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anzitutto perché la
successione diacronica di nuove dialettiche entro la sfera intelligibile di
condizione umana, le quali o si sostituiscono ad altre di cui provocano
l'inintelligibilità e l'esclusione dalla legittimità, o si accompagnano ad
altre assieme alle quali estendono l'area autocosciente di un intelligibile in
particolare e dell'intelligibilità in generale, o è da trattarsi come una
creatività perenne, con un'interpretazione che rende contraddittorio il tutto
dell'intelligibilità di condizione umana il quale da un lato sarebbe tenuto a
fondare la propria validità sulla tendenza ad equazionare con un processo
all'infinito le sue unificazioni dialettiche con le unificazioni dialettiche,
problematiche rispetto all'autocoscienza di condizione umana ma apodittiche
rispetto alla validità delle sue dialettiche, ponentisi nella più completa e
perfetta delle equivalenze con l'unità in sé dell'intelligibile in quanto
inautocosciente, dall'altro dovrebbe rinunciare a siffatto principio di
legittimità per sostituirvi totalmente l'altro della perfetta sussunzione delle
dialettiche sotto le leggi di ragione, il quale renderebbe ragione di una
dialettica in generale ma non della necessità di sostituire dialettica a
dialettica o di arricchire una dialettica con altre, o è da prendersi come uno
dei modi dell'intelligibilità di condizione umana il quale consiste appunto in un
processo costante di adeguazione dell'autocosciente unificazione dialettica di
condizione umana a quell'unificazione dialettica che è equivalente perfetto
dell'intelligibile in sé e che, in quanto unita ad autocoscienza, è da
escludersi coincidente con l'intelligibile in sé come è da escludersi
coincidente, per le differenze quantitative, dall'intelligibile di condizione
umana, sicché la sfera intelligibile di condizione umana rimanda per la propria
legittimità ed ontità a una sfera intelligibile che è lecito chiamare di
condizione divina e la cui ontità è necessario non già postulare secondo i
principi da cui l'inferisce Aristotele, ma presuppone come un problematico e
insieme come un medio il cui darsi con autocoscienza di condizione umana
farebbe di questa sfera quell'equivalente dell'intelligibile in sé cui
l'operare delle dialettiche tende, in secondo luogo perché certe
caratteristiche dell'intelligibile di condizione umana, quali sia il
particolare tipo di simultaneità che di fatto è una successione diacronica
reversibile di ontici autocoscienti che non riescono a darsi in assoluta
simultaneità nell'autocoscienza ma adeguano uno degli effetti di questa
impossibilità con la apodittica connessione autocosciente che li lega e che
costringe l'autocoscienza che investe l'uno a trasferirsi sull'altro e a
richiamarlo come autocosciente ogniqualvolta si dia il primo, alla condizione
però che il trasferimento dell'autocoscienza si accompagni a una perdita di
autocoscienza di questo, sia lo stato di insicurezza costante in cui la sfera
dell'intelligibile umano giace come quella le cui dialettiche sia pur
legittimate nei confronti dell’intelligibile dialettizzato e nei confronti
delle leggi di ragione son sempre in forze rispetto a un ulteriore
dialettizzarsi dell'intelligibile o al sovraggiungere di nuove dialettiche
capaci di annullare quelle di cui l'intelligibile era biffa e quindi
l'intelligible stesso, pongono nell'autocoscienza, sia pure come problematico e
nelle forme di concetto zero, una sfera di dialettiche autocoscienti in cui la
simultaneità acronica degli spostamenti d'attenzione e la perfetta identità tra
la quantità di questi e la quantità delle materie e delle forme, in cui ogni
intelligibile
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