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nell'ontità di condizione
umana o dalle dialettiche che si instaurano fra i molti o dalle dialettiche si
instaurano fra ciascuno dei molti e uno dei rapporti che muove da esso, sia
essere accompagnato da quel particolare modo che chiamiamo autocoscienza, con
la conseguenza che un intelligibile di condizione umana è necessariamente un
dialettizzato o un coincidente con una o più dialettiche e insieme un
autocosciente e che quindi dialettica e autocoscienza sono due denotanti
egualmente necessarie per un intelligibile di condizione umana, dall'altro che
tutto lascia pensare che le due note necessarie più che due eterogenei assoluti
siano due punti di vista diversi gettati su di una unica modalità
dell'intelligibile di condizione umana, la quale è appunto questa sua
condizione umana, giacché quando si cerca di definire esattamente la dialettica
ci si imbatte nell'autocoscienza e viceversa, essendo la dialettica uno spostamento
d'attenzione che deve avere a suo principio dell'autocosciente, il quale però
fa tutt'uno con il modo di disarticolazione e di correlazione reciproca dei
disarticolati che è assunto dall'ontico che si fa termine d'attenzione, e
insieme acquista autocoscienza alla condizione di disarticolarsi esso stesso in
disarticolati reciprocamente correlati e di presentarsi sotto tal veste alla
stessa attenzione, sicché se si vuole a tutti i costi distinguere
l'autocoscienza dalla dialettica è lecito trattare la prima come una luce la
quale però illumina solo un certo stato dell'ontico, essendo incapace di
illuminare qualsiasi ontico che non giaccia in tale stato e s'accende solo
quando l'ontico si dispone ad entrare in quello stato e vi entra, la qual
metafora non lascia certo molto adito a scindere in assoluta eterogeneità
autocoscienza e dialettica; che se si obietta che in una dialettica in genere,
il cui fondamento primo e assoluto è un certo rapporto di parte a tutto fra la
seconda biffa e la prima, è sempre costantemente presente l'unità della prima
biffa come un dato autocosciente, come una sorta di istanza violenta che
scaturisce dalla prima biffa e s'accompagna alla sua autocoscienza, si risponde
che, se veramente l'autocoscienza s'accompagnasse all'unità semplice di un
intelligibile e fosse per dir così la denotante che sottolinea la qualità
unitaria della prima biffa, non si vede perché questa prima biffa,
autocosciente nella sua unità indissolubile, dovrebbe di fatto rivelarsi
incapace di sussistere come ontico fuor da qualsiasi relazione, e che la
relazione stessa fra la seconda biffa e la prima è un intelligibile proprio
alla condizione che quella sia parte di questa, il che non avrebbe senso se
questa fosse un autocosciente di assoluta e inscissa unità; c'è invece da
chiedersi se quell'istanza di unità, che indubbiamente è voce levantesi dalla
prima biffa a garantire la sua totalità e quindi l'immanenza in essa della
seconda biffa, con tutto ciò che di qui deriva all'intelligbilità della
dialettica, non sia piuttosto una denotante-sigillo impressa nella prima biffa
da una precedente dialettica che ha correlato la disarticolazione di essa con
la nota dell'unità e che ha fondato in tal modo il diritto di tutte le
successive dialettiche a divenire altrettanti fattori di unificazione del tutto
disarticolato, e non o quel sentore o il residuo di quel sentore di unità che
l'intelligibile ha nel momento in cui si fa oggetto di attenzione o ((e??)) di
disarticolazione,
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sentore che sarebbe tutt'al
più la ragione della dialettica fra i disarticolati e le note della loro unità;
d'altra parte, è un dato di fatto che l'intelligibilità in sé o razionalità è
ossequio a certe leggi le quali sono i caratteri costanti e uniformi che un
rapporto deve possedere in sé indipendentemente dalle sue modalità particolari
e da quelle delle materie che son sue biffe; ma, allora, il sigillo di
legittimità che accompagna un ontico nel suo ingresso fra gli intelligibili è
impresso solo in seguito al suo farsi biffa di un rapporto e quindi al
dirompere della sua unità in una molteplicità di disarticolati unificati, ossia
in seguito al suo identificarsi con una dialettica; e, poiché tale sigillo
viene impresso in seguito a dialettiche che assumano a loro prima biffa
ciascuna delle dialettiche in cui l'ontico è entrato come biffa e a loro
seconda biffa ciascuno dei rapporti-leggi verificando il nesso di tutto a parte
che le correla, e poiché tale funzione di biffa di una delle dialettiche e di
uno dei rapporti esige che la dialettica biffata sia disarticolata e quindi
ridotta allo stato dell'intelligibilità, e poiché tutto ciò non avviene senza
una denotante di autocoscienza che accompagni il tutto e tutti i suoi momenti,
non solo la necessità del dialettizzarsi si trasferisce all'autocoscienza, ma
il ridursi a dialettica di un ontico si fa condizione necessaria della sua
intelligibilità e della sua autocoscienza e il farsi autocosciente dell'ontico
si fa condizione necessaria del suo dialettizzarsi e della sua intelligibilità;
ma quando fra due ontici autocoscienti intelligibili interviene un rapporto
tale per cui ciascuno dei due è ragione dell'altro, questo loro reciproco e
duplice dialettizzarsi o è un falso per circolo vizioso o, se è un legittimo,
rimanda all' immanenza dei due entro la comprensione di un unico ontico, in
questo caso l'ontico autocosciente in quanto intelligibile, e al rapporto in
cui entrambi si pongono con esso, rapporto che è da questo come da ragione per
quanto riguarda l'ontità e che è dagli altri come da ragioni per quanto
riguarda le modalità dell'ontico, ossia l'intelligibilità; ma due ragioni di un
unico ontico, in questo caso l'intelligibilità, debbono coincidere, il che
rimanda non solo all'immanenza ma anche alla coincidenza di dialettica e di
autocoscienza nell'unica comprensione dell'intelligibile di condizione umana;
per tutto ciò, è lecito affermare la necessità e insieme coincidenza
dell'autocoscienza e della struttura dialettica di un intelligibile di
condizione umana; il concetto della necessità dell'autocoscienza come denotante
di un intelligibile di condizione umana e la sua inferenza dalla connessione
necessaria dell'autocoscienza con l'altra denotante, dello stesso
intelligibile, della struttura dialettica e quindi dalla sua coincidenza con la
dialettica che ne fa un coessenziale a questa e un essenziale, e non un
accidente o un contingente, dello stesso intelligibile, promuovono il problema
della distinzione di una sfera di intelligibilità umana, come totalità delle
dialettiche di condizione umana, dalla sfera dell'intelligibilità divina: il
problema, che pare proprio della dottrina logica aristotelica la quale
attribuisce ontità un pensiero che sia autocoscienza della totalità delle
dialettiche e degli intelligibili, di fatto insorge anche fuori e in dipendenza
da quella o da altra particolare dottrina,
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