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Giordano Bruno Cavagna
(n. 1921 - m.1966)
Metaf. class. e metaf. cristiana

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  • Prot. 252 - 301 F2
    • 277-78
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[pag 416 (277 F4 /278 F1)]

anzitutto perché la successione diacronica di nuove dialettiche entro la sfera intelligibile di condizione umana, le quali o si sostituiscono ad altre di cui provocano l'inintelligibilità e l'esclusione dalla legittimità, o si accompagnano ad altre assieme alle quali estendono l'area autocosciente di un intelligibile in particolare e dell'intelligibilità in generale, o è da trattarsi come una creatività perenne, con un'interpretazione che rende contraddittorio il tutto dell'intelligibilità di condizione umana il quale da un lato sarebbe tenuto a fondare la propria validità sulla tendenza ad equazionare con un processo all'infinito le sue unificazioni dialettiche con le unificazioni dialettiche, problematiche rispetto all'autocoscienza di condizione umana ma apodittiche rispetto alla validità delle sue dialettiche, ponentisi nella più completa e perfetta delle equivalenze con l'unità in sé dell'intelligibile in quanto inautocosciente, dall'altro dovrebbe rinunciare a siffatto principio di legittimità per sostituirvi totalmente l'altro della perfetta sussunzione delle dialettiche sotto le leggi di ragione, il quale renderebbe ragione di una dialettica in generale ma non della necessità di sostituire dialettica a dialettica o di arricchire una dialettica con altre, o è da prendersi come uno dei modi dell'intelligibilità di condizione umana il quale consiste appunto in un processo costante di adeguazione dell'autocosciente unificazione dialettica di condizione umana a quell'unificazione dialettica che è equivalente perfetto dell'intelligibile in sé e che, in quanto unita ad autocoscienza, è da escludersi coincidente con l'intelligibile in sé come è da escludersi coincidente, per le differenze quantitative, dall'intelligibile di condizione umana, sicché la sfera intelligibile di condizione umana rimanda per la propria legittimità ed ontità a una sfera intelligibile che è lecito chiamare di condizione divina e la cui ontità è necessario non già postulare secondo i principi da cui l'inferisce Aristotele, ma presuppone come un problematico e insieme come un medio il cui darsi con autocoscienza di condizione umana farebbe di questa sfera quell'equivalente dell'intelligibile in sé cui l'operare delle dialettiche tende, in secondo luogo perché certe caratteristiche dell'intelligibile di condizione umana, quali sia il particolare tipo di simultaneità che di fatto è una successione diacronica reversibile di ontici autocoscienti che non riescono a darsi in assoluta simultaneità nell'autocoscienza ma adeguano uno degli effetti di questa impossibilità con la apodittica connessione autocosciente che li lega e che costringe l'autocoscienza che investe l'uno a trasferirsi sull'altro e a richiamarlo come autocosciente ogniqualvolta si dia il primo, alla condizione però che il trasferimento dell'autocoscienza si accompagni a una perdita di autocoscienza di questo, sia lo stato di insicurezza costante in cui la sfera dell'intelligibile umano giace come quella le cui dialettiche sia pur legittimate nei confronti dell’intelligibile dialettizzato e nei confronti delle leggi di ragione son sempre in forze rispetto a un ulteriore dialettizzarsi dell'intelligibile o al sovraggiungere di nuove dialettiche capaci di annullare quelle di cui l'intelligibile era biffa e quindi l'intelligible stesso, pongono nell'autocoscienza, sia pure come problematico e nelle forme di concetto zero, una sfera di dialettiche autocoscienti in cui la simultaneità acronica degli spostamenti d'attenzione e la perfetta identità tra la quantità di questi e la quantità delle materie e delle forme, in cui ogni intelligibile




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