- 450 -
[pag 450 (288 F1 /2)]
e con ciò non solo evita la
questione di quali mai ontici si abbia autocoscienza nelle dialettiche
intelligibili dal momento che, una volta ammessa l'immanenza inautocosciente di
ontici intelligibili al di sotto delle sensazioni e una volta distinte le
sensazioni da quei sottintesi come degli effetti, che solo in parte conservano
l'ontità delle cause, dalle cause stesse, la pretesa che nelle dialettiche
entrino solo gli intelligibili agenti sul sensoriale e non i loro effetti,
lascia le dialettiche nel dilemma o di accettare la pretesa senza poi riuscire
a dar carne agli autocoscienti dialettizzati o di riempire questi di intuiti
sensoriali contraddicendo alla pretesa, ma taglia il nodo del rapporto fra le
specie infime e i generi che per Platone dovrebbe essere di parte a tutto
contro l'evidenza dei dati riflessivi, mentre per Aristotele dovrebbe essere
quel che l'evidenza dà e ciò di tutto a parte
alla condizione però che il tutto sia già nella parte; e ancora, supera la difficoltà che le teorie degli
intelligibili incontrano, di distinguere entro la sfera delle dialettiche il
gruppo di quelle che sono intelligibili in quanto spostamenti d'attenzione da
apodittico ad apodittico dal gruppo di quelle che non hanno il diritto a
quell'attributo in quanto spostamenti d'attenzione da accidentale ad
accidentale o da contingente a contingente, e la difficoltà, che consiste o sembra consistere in un circolo
vizioso per cui le dialettiche del primo tipo rimandano come a ragione del loro
privilegio a ontici che sono dei privilegiati intelligibili la cui
intelligibilità è argomentata dalle dialettiche in cui entrano, la supera
distinguendo le dialettiche nei due gruppi, di quelle a livello fenomenico e di
quelle a livello intelligibile, e caratterizzando queste ultime in modo che la
ragione della peculiarità sia da esse e non da altro, col che immette nella
sfera delle dialettiche intelligibile tutti gli spostamenti d'attenzione che
hanno un certo carattere che non si fonda per nulla sulla distinzione
dell'intelligibile dall'accidentale e dal contingente; infine, poiché in tutti
i momenti delle dialettiche entrano intuiti sensoriali, elide l'aporia del segno tipica delle teorie degli
intelligibili le quali, non riuscendo a stabilire una perfetta equivalenza tra
quell'autocosciente che è l'intelligibile e quell'autocosciente che è il suo
segno, parola o altro che sia, son costrette o a presupporre la perfetta coincidenza
dei due, con la conseguenza di estendere alle dialettiche tutto ciò che è della
sfera dei segni e di valutare e giudicare la sfera dei segni dal punto di vista
delle interpretazioni che si danno delle dialettiche, o a postulare una
simmetria completa tra dialettica e segni, in fondo con le stesse conseguenze:
che se di ciò che è nelle dialettiche si fa degli intuiti e se di questi si fa
l'ontico cui il segno rimanda, la simmetria diviene un dato come quello che è
corrispondenza di un autocosciente ad un autocosciente, e si evita il pericolo
di affibbiare all'intelligibile quel che è del segno o di servirsi dei segni
sotto i punti di vista forniti dall'interpretazione degli intelligibili; che a
tutte queste intenzioni si sia tenuto fede o sia lecito tener fede, non è mia
intenzione qui discutere, e mi limito
ad osservare che è dubbio che la dottrina delle classi in quanto insiemi
sia riuscita a tirar fuori i piedi dalla sostituzione dei modi propri dei segni
alla carne((??))delle dialettiche
- 451 -
[pag 451 (288 F2
/3)]
e che non ci sia
((??))immersa ben più delle teorie aristoteliche, e che inoltre è dubbio che
una teoria delle dialettiche abbia la liceità
di limitarsi a distinguere le dialettiche sulla base del loro livello,
intuitivo o intelligibile, senza procedere oltre a separare entro quest'ultimo
quegli spostamenti d'attenzione che sono veramente di quel livello da quelli
che si limitano ad imitarli o a mettersene il vestito; a me qui importa fissare
che alcuni aspetti delle dialettiche quali le descrive una teoria aristotelica
sono anche di una dottrina delle classi e che su tali aspetti comuni si fonda
anche quel particolare rapporto fra denotante generica e denotante specifica da
cui siam partiti; è certo che una dottrina degli insiemi è tenuta a presupporre
una distinzione fra dialettiche sulla base di una certa differenza che fa solo
di alcune di esse quelle di cui la dottrina deve tener conto come
intelligibili, col che non si fuoriesce dall'osservazione che già aveva fatto Hume e che pare assioma fisso di
qualunque empirismo, compreso quello cui una dottrina degli insiemi si rifa: è
dato immediato della riflessione che ogni ontico autocosciente s'accompagna ad
attenzione e che là dove c'è attenzione c'è la liceità di un suo spostamento dall'ontico
su cui si concentra ad un altro ontico su cui le è lecito concentrarsi di
nuovo, ed è ancora identico dato che questo spostamento è riversibile e insieme
capace di rilevare in sé una certa modalità della sua ontità la quale
costituisce il modo ontico con cui i due autocoscienti dall'uno all'altro dei
quali l'attenzione s'è spostata si danno in un'unità che non è affatto una
sincronia assoluta delle loro ontità autocoscienti, se non altro perché
ogniqualvolta l'attenzione si porta dall'uno sull'altro il primo pur avendo la
liceità di conservarsi autocosciente perde di quella tensione o presenzialità
che ha quando autocoscienza e attenzione si identificano in esso e il
qualitativo che lo costituisce cessa di essere un elaborato o un elaborabile ossia
un paziente o un patibile di quelle modificazioni che subisce o ha la liceità di subire allorché esso fa tutt'uno con
l'autocoscienza e la concentrazione d'attenzione, quanto piuttosto è la
continuità in cui essi, nonostante la discrezione della loro autocoscienza, si
pongono e che coincide con lo spostamento d'attenzione bidirezionale e con ciò
che in essa lo spostamento d'attenzione rende autocosciente: quando diciamo che
di questi due colori l'uno è a destra e l'altro è a sinistra, la nostra frase è
il segno di un siffatto spostamento d'attenzione e quindi dell'unità per
continuità di quei due ontici autocoscienti che sono i due colori; una teoria
degli intelligibili già entro questi
spostamenti d'attenzione immette la distinzione fra spostamenti intelligibili,
che sarebbero quelli necessari, ossia quelli che inferirebbero se stessi e la
loro modalità, ossia il rapporto tra gli autocoscienti che essi rendono
autocosciente, dall'ontità stessa ossia dalla qualificazione con autocoscienza
delle due biffe e non da altro, e spostamenti inintelligibili che dovrebbero
inferire sé e il rapporto da altri e non dalle due biffe, mentre una teoria
delle classi in quanto insiemi è tenuta a negare o a disinteressarsi di questa
spartizione, come quella che non sarebbe immediata e primaria o meglio non
sarebbe fondata su una struttura primaria tanto semplice qual'è quella
descritta,
- 452 -
[pag 452 (288 F3
/4)]
, ma richiederebbe una
complicazione della sua struttura di cui lo spostamento d'attenzione semplice e
primario sarebbe un mero momento; mi pare che qui ci sia la prima divaricazione
fra una teoria logica degli intelligibili e una teoria logica degli insiemi:
infatti, per quella gli spostamenti d'attenzione del tipo suddescritto hanno
come loro peculiarità la liceità di porsi come necessari e intelligibili quando
soddisfino a certe condizioni, per l'altra gli stessi spostamenti non hanno
altra peculiarità che quella di essere sempre e soltanto binari e, in quanto
tali, di costituire una sorta di unificazione, che nulla ha di necessario, fra
due discreti e solo fra due, unificazione che consente di superare la loro
dualità mediante una loro unità che li ingloba per dir così in sé impedendo
loro di continuare a sussistere nell'assoluta discrezione in cui prima si davano
e insieme di smarrire in seguito all'unità la
rispettiva individualità o eterogeneità reciproca; è questo lo spostamento d'attenzione
che fonda le dialettiche a livello intuitivo e che assegna loro la funzione di
unificare intuitivamente i molteplici intuiti altrimenti irrelati; ma la
riflessione offre l'altro dato di un ontico autocosciente fatto pel medio
dell'autocoscienza oggetto di attenzione e punto di partenza per uno
spostamento d'attenzione su di un altro ontico, spostamento che rileva e rende
autocosciente la qualificazione simultanea di entrambi da parte almeno di due
ontici autocoscienti che sono o identici o equivalenti o simili: qui lo
spostamento unifica ancora, ma in modo diverso perché si limita a stabilire
ossia ad arricchire di autocoscienza quel che chiamiamo rapporto di identità o
di equivalenza o di somiglianza fra i due e che di fatto consiste nella liceità
di sostituire ciascuno dei due all'altro relativamente a tutto ciò che è in
relazione con quella porzione di identico o di equivalente o di simile che li
qualifica; abbiamo come risultato una unità di
tipo particolare, perché non annega l'assolutezza discreta, in cui ciascuna
delle biffe si dà fuor dello spostamento, entro la dipendenza reciproca in cui
ciascuna si pone rispetto all'altra e vi resta al fine di consentire la
persistenza nell'autocoscienza del rapporto, ma lascia intatta tale assolutezza
discreta, limitandosi a rilevare che nell'una biffa l'autocoscienza è con una
qualificazione con la quale o con qualcosa di identificabile alla quale è
nell'altra; poiché questo qualitativo ripetuto in uno dei tre modi è uno degli
ontici che si danno con autocoscienza, ossia o un intuito sensoriale o un
aggregato di intuiti sensoriali o un rapporto
del tipo suddetto o un rapporto di questo tipo o una denotante di autocoscienza
o una concentrazione d 'attenzione o uno spostamento d'attenzione, è lecito
dire che questo spostamento d'attenzione coinvolge una qualsiasi coppia di
ontici autocoscienti alla condizione che verifichino quella forma di identità o
di equivalenza o di somiglianza che lo spostamento d'attenzione arricchisce di
autocoscienza; poiché anche questo spostamento d'attenzione è bidirezionale o invertibile, nel senso che
è dall'uno all'altro dei monomi, ma gli è lecito anche essere dal secondo al
primo, ma secondo una modalità che non è del
primo spostamento in quanto nessuna dipendenza funzionale è tra le due biffe a
consentire l'autocoscienza della loro forma reciproca e l'unica azione
|