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nessuna immagine di
condizione umana riesce a cogliere la caratteristica per la quale appunto è
stato posto come concetto problematico siffatto ontico, e precisamente il
qualitativo ad esso peculiare ed irriducibile alla giustapposizione dei
qualitativi parziali autocoscienti e dialettizzati; se si vuol lasciare
siffatto intelligibile inautocosciente con una struttura molteplice, si deve
rinunciare a stabilire un'unificazione delle sue parti che generi unità e
qualità omogenea, in primo luogo perché nessuna delle unificazioni fra
eterogenei di cui le dialettiche umane si servono come biffe autocoscienti
simmetriche di ontici inautocoscienti è atta a essere attribuita al molteplice
dell'intelligibile, in secondo luogo perché nessuna correlazione, fra quante
sono autocoscienti, è in grado di accordare l'omogeneità qualitativa
dell'intelligibile che è uno in sé e inautocosciente con l'eterogeneità dei
molti qualitativi, comunque unificati, che dovrebbero per dir così costituirla;
ma proprio questa omogeneità qualitativa o peculiarità di una qualificazione
che nessuna somma di qualità componenti giustifica, è stato ciò che si è voluto
rilevare con l'attribuire ontità in sé all'intelligibile, e perciò per conservare
questo si deve rinunciare ad attribuire a questo una struttura che sia
simmetrica di quella delle dialettiche di condizione umana, e si deve
concludere in una sua semplicità; d'altra parte, quando poniamo l'intelligibile
inautocosciente entro il fenomenico, riconduciamo ad esso come segno a un
supporto se non come effetto a una causa, l'unità della percezione, dentro la
quale è lecito distinguere vari aspetti ciascuno segno di una delle denotanti
in cui l'intelligibile verrà dialettizzato, ma che è illecito ridurre, nella
sua unità, alla mera giustapposizione necessaria di quegli aspetti perché tale
unità è sempre accompagnata da una tonalità che né la giustapposizione degli
aspetti né la sostituzione di un aspetto ad un altro come segno del subentrare
di uno specifico ad un altro spiegano e che, sia oppure no destinata a tradursi
in un concetto ineluttabilmente problematico, rimanda alla qualificazione
omogenea dell'intelligibile immanente e quindi alla sua semplicità; se poi si
considerano le denotanti in cui si disarticola una comprensione e se attraverso
il loro reciproco rapporto funzionale instaurato dalle varie dialettiche si
pretende equazionare l'unità in sé originaria dell'intelligibile con
l'unificazione che la successione delle funzioni instaura entro il materiale
disarticolato, si deve pure osservare che tali funzioni, relativamente a una
denotante isolata, non sono univoche dal momento che la denotante è atta a
farsi specifico di più generici o generico di più specifici con una certa
pluralità di attitudini ad articolarsi che sono problematiche in sé e che
diventano apodittiche, una alla volta,
solo relativamente al complesso entro cui si danno, il che non è spiegato
abbastanza da quell'unità parziale che si dà in atto allorché varie denotanti
s'unificano in una denotante a funzione generica, che è un binomio o polinomio
di qualitativi, in attesa di questa e non di quella denotante specifica, ed è
spiegato solo dall'unificazione totale di tutte le denotanti della
comprensione(i), la quale tuttavia non è ragione di quella certa funzione in
quanto ne è generata e posta e ritrova quindi la sua ragione in una unità
qualitativa estranea alla molteplicità unificata ed anteriore ad essa;
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