in quanto non riguardano dei
sensoriali ma degli ontici che rimandano ai sensoriali, in primo luogo si dà
che la sua ripetizione, sia pur di esso in quanto invariabile, non è mai una
dialettica in sé, ma è sempre una dialettica che è biffa di una dialettica di
equivalenza con il tutto sintetico in cui le unità identiche biffate dal
rapporto secondo una certa sua ripetizione si vincolano in un'unità il cui modo
ontico è una certa qualità che la distingue dalle unità che vi si annegano e da
tutte le altre unità che sono sintesi di più unità componenti: infatti, se
quella forma che abbiam detto di giustapposizione di identici trattati come
unità è una denotante di una certa dialettica e quindi immane e coincide con
una dialettica, delle due l'una:o questa è spostamento d'attenzione dall'un
ontico trattato come unità all'altro in quanto identico al primo e, con ciò,
segue come falsariga e riempie di autocoscienza il rapporto di identità
quantitativo e mediatamente qualitativo dei due, e allora non solo non rileva
tutto ciò che la forma aritmetica ha come denotante, e precisamente la
giustapposizione e conservazione nell'autocoscienza dei giustapposti in una
simultaneità che lo spostamento d'attenzione in sé ignora, e insieme la loro
sintesi in una nuova unità la cui esistenza è condizione necessaria perché il
rapporto sia ripetuto, ma rende anche impossibile la ripetizione del rapporto,
del che è prova il fatto che nessuna enumerazione è un ontico autocosciente quale
lo vuole Kant, ossia una mera successione diacronica di unità identiche, ma
ogni enumerazione è sempre limitata alla successione diacronica di due unità
identiche tosto sostituita dalla loro sintesi o conservazione
nell'autocoscienza di entrambe però fuse in un qualitativo della quantità che
nulla ha che fare né con le due unità discrete né con il loro rapporto di
giustapposizione, oppure la dialettica ((la dialettica??)) comprende tutto ciò
che la forma di giustapposizione esige, compresa la liceità di una sua
ripetizione dialettizzabile con se stessa in quanto già datesi
all'autocoscienza, e allora deve arricchirsi di quel fattore di sintesi dei due
identici dialettizzati che fa di essi e della forma un uno che è un nuovo
qualitativamente diverso, con la conseguenza che essa dialettica non ha la
liceità mai di assolutizzarsi, ma deve nell'atto stesso in cui si pone farsi
biffa di una dialettica che la correla necessariamente con l'ontico
autocosciente della simultanea e indialettizzata esistenza in unità delle due
unità dialettizzate nella biffa; che se poi il rapporto della giustapposizione
è ripetuto di diritto e di fatto esso cessa di essere giustapposizione di
identici che sono tali immediatamente, ma diviene rapporto fra un ontico e un
altro che è trattato come identico al primo e che ha il diritto di esser
trattato così per la ragion sufficiente che il primo è disarticolabile in una
pluralità di ontici correlati dallo stesso rapporto e l'un l'altro identici,
con la conseguenza che ogni enunciazione o ripetizione della forma che abbiam
detto di giustapposizione è in realtà un rapporto di giustapposizione
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