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Giordano Bruno Cavagna
(n. 1921 - m.1966)
Metaf. class. e metaf. cristiana

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  • Prot. 252 - 301 F2
    • 280
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[pag 424 (280 F1 /2)]

dell'uno del qualitativo e dell'autocosciente  e di esse fa principio per uno spostamento all'intelligibile disarticolato e dialettizzato che dal farsi conseguenza apodittica del primo ne ritrae legittimità e verità - validità formali e materiali; poco conta che la riduzione a molteplice dell'intelligibile dirotto in dialettiche sia dialettizzata, come conseguenza, o con una dilacerazione, ontica in sé, di intelligibili i quali son predicati con una denotante necessaria consistente in una duplice liceità di causalità rispetto alla propria ontità, quella di porre sé nella propria qualificazione completa e quella di porre sé in una qualificazione depauperata, o con uno stato di completezza ontica di intelligibili la cui qualificazione è posta come effetto dell'attuazione piena di tutte le potenzialità qualitative di cui l'intelligibile in genere è carico, perché, nel primo caso che è del platonismo, gli intelligibili autocoscienti che sono uni e semplici e che son dialettizzati come ragioni di validità con gli autocoscienti che son biffe di dialettiche, saranno tanti quanti sono questi ultimi, e si susseguiranno l'un l'altro, in una gerarchia dal genere sommo dell'essere alle specie infime, la quale sarà riprodotta nella sfera delle dialettiche da biffe di dialettiche la cui unificazione organizzerà nella comprensione del genere la molteplicità discreta delle specie e dei loro rapporti funzionali, mentre nel secondo caso, che è quello dell'aristotelismo, si darà una sola serie di autocoscienti che sono l'intuizione di intelligibili in sé, che è costituita dalla successione di tutte le specie infime, dialettizzate ciascuna, con funzioni di ragione di legittimità, con intelligibili entro cui le dialettiche sono penetrate a diromperne l'unità in tutti i generi e in tutti gli specifici destinati a divenire biffe di altrettante dialettiche; quel che conta è che nella dialettica che s'instaura fra l'intelligibile intuito e l'intelligibile frantumato e unificato in dialettiche non c'è solo un movimento, con un suo valore, dello spostamento d'attenzione, quello che dall'intuito mena al dialettizzato per ricavare la legittimità di questo dall'ontità di quello, ma vi è anche un capovolgimento di direzione dello stesso spostamento che ha un suo valore e precisamente quello di approfondire l'autocoscienza che del qualitativo intelligibile offre l'intuizione dell'intelligibile uno con la struttura della sua essenza, struttura che è offerta dal correlato intelligibile dirotto nelle dialettiche, sicché nell'autocoscienza divina il rapporto fra l'intelligibile semplice e l'intelligibile per unificazione finisce per riprodurre la forma di soggetto e di predicato di un giudizio senza che ciò costi la perdita di unità del primo (,)dato il rapporto di mera equivalenza dei due: sia che il complesso degli intelligibili intuiti come semplici venga identificato con l'ontità stessa dell'autocoscienza divina, come fa Aristotele, sia che venga identificato con la traduzione  di ontici in sé nell'autocoscienza, di un demiurgo platonico, le dialettiche che s'accompagnano ad autocoscienza con la funzione di simmetrici del complesso, esplicano l'altra funzione di ragion sufficienti del qualitativo e delle modalità del qualitativo di ciascun intelligibile semplice: nel caso infatti che questo sia una specie infima il suo qualitativo ritroverà se stesso e le ragioni della sua ontità e delle sue modalità, in quel suo equivalente che è la sua comprensione 

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disarticolata perfettamente dal generico assoluto all'ultimo degli specifici necessari e dirotta perfettamente nei corrispondenti qualitativi, ciascuno dei quali ha nella sua qualità ciò che lo lega agli altri e all'unità del tutto, qualcosa che è ragione della sua funzione di dipendente o di indipendente funzionale e delle forme relazionali che ne derivano, e che sfugge, se non formalmente di certo materialmente, alle dialettiche di autocoscienza umana, non a quelle di autocoscienza divina; nel caso che l'intelligibile semplice sia uno fra i tanti intelligibili che son biffe di una delle dialettiche, esso ritroverà il suo qualitativo e le ragioni di questo o in una comprensione disarticolata perfettamente, come quella di sopra, qualora sia il genere sommo, o in una comprensione con disarticolazione egualmente perfetta, ma mancante di tanti qualitativi quanti sono i generi ad esso sovrapposti; questa descrizione, si dirà, è antropomorfica e contraddice a quella regola cui fin qui chi scrive si è attenuto di guardarsi bene di attribuire ciò che è della condizione umana a ciò che non si ha né dirittoragione di trattare come di condizione umana, e per di più muove tutta dal presupposto di intelligibilità a materia qualitativa e ignora le dialettiche le cui biffe siano delle quantità; ora, a parte che il discorso qui svolgentesi muove dalla dottrina logica di Aristotele, uno dei cui pilastri è una sfera dialettica di autocoscienza divina, e tende a stabilire che quel che è valido per essa è valido anche per una dottrina logica delle classi o degli insiemi, a parte che alcuni sconfinamenti nel platonismo han ricevuto il permesso dall'identità o sovrapposizione di zone dell'una teoria in zone dell'altra, l'innegabile antropomorfismo è nullificato dall'attributo d problematicità che dev'essere costantemente tenuto legato al concetto di una sfera dialettica di natura divina, la quale una volta dichiarata autocosciente da un lato dovrà albergare tutto ciò che di sé l'autocoscienza di natura umana ha il diritto di estendere a un'autocoscienza in generale e quindi a un'autocoscienza divina, che delle due l'una o si presuppone identica in quel qualcosa di essenziale all'umana, nel qual caso sarà lecito parlarne, o si esclude che sia identica, nel qual caso si dovrà tacerne assolutamente; d'altra parte, una volta che si sia concluso nell'illiceità di denotare l'autocoscienza di condizione umana di un intelligibile con l'accidentalità o la contingenza, e la necessità di identificarla con l'essenziale struttura  dialettica dello stesso intelligibile, se da un lato sono fattori di promozione di un autocosciente problematico che sia l'autocoscienza di una sfera dialettica divina come complesso di intelligibili autocoscienti-dialettici privo di certi modi che appaiono propri della condizione umana ma non dell'autocoscienza che vi si ritrova, dall'altro inducono ad affrontare, prima ancora di una caratterizzazione dell'essenza della sfera dialettica divina in quanto divina, la questione dell'unità e semplicità dell'intelligibile in generale che si son rivelate principi e condizioni e non già conseguenze dell'ontità struttura e validità delle dialettiche; e questo rapporto fra intelligibile in sé e dialettica ha dovuto esser trasferito nella condizione divina una volta che l'attribuzione a questa di un'autocoscienza abbia trascinato seco l'estensione ad essa delle strutture dialettiche,




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