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che appartengano alla forma
senza assegnare all'autocosciente che ha il ruolo di materia qualcosa di
generale che la mia intuizione assegna alla struttura spaziale dei fenomeni
naturali e che una critica millenaria non permette di attribuire agli
intelligibili e neppure ai sensoriali e ai loro aggregati in quanto ontici
autocoscienti; tuttavia, è questa la sola strada per rendere indipendente la
materia dalla forma; quanto a questa, se non si tien conto dell'aporia che
anch'essa ha una sua materia, è definibile come uno dei modi o come la classe
dei modi secondo cui opera necessariamente e quindi intelligibilmente uno
spostamento d'attenzione; di conseguenza, una volta così distinti i due
componenti fondamentali di una dialettica, è lecito procedere all'unificazione
ricostitutrice dell'unità originaria aggiungendo come ontici a sé la funzione
della materia, la necessità della funzione, l'agire o il patire che è della
materia a seconda della sua funzione, l'azione causatrice della funzione della
materia sul modo particolare della forma; ma, a guardar bene, la distinzione di
questi ontici è più apparente che reale perché uno spostamento d'attenzione è
un ontico la cui autocoscienza non deve escludere né il punto di partenza né il
traguardo, il che è evidente s'estende a quei suoi modi che sono le forme, e,
così, la funzione e quanto le si connette deve vincolarsi alla corposità della
materia più di quanto si escluda; comunque, se a tutte queste separazioni o
discrezioni si attribuisce quel margine di perdita di qualitativo unitario che
è delle disarticolazioni dell'intelligibile in genere e se si perdona quella
corposità della materia, la ragione ha la liceità di disarticolare nel modo da
noi detto o in altro formalmente identico l'unità di una dialettica in genere
purché aggiunga agli unificati come concetto problematico tutto ciò che
dell'unità qualitativa originaria è andato perduto; e allora, sia che forma e
materia vengan definite secondo un condizionamento reciproco sia che si
definiscano in un'assoluta discrezione l'una dall'altra, l'intelligibilità di
un intelligibile coincide con l'autocoscienza e la forma intelligibile di una
dialettica, la cui unità ha intelligibilità in quanto l'attenzione ne dirompe
la sintesi nei due eterogenei della materia e della forma, i quali, se definiti
in reciproca dipendenza, rimandano l'uno all'altro, se definiti in discrezione
assoluta, rimandano a fattori di unificazione che inseriti tra la materia e la
forma ricostruiscono la continuità delle due:in entrambi i casi la
disarticolazione ha posto l'esigenza di un proprio superamento in una
unificazione che è prova indiretta dell'unità in cui materia e forma giacciono
entro la dialettica a costituire con questa un tutto uno la cui necessità e
legittimità ha a base il rapporto di equivalenza fra la dialettica e l'unità
semplice di un intelligibile: questo col suo attributo è da dichiararsi
inautocosciente, in quanto, se è vero che gli intelligibili autocoscienti che
son materia di una dialettica sono in questa assunti come unità semplici, è
altrettanto vero che quando l'attenzione prende contatto con ciascuno dei due
intelligibili al fine o di ritrovare nell'uno la ragion sufficiente del
rapportarsi dell'altro ad esso o nell'altro il diritto delle sue pretese
all'intelligibilità, il tentativo di rendere autocoscienti i due fini coincide
con la rottura dell'unità degli intelligibili in una molteplicità
dialettizzata;
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