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in quanto, se è necessario
che si muova dalle materie per darsi ragione del modo formale e del modo ontico
del rapporto, non è lecito prescindere da essa per darsi ragione di quell'unità
e di quella funzione unificatrice che sono denotanti categoriali del rapporto,
con la conseguenza da un lato che solo la loro immanenza in un uno qualitativo
ed essenziale come porzioni, attribuisce ad entrambe il diritto di farsi
principi di quei modi del rapporto, dall'altro che, essendo quel qualitativo ed
essenziale un uno alla condizione che non sia dirotto in parti, il rimando ad
esso delle materie biffe di una dialettica è sia ricavo da esso della funzione
reciproca delle due materie e del correlativo rapporto, la cui intelligibilità
è ancora una volta dimostrata nel suo modo formale di inferito da altro e non
da sé, sia riferimento o a un uno che è biffa di un'altra dialettica e che come
tale rimanda all'intelligibilità di una superiore unità rivelata però dal fatto
che si è spezzata in parte o a un uno che gode di intelligibilità senz'esser
biffe di nessuna forma e che tuttavia rivela la sua intelligibilità per il suo
spezzarsi in biffe; ora, dalle due definizioni e dalle quattro conseguenze,
derivano ulteriori connotazioni dell'intelligibilità: l'ontico intelligibile è
tale quando è disarticolato e unificato e quindi la sua unità di diritto e di
fatto, che è il principio della legittima intelligibilità della dialettica e
della sua materia e forma, è o un intelligibile problematico, come quello che è
nell'autocoscienza con la pretesa fondata di diritto ma mai verificata di fatto
di godere di un'unità non scissa in parte e di un certo modo qualitativo che è
la sintesi indisgiungibile delle parti, o un intelligibile inautocosciente,
come quello che è immanente inautocosciente sotto un aggregato percettivo e
rivelantesi attraverso certi modi che son propri sia dell'unità della
percezione sia della costanza o ripetizione delle sensazioni dell'aggregato e
delle loro relazioni, sicché l'unico intelligibile apodittico e non
problematico di una sfera dialettica di condizione umana è sempre e solo una
dialettica che pone la propria legittimità a conseguenza di quel concetto
problematico e a principio della legittimità della propria forma e della
propria materia; per questo non saranno mai date una definizione della forma
che ignori totalmente le connotanti della materia, una definizione della
materia che ignori totalmente le connotanti della forma, definizioni della
forma e della materia che ignorino totalmente le connotanti di una dialettica
in genere in quanto unico intelligible unitario dotato di autocoscienza;
infatti, se le dottrine che pretendono rimontare al rapporto come all'unico
principio dell'intelligibilità delle dialettiche sembrano darsi il diritto di
definire la forma indipendentemente dalla materia ma alla condizione di
lasciarsi sfuggire il condizionamento di fatto che questa opera su quella e se
le dottrine che fan capo solo alla materia per giustificare l'intelligibilità
della dialettica sembrano sganciare la definizione della materia dalla forma ma
alla condizione di escludere la dipendenza di fatto di quella da questa, quando
si muova dalla dialettica come da unica fonte per entrambe, pare che sia giusto
rilevare il condizionamento reciproco delle due; tuttavia se le condizioni di un
dialettizzare in generale sono di disarticolare un'unità sintetica in porzioni
eterogenee e discrete e di ricostruirla con l'unificazione di queste parti
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e con l'inserzione entro
l'unificato di tutti i componenti che sian sfuggiti a precedenti unificazioni
tendendo a rendere l'unificazione via via la più equivalente possibile
all'unità o con concetti apodittici o
con concetti problematici, si tratta di vedere se anche per quell'unità che è
una dialettica siano consentite operazioni identiche; per un tentativo di
cogliere la materia in quanto eterogenea e discreta dalla forma, si deve
distinguere fra dialettiche che pretendano di rapportare ontici autocoscienti
che son altri dai dati sensoriali, le quali qui ammettiamo in vista del
particolare fine, e dialettiche che riconoscano a sé la liceità di rapportare
solo o sensoriali o aggregati di sensoriali, ed entro le prime si deve
distinguere una dialettica che muova per legittimare il modo dei propri
spostamenti d'attenzione dalla struttura dell'ontico di tipo platonico da
quella di tipo aristotelico: in una dialettica a base platonica, la materia
dovrebbe essere data da due ontici autocoscienti, riproduzioni di due idee,
che, come tali, dovrebbero essere ciascuno l'autocoscienza di una continuità
unitaria qualitativamente omogenea e indivisa di fatto e di diritto, dalla
quale non promana nessun ontico autocosciente altro da essa, come la parte è
altra dal tutto, che sia ragione del peculiare rapporto o forma, di parte a
tutto o di tutto a parte, che lo vincola all'altro, sicché in un certo senso la
ragione della forma dei due intelligibili materie della dialettica dovrebbe
essere ricercata fuori da essi e precisamente nella reminiscenza della totale
struttura del mondo delle idee con tutte le sue gerarchizzazioni o rapporti di
sovra- e di sottoordinazione i quali sono gli unici fondamenti delle forme e
insieme sono le uniche forme delle dialettiche; a parte tutte le aporie che qui
si trovano e a parte soprattutto l'assenza di una corrispondenza di fatto tra i
problematici della teoria e gli apodittici delle effettive nostre dialettiche,
resta che la materia è presa per una continuità omogenea che risente molto di
quella di cui abbiamo autocoscienza come modo ontico di una sensazione,
soprattutto se ci è data isolata da un contesto percettivo; passiamo a una
dialettica a base aristotelica: anche qui si deve ammettere che gli ontici che
son biffe di dialettiche siano qualcosa d'altro dalle sensazioni, ma per una
definizione a sé della materia si deve decidere se muovere dalla specie infima
o dalla categoria, e, poiché la specie infima non appena si fa biffa di una
dialettica vede la propria unità dirompersi, non resta che rifarsi alla
categoria cui ((??mi??)) pare fatale l'assenza di ogni lecita disarticolazione:
evidentemente, per cogliere la funzione di materia, nella sua purezza e nella
sua genericità, attraverso l'autocoscienza di una categoria, conviene muovere
da una dialettica che abbia a biffa una categoria e di cui quindi la categoria
dev'essere predicato, cogliere questa categoria nel rapporto di immanenza in
cui la dialettica la pone col soggetto e insieme isolarla escludendo dalla sua
autocoscienza l'autocoscienza dei rapporti in cui è pensata entro la
connotazione del soggetto: quel che resta è un intelligibile autocosciente il
cui atto è quel che chiamiamo categoria con la sua specificazione epesegetica e
la cui potenza è la serie di tutte gli
intelligibili cui s'accompagna in tutte le connotazioni in cui immane, e quel
suo atto, che è il simmetrico autocosciente dell'autocosciente immanente nel
pensato divino
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e facente tutt'uno con una
parte diciamo così di Dio, è ancora da definirsi come un continuo indiviso il
cui essere o ontità intelligibile s'identifica con un certo modo o
conformazione dell'essere in un'unità per la quale più che di omogeneità, il
cui concetto esigerebbe la connotante della qualità, è da parlarsi di
indistinzione di parti che la frazionino e per la quale quindi una vaga
definizione è fornita solo dal ricorso analogico alla continuità indivisa di
una sensazione isolata in cui il generico del sensoriale si fonde indistinto
col generico della classe sensoriale stabilita in funzione dell'organo e col
modo suo peculiare che la distingue da tutte le altre conclassarie; quanto alle
dialettiche a base sensoriale, una definizione della materia in sé è più facile
se non da enunciarsi dialetticamente almeno da cogliersi intuitivamente col
rimando a quella continuità omogenea di una sensazione isolata; si potrebbe
quindi dire che la materia biffa di una dialettica in generale è una continuità
indistinta a modalità unica e semplice, se non si opponesse il fatto che questa
continuità ha un senso solo se è pensata per dir così con una sua corposità,
come una sorta di pieno, se si vuole immateriale e aspaziale, ma con tutte le
liceità che il senso comune affibbia al corposo materiale, perché deve poi
risultare atta a giustificare il suo esser biffa di un rapporto intelligibile e
quindi la sua natura di intelligibile con una certa essenza, con una certa
funzione, con una certa attitudine ad agire e patire, tutte cose che quella
mera patina di continuità è insufficiente a rendere ontiche non solo per le
materie delle dialettiche platoniche e aristoteliche, ma anche per quelle
empiristiche o kantiane; d'altra parte, la stessa continuità con quei suoi
attributi, una volta ricavata dalla meno disarticolabile delle biffe, diventa
attributo costante di tutti gli intelligibili che, in quanto materia, entrino
come biffe in una dialettica pur conservandovi un'unità che solo indirettamente
rimanda per la propria intelligibilità a una disarticolazione con unificazione
dialettica, ossia degli intelligibili predicati, i quali in fondo sono le
uniche biffe delle dialettiche la cui unità venga abbastanza mantenuta al di là
della rottura operata dalla dialettica; e anche nel caso dei predicati, la mera
pellicola del continuo indistinto deve completarsi con una corposità
intelligibile per lasciare alla materia tutto quel che essa deve contenere, il
che vale anche per le dialettiche a base empiristica; risulta, allora, che la
ragione è in grado di dirompere in discreti eterogenei l'unità della dialettica
in genere alla condizione di assicurare a uno dei distinti un certo modo ontico
di pienezza tridimensionale che non si vede come un aspaziale riesca a
possedere e che d'altra parte non si vede come gli si possa sottrarre se
l'ente, destinato a sussistere come biffa, deve porsi come un qualcosa da cui
deve fuoruscire per disarticolazione una serie di ontici altri da esso, anche
per un empirismo le cui dialettiche sono sì riconducibili a dialettiche con a
materia dei meri sensoriali, ma alla condizione, almeno per un buon numero di
esse, di assumere a materia dei gruppi di sensazioni, che finiscono per essere
trattati come dei tridimensionali; se non ho commesso errori nel prendere
contatto con le mie dialettiche, io non riesco a definire o descrivere una
materia di una dialettica e a non immettere nella definizione o descrizione
note
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