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apoditticamente si risolve
quando sia disarticolato perfettamente e il cui risultato è quella certa
quantità di spostamenti d'attenzione, garantiscano alle dialettiche una
immutabilità e legittimità assolute che son poi quelle del pensiero divino come
sfera di dialettiche autocoscienti quale l'immagina Aristotele, e fanno di
quella sfera l'optimum cui l'umana tende instaurando con ciò fra il suo
concetto e la nozione della totalità delle dialettiche di condizione umana una
certa dialettica che solo in parte segue il rapporto da tutto a parte;
evidentemente, per Aristotele la distinzione fra intelligibilità divina e
intelligibilità umana è facile perché alla prima spetterebbe un'autocoscienza
essenziale e apodittica, alla seconda un'autocoscienza per lo meno accidentale
e quindi problematica, ma chi abbia definito l'autocoscienza in generale come
un costantemente essenziale e apodittico all'intelligibilità dialettica, è
tenuto ad andare a cercare altrove la ragione della diversità, sia che la sfera
divina accolga come un ontico sia come un problematico; ma il problema della
natura di un'intelligibilità divina rimanda a un'altra questione, quella
dell'unità dell'intelligibile; se il dialettizzare in genere di condizione
umana scaturisce da una rottura dell'unità dell'intelligibile e tende a
ricostituire quanto il suo principio ha annullato nell'intelligibile mediante
un'unificazione estendentesi a un numero sempre maggiore di materia con un
numero sempre più grande e una varietà qualitativa sempre più precisa di forme
sino a coinvolgere sia pure, come concetto zero, la qualità dell'intelligibile
che gli compete in quanto uno semplice e che non coincide né con nessuna delle
qualità delle sue denotanti né con il loro organizzarsi per unificazione né con
un'intuizione di quell'uno semplice che è l'intelligibile, e se la legittimità
di una dialettica risale a una sua verità materiale che è al tempo stesso
ragione di sé e della verità formale che solo per astrazione ne vien separata,
è evidente che un'unità semplice dell'intelligibile deve almeno esser
postulata, pena le aporie che alla sfera dialettica derivano dall'assenza o
illiceità di una verità materiale o da una sua pretesa creatività; d'altra
parte, la stessa unità con la sua necessità balza fuori anche da altre istanze,
e precisamente dal fatto che un intelligibile che sia biffa di una dialettica
vi è trattato in certo modo come un unitario di unità semplice, e se è vero che
tale trattamento è qualcosa di mediato come quello che ha le sue ragioni in una
precedente dialettica o serie di dialettiche apodittiche o problematiche che
hanno o di fatto o di diritto o per mera liceità unificato le sue
disarticolazioni e con ciò dialettizzato i disarticolati con la nota dell'uno,
è altrettanto vero che questa antecedente dialettizzazione ha avuto a sua base
una certa unità in sé dell'intelligibile e non annulla quella modalità di unità
e di qualitativo in funzione dell'unità che accompagna l'intelligibile che è
biffa della dialettica, come prova il fatto che la nozione di mammifero che sia
biffa di una dialettica mutua la sua intelligibilità, è vero, dalla sua
disarticolazione in materia apodittica e ontica o soltanto lecita ((??)) e
forme dialettizzate, da varie dialettiche, ciascuna fra loro e tutte con la
nota dell'uno, ma non per questo si svuota di quella mammiferinità che è la
modalità del qualitativo in funzione dell'unità la quale,
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se nessuna dialettica
afferra e se la totalità della dialettica è tutt'al più capace di articolare
come concetto zero sull'intera comprensione disarticolata e ordinatamente
unificata, resta pur sempre nell'autocoscienza come segno dell'unità semplice e
originaria dell'intelligibile mammifero e di quella sua qualità che non
coincide né con la somma delle note né con la loro articolazione per
unificazione, con la conseguenza che l'ontica unità semplice dell'intelligibile
è presente nella sfera delle dialettiche non solo come problematico principio
di ontità e legittimità delle dialettiche ma come principio di certi
intelligibili, che sono, anche, tutti concetti zeri, alla cui genesi non stanno
né le note disarticolate né le dialettiche unificanti; d'altra parte, la stessa
essenza della dialettica, anche se è lecito, e io non vedo come, sia sganciata
da un principio che è unità semplice dell'intelligibile, con quella sua
denotante dell'unificazione deve dare come risultato della sua ontità e della
sua autocoscienza, un certo ontico autocosciente la cui intelligibilità sta
appunto nella dialettica con cui coincide, ma la cui funzione di farsi biffa di
un'ulteriore e differente dialettica presuppone quel suo diritto ad esser
trattato come un uno in forma dell'unificazione che lo costituisce, sicché,
anche negando un'originaria unità modulo dell'unificazione, la stessa unità si
ritrova al termine dell'unificazione dialettica come suo frutto e la si ritrova
con una tonalità e modalità qualitativa di cui l'unificazione non si pone a
sufficiente ragione, il che è dimostrato da questo che, ammesso che il concetto
di mammifero come biffa unitaria di una dialettica non sia un principio di
intelligibilità bensì uno degli effetti conseguiti da quell'intelligibilità che
è la serie delle dialettiche il cui risultato è l'unificazione di una
molteplicità di intelligibili nell'organismo della nozione mammifero, lo stesso
concetto è pur sempre un uno e come uno ha un certo modo di porsi a biffa
autocosciente di dialettiche di cui l'unificazione in organismo di tutte le sue
denotanti è ragione necessaria, ma non suffciente; dunque pesa entro la sfera
delle dialettiche l'unità semplice dell'intelligibile; d'altra parte,
l'essenziale dialettica-autocoscienza degli intelligibili di condizione umana
esclude la presenza di quell'unità entro la sfera dell'intelligibilità, sia
perché la struttura di un intelligibile autocosciente è una dialettica ossia
una disarticolazione cui simultaneamente si è accompagnata un'unificazione sia
perché un intelligibile che entri in una dialettica come biffa vi sta alla
condizione di avere intelligibilità, ossia di offrire la liceità e
l’apoditticità di una dialettizzazione o di offrire allo stato problematico la
stessa liceità, sicché nella sfera dell'intelligibile autocosciente umano non
c'è posto per un ontico che sia intelligibile e insieme uno e semplice; ora il
problema non è affatto quello di stabilire come si generi una dialettica che
come unificazione necessita dell'unità semplice di ciò la cui disarticolazione
essa unifica e che come intelligibile esclude l'autocoscienza di un
intelligibile unico e semplice che entri, assieme ad essa, come biffa di una
dialettica di equivalenza o di genesi, non è cioè gnoseologico, in quanto la
biffa di un intelligibile unico e semplice che si dialettizzi in equivalenza e
in rapporto di principio a conseguenza con un intelligibile che è una
dialettica, è sempre offerta da un concetto problematico che sarebbe
l'autocoscienza dell'intelligibilità
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in sé immanente
inautocoscientemente nel fenomenico e in uno o altro modo trasparente, per dir
così attraverso di esso, cosicché l'attenzione e la disarticolazione lavorerebbero sulle tracce o indici di
intelligibilità offerti dal fenomenico quasi operassero sul concetto
problematico, e il problema allora non consisterebbe più nello stabilire con
quali modalità o meccanismi da un aggregato fenomenico si salta
dall'autocoscienza di un intelligibile uno e semplice, ma con quali modalità e
meccanismi la sfera delle dialettiche inserisce fra l'aggregato fenomenico e le
dialettiche costruite su esso un concetto problematico che sia principio di
ragione e di garanzia da un lato dell'ontità dell'intelligibile inautocosciente
e immanente nel o sotto il fenomenico a costituirne un aggregato la cui
unificazione e i cui modi sono da trattarsi come altrettanti indici di ciò che
è in o sotto esso, dall'altro della legittimità e validità -verità formali e
materiali delle dialettiche che pur traendo origine dal fenomenico pretendono
di rifarsi ad esso come a propria sorgente - il discorso non cambia quando a
origine delle dialettiche autocoscienti intelligibili si pongano idee innate,
le quali o sono degli intelligibili autocoscienti, e allora si dan già esse
secondo una struttura dialettizzata che si tratterebbe solo di distinguere nei
suoi momenti, il che in fondo non arrivo a capire chiaramente, dal momento che
o le dialettiche sono veramente tali ossia esplicite e quindi distinte l'una
dall'altra e distinte entro di sé nella loro materia e nella loro forma, nel
qual caso l'idea innata coincide con la totalità almeno di una parte della
sfera delle nostre dialettiche, il che non è verificato dai dati di fatto, o le
dialettiche sono implicite ossia indistinte l'una dall'altra e indifferenziate
ciascuna nella loro materia e nella loro forma, ma allora si avrebbe una struttura
dialettizzata inautocosciente, ossia una contraddizione in termine, o sono
degli intelligibili unitari e semplici i quali, come l'idea di soggetto o di
identità o di non contraddizione o di quella figura geometrica qualsivoglia che si assume a principio genetico di tutte
le altre e di tutti i teoremi geometrici, hanno autocoscienza ma non struttura
dialettica, e allora sono nell'autocoscienza come degli intuiti godenti di
quell'intuizione che è del fenomenico, e su di essi l'attenzione e la
disarticolazione -unificazione degli spostamenti d'attenzione opera su di essi
così come lavora sui fenomenici, trattandoli cioè come dei tutti che in un modo
o in un altro è lecito dividere per tradurne le parti e i loro rapporti in
materie e forme dialettiche, pel ((o??)) medio anche qui di un concetto
problematico, privilegiato rispetto all'altro come quello con cui il dato
intuito immediatamente coincide, nella qual teoria c'è sempre l'aporia del come
un intuito intelligibile e unitariamente semplice, che dovrebbe coincidere con
un intelligibile unitario e semplice, si distingua da questo, che deve di
conseguenza, trasformarsi, in un inautocosciente immanente in esso, come un
divisibile da un indivisibile -; il problema gnoseologico investe solo
indirettamente il problema dell'unità dell'intelligibile, perché prima di tutto
ha da affrontare la questione del diritto che la sfera dell'intelligibilità ha
di assumere, poco importa se allo stato dialettico oppur no, certi dati, che in
sé sono degli intuiti e che come intuiti si presentano tutt'al più
caratterizzati dalla denotante formale della generalità,
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