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Giordano Bruno Cavagna
(n. 1921 - m.1966)
Metaf. class. e metaf. cristiana

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  • Prot. 252 - 301 F2
    • 277
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[pag 414 (277 F2 /3)]

nell'ontità di condizione umana o dalle dialettiche che si instaurano fra i molti o dalle dialettiche si instaurano fra ciascuno dei molti e uno dei rapporti che muove da esso, sia essere accompagnato da quel particolare modo che chiamiamo autocoscienza, con la conseguenza che un intelligibile di condizione umana è necessariamente un dialettizzato o un coincidente con una o più dialettiche e insieme un autocosciente e che quindi dialettica e autocoscienza sono due denotanti egualmente necessarie per un intelligibile di condizione umana, dall'altro che tutto lascia pensare che le due note necessarie più che due eterogenei assoluti siano due punti di vista diversi gettati su di una unica modalità dell'intelligibile di condizione umana, la quale è appunto questa sua condizione umana, giacché quando si cerca di definire esattamente la dialettica ci si imbatte nell'autocoscienza e viceversa, essendo la dialettica uno spostamento d'attenzione che deve avere a suo principio dell'autocosciente, il quale però fa tutt'uno con il modo di disarticolazione e di correlazione reciproca dei disarticolati che è assunto dall'ontico che si fa termine d'attenzione, e insieme acquista autocoscienza alla condizione di disarticolarsi esso stesso in disarticolati reciprocamente correlati e di presentarsi sotto tal veste alla stessa attenzione, sicché se si vuole a tutti i costi distinguere l'autocoscienza dalla dialettica è lecito trattare la prima come una luce la quale però illumina solo un certo stato dell'ontico, essendo incapace di illuminare qualsiasi ontico che non giaccia in tale stato e s'accende solo quando l'ontico si dispone ad entrare in quello stato e vi entra, la qual metafora non lascia certo molto adito a scindere in assoluta eterogeneità autocoscienza e dialettica; che se si obietta che in una dialettica in genere, il cui fondamento primo e assoluto è un certo rapporto di parte a tutto fra la seconda biffa e la prima, è sempre costantemente presente l'unità della prima biffa come un dato autocosciente, come una sorta di istanza violenta che scaturisce dalla prima biffa e s'accompagna alla sua autocoscienza, si risponde che, se veramente l'autocoscienza s'accompagnasse all'unità semplice di un intelligibile e fosse per dir così la denotante che sottolinea la qualità unitaria della prima biffa, non si vede perché questa prima biffa, autocosciente nella sua unità indissolubile, dovrebbe di fatto rivelarsi incapace di sussistere come ontico fuor da qualsiasi relazione, e che la relazione stessa fra la seconda biffa e la prima è un intelligibile proprio alla condizione che quella sia parte di questa, il che non avrebbe senso se questa fosse un autocosciente di assoluta e inscissa unità; c'è invece da chiedersi se quell'istanza di unità, che indubbiamente è voce levantesi dalla prima biffa a garantire la sua totalità e quindi l'immanenza in essa della seconda biffa, con tutto ciò che di qui deriva all'intelligbilità della dialettica, non sia piuttosto una denotante-sigillo impressa nella prima biffa da una precedente dialettica che ha correlato la disarticolazione di essa con la nota dell'unità e che ha fondato in tal modo il diritto di tutte le successive dialettiche a divenire altrettanti fattori di unificazione del tutto disarticolato, e non o quel sentore o il residuo di quel sentore di unità che l'intelligibile ha nel momento in cui si fa oggetto di attenzione o ((e??)) di disarticolazione,


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[pag 415 (277 F3 )]

sentore che sarebbe tutt'al più la ragione della dialettica fra i disarticolati e le note della loro unità; d'altra parte, è un dato di fatto che l'intelligibilità in sé o razionalità è ossequio a certe leggi le quali sono i caratteri costanti e uniformi che un rapporto deve possedere in sé indipendentemente dalle sue modalità particolari e da quelle delle materie che son sue biffe; ma, allora, il sigillo di legittimità che accompagna un ontico nel suo ingresso fra gli intelligibili è impresso solo in seguito al suo farsi biffa di un rapporto e quindi al dirompere della sua unità in una molteplicità di disarticolati unificati, ossia in seguito al suo identificarsi con una dialettica; e, poiché tale sigillo viene impresso in seguito a dialettiche che assumano a loro prima biffa ciascuna delle dialettiche in cui l'ontico è entrato come biffa e a loro seconda biffa ciascuno dei rapporti-leggi verificando il nesso di tutto a parte che le correla, e poiché tale funzione di biffa di una delle dialettiche e di uno dei rapporti esige che la dialettica biffata sia disarticolata e quindi ridotta allo stato dell'intelligibilità, e poiché tutto ciò non avviene senza una denotante di autocoscienza che accompagni il tutto e tutti i suoi momenti, non solo la necessità del dialettizzarsi si trasferisce all'autocoscienza, ma il ridursi a dialettica di un ontico si fa condizione necessaria della sua intelligibilità e della sua autocoscienza e il farsi autocosciente dell'ontico si fa condizione necessaria del suo dialettizzarsi e della sua intelligibilità; ma quando fra due ontici autocoscienti intelligibili interviene un rapporto tale per cui ciascuno dei due è ragione dell'altro, questo loro reciproco e duplice dialettizzarsi o è un falso per circolo vizioso o, se è un legittimo, rimanda all' immanenza dei due entro la comprensione di un unico ontico, in questo caso l'ontico autocosciente in quanto intelligibile, e al rapporto in cui entrambi si pongono con esso, rapporto che è da questo come da ragione per quanto riguarda l'ontità e che è dagli altri come da ragioni per quanto riguarda le modalità dell'ontico, ossia l'intelligibilità; ma due ragioni di un unico ontico, in questo caso l'intelligibilità, debbono coincidere, il che rimanda non solo all'immanenza ma anche alla coincidenza di dialettica e di autocoscienza nell'unica comprensione dell'intelligibile di condizione umana; per tutto ciò, è lecito affermare la necessità e insieme coincidenza dell'autocoscienza e della struttura dialettica di un intelligibile di condizione umana; il concetto della necessità dell'autocoscienza come denotante di un intelligibile di condizione umana e la sua inferenza dalla connessione necessaria dell'autocoscienza con l'altra denotante, dello stesso intelligibile, della struttura dialettica e quindi dalla sua coincidenza con la dialettica che ne fa un coessenziale a questa e un essenziale, e non un accidente o un contingente, dello stesso intelligibile, promuovono il problema della distinzione di una sfera di intelligibilità umana, come totalità delle dialettiche di condizione umana, dalla sfera dell'intelligibilità divina: il problema, che pare proprio della dottrina logica aristotelica la quale attribuisce ontità un pensiero che sia autocoscienza della totalità delle dialettiche e degli intelligibili, di fatto insorge anche fuori e in dipendenza da quella o da altra particolare dottrina,




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