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ora, l'autocoscienza di un
ontico che sia termine dell'attenzione è la condizione prima perché
l'attenzione si concentri su di esso ed insieme è la denotante che deve darsi,
a lato delle altre, come apodittico concomitante di tutte le modificazioni che
la concentrazione d'attenzione ha operato sull'ontico; che se queste sono la
disarticolazione dell'ontico in parti qualitativamente e funzionalmente
eterogenee e la loro unificazione pel medio degli spostamenti d'attenzione e
delle dialettiche, l'autocoscienza s'aggiunge via via a ciascuno di questi
nuovi ontici e s'aggiunge secondo una connessione la cui apoditticità è sì un
dato immediato, ma è anche un argomentabile dal fatto che ciascuno dei nuovi si
fa termine di attenzione, il che esige come condizione che sia autocosciente;ma
se l'autocoscienza abbiam detto essere la modalità necessaria ad un ontico che
si faccia termine d'attenzione e l'attitudine dello stesso a ripetersi
indefinitamente nelle stesse funzioni passive, sia nel primo modo relazionale
in cui l'attenzione l'ha colto sia in qualsivoglia altro rapporto, e se
l'attenzione è non un soffermarsi sull'ontico autocosciente ma sempre uno
spostarsi da esso a qualcosa che sia altro da esso pur giacendo in unificazione
con esso, l'ontico che si fa oggetto d'attenzione deve perdere la propria unità
nello stesso momento in cui l'attenzione si posa su di esso: è lecito che la
condizione di disarticolazione che l'attenzione genera in seno all'uno
nell'atto stesso in cui posa su di esso e che quindi vi ritrova come principio
dei suoi spostamenti, sia falsa ed illegittima, ma non è mai lecito che una
disarticolazione in genere si sostituisca all'unità dell'ontico nell'istante in
cui l'attenzione vi si posa sopra; ma allora autocoscienza e disarticolazione
con unificazione sono simultanee perché nello stesso attimo in cui l'attenzione
si posa sull'ontico, l'ontico si dà autocosciente e insieme si disarticola in
parti che simultaneamente vengono correlate in dialettica, donde segue che,
poiché siffatta dialettica è principio di un'ulteriore concentrazione
d'attenzione e quindi di ulteriori dialettiche che hanno a loro condizione
l'autocoscienza e la dialettizzazione dell'ontico, le due finiscono per
coincidere, allo stesso modo che coincidevano nel primo atto di attenzione; è
vero che tutto questo nostro discorso è nato proprio sulla distinzione di una
dialettica dell'intelligibile da una sua autocoscienza, ma è altrettanto vero
che quando andiamo a cercare che cosa sia quella dialettica vi ritroviamo una
concentrazione d'attenzione e uno spostamento d'attenzione che sono simultanei
con l'autocoscienza dell'ontico e con la loro stessa autocoscienza, essendo
d'altra parte l'ontico qualcosa che ha perduto quella sua unità di cui c'era
solo il sentore nel momento stesso in cui s'è fatto autocosciente e oggetto
dell'attenzione, ed è pure vero che quando
ci ripieghiamo nell'autocoscienza vi ritroviamo un offrirsi dell'ontico
all'attenzione e quindi il suo dirompere in molti dialettizzati secondo una
dialettica la cui autocoscienza è ancora un farsi essa oggetto d'attenzione e
un dirompere essa pure in molti; risulta, quindi, da un lato che è condizione
ineluttabile e fatale per un intelligibile che sia di condizione umana sia
godere di uno stato di unificazione che di fatto è un suo disarticolarsi in
molti eterogenei conservati in nesso reciproco da certi rapporti che son però
conservati
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