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e infine, se il rapporto tra dialettiche intelligibili di
condizione umana e intelligibilità in sé, in quanto identità delle une con
l'altra nel modo in cui la pensa Leibniz quando parla di una conoscenza chiara
opposta a quella confusa, esclude dalla seconda la struttura semplice degli
intelligibili in sé e quindi la loro irrelatezza reciproca, non sembra tuttavia
capace di annullare del tutto né l'uno né l'altro carattere
dall'intelligibilità in generale delle cose, come attesta la semplicità
irrelata delle monadi; c) un ontico autocosciente, quando entra nelle
dialettiche di condizione umana, disarticolandosi nelle sue denotanti
qualitative e offrendo queste e insieme il tutto della sua comprensione come
sorgenti dei rapporti funzionali che vincolano denotante a denotante della comprensione,
denotante della comprensione a denotante di un'altra, la comprensione a
un'altra, e quindi come principi delle forme che definiscono la relazione
generica di uno spostamento d'attenzione in genere, acquista una propria
funzione generale, quella di aumentare il numero e la qualità delle materie e
delle forme dialettizzate o di modificarle, escludendone alcune dal diritto e
dalla cittadinanza di intelligibili e introducendone delle nuove come piene di
fatto del diritto e della cittadinanza; insomma, avvicina ulteriormente la
sfera dialettica al suo limite; ma al tempo stesso perde i suoi contatti con la
totalità delle cose con la quale mantiene solo i rapporti che con essa ha la totalità delle
dialettiche e che consistono nel nesso pragmatico, il cui segno è un giudizio
ipotetico, di una causalità, problematica e non perfettamente dialettizzabile
in tutti i suoi momenti, fra l'intelligibile, in quanto ontico in sé con certi
modi che son le qualità delle sue denotanti e con una certa autosussistenza che
è la unità delle stesse, e il resto delle cose che sono state lasciate fuori
dalla sfera della dialettica e di cui si son assunti a segni gli intuiti
sensoriali; in forza della genericità e imperfezione dialettica di questo
rapporto che è tanto diversa dalla completezza e particolarizzazione minuziosa
dei rapporti con cui l'intelligibile si lega ai suoi simili nelle dialettiche,
è facile attingere alle forme generali della sfera dialettica materiale con cui
riempire la biffa della protasi di quel giudizio ipotetico e sfociare così in
due conclusioni divaricate, negando l'esistenza di altro dagli intelligibili e
lasciando a una qualsivoglia teoria l'ufficio di fornire ragioni sufficienti
per un mondo che è di soli intelligibili e di cui l'autocoscienza di condizione
umana offre due aspetti qualitativi, oppure accettando l'ontità dei due aspetti
ma lasciando all'intelligibile la stessa attività causatrice o di ragion
sufficiente di intelligibilità che ha entro la sfera delle dialettiche
e conservando all'attività
quegli stessi modi che entro la sfera son propri dell'intelligibile; presa
questa strada dal notevole antropomorfismo, non resta da fare che trasferire i
caratteri dell'intelligibile in quanto fonte di dialettiche all'intelligibile
in quanto biffa del rapporto di causalità che lo lega alla totalità delle cose:
siccome nella prima relazione l'intelligibile è ontico che trae da sé la
ragione della propria ontità e dei modi di questa, anche nella seconda
l'intelligibile dev'essere posto come autosussistente; siccome nella prima
relazione l'intelligibile, che è principio di una catena di dialettiche,
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