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la nozione
di principio nell’essere e a suo predicato nozioni dell’ordine fenomenico pone
anzitutto la rappresentazione della connotazione del soggetto e quindi il
numero delle note che sono conosciute in atto e di quelle che sono conoscibili
per inferenza dalle prime: questa che è la conoscibilità prima del metafisico
può essere esplicita od implicita, nel senso che il predicato può enunciare del
soggetto una determinazione che stabilisca immediatamente il numero delle note
predicabili, col che senza mediazione alcuna si illumina il campo conosciuto o
conoscibile della connotazione del primo metafisico - anche in questo caso la
predicazione appartiene sempre all’ordine del naturale e precisamente a quella
sfera della natura che è il nostro sapere secondo i suoi propri nodi -, oppure
il medesimo predicato può procedere immediatamente ad enunciare le qualità
fenomeniche valide sotto una o sotto altra portata cognitiva a connotare il
soggetto, caso questo pel quale la determinazione del campo di connotazione
conoscibile è ancora presente ma in modo mediato dipendendo dalla
determinazione delle qualità predicabili; comunque, la predicazione investe
sempre la quantità che della connotazione del concetto di primo nell’essere è
messa a disposizione della nostra conoscenza e dell’uso che la nostra coscienza
può farne. In questa posizione a primo di un dato quantitativo l’aporia che potrebbe rilevarsi, dell’impossibilità
di stabilire il quanto noto di un totalmente ignoto, è puramente apparente,
bastando la presenza o assenza di fattori problematici solubili o insolubili a
rendere possibile o impossibile l’adeguazione del noto all’ignoto. Che il presupposto
di ogni ricerca qualitativa sul primo metafisico sia il quanto di questo si
conosca di diritto, risulta non dal quanto si conosce del qualitativo entro la
natura, ma dalla pretesa che si fa propria del quanto si possa conoscere del
qualitativo naturale. Si ammetta che una conoscenza secondo un’assoluta e pura
metodica naturalistica sia sufficiente per far presa sulle qualità della natura
e quindi che nella costruzione del sistema della natura non sia necessario far
intervenire nessun concetto di primo metafisico e nessuna proposizione
puramente metafisica; nessuna garanzia in tale situazione sarà offerta che il
quanto delle qualità naturali note sia totalmente adeguato o adeguabile e che
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il quanto che delle medesime qualità resta
ignoto nella determinazione ma non nell’esistenza, da inferirsi dall’esistenza
delle qualità note, sia destinato a rimanere costantemente tale e con ciò
escluso dalla sfera delle nostre nozioni; ma neppure nessuna garanzia avremo
che il metodo assunto, fonte della cognizione di un numero alto a piacere di
qualità naturali ma che mai può sapersi finito e coincidente con la totalità
reale del qualitativo entro la natura, sia l’unico necessario e sufficiente
oppure sia effettivamente valido; il fatto è che non siamo in grado di dedurre il metodo dall’oggetto natura, ma
solo da certi risultati costantemente parziali della sua applicazione a una
certa sfera di fenomeni, con la conseguenza che, essendo il nostro conoscere la
natura in funzione del metodo ed essendo il metodo in funzione del nostro
stesso conoscere la natura, il qualitativo naturale reso noto dall’uso di un
certo metodo non potrà mai dirsi né adeguato al tutto del qualitativo naturale
in sé né al quale del qualitativo naturale in sé; se qualcuna delle qualità
naturali sfugge anche con il ricorso all’applicazione rigorosa del metodo che
già ci ha fatto conoscere la somma la più ampia che mai si sia data di reale
naturale, nella prova che la nostra ignoranza o dipenda per vari motivi da
mancata applicazione di metodo ai dati fenomenici o trovi la sua condizione
nella validità di un altro metodo la cui scoperta e sostituzione parziale o
totale al precedente possono in tutta pace condurre ad aggiungere nuove nozioni
a quelle già possedute o addirittura a vanificare una parte piccola o grande o
la totalità delle nozioni tesaurizzate; dunque, un naturalismo assoluto, la cui
possibilità qui è ammessa in via di pura ipotesi, non dà nessuna certezza né
delle qualità che della natura si pretende di conoscere né della valicabilità
del loro quanto, e nessuno che nutra ((muta??)) opinione di sottrarsi a un
qualsiasi giogo metafisico saprà mai dire a sé e ad altri se quel che di
fenomenico possiede sia veridico e al tempo stesso esaurito od esauribile. Le
qualità che della natura ci offre un sapere che per ipotesi non abbia a sua
ragion sufficiente se non il naturale stesso come fenomenico, sono a loro volta
ipotetica ((ipotetiche??) nella connotazione
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dei loro
concetti astrattamente considerati, nella connotazione delle connessioni che
legano reciprocamente i loro concetti - ossia nella connotazione dei loro
concetti relazionali -, nella presunzione di una totale adeguazione di ciò che
di esse si concepisce a ciò che di esse si dà nel reale in sé, di qualunque
tipo il pensiero si raffiguri l’in sé del reale. Donde è facile inferire che
nell’ipotesi di una conoscenza della natura entro i limiti della natura stessa
l’ascensione dal noto fenomenico al predicato del primo giudizio metafisico,
ascensione che, nella fattispecie e
quindi ancora in linea puramente ipotetica, sarebbe del tutto accidentale e in
fondo capricciosa, coincide con una connotazione del predicato non garantita né
nel qualitativo né nel quantitativo e con una conoscenza del concetto di primo
nell’essere difettosa di certezza sia sotto il punto di vista delle nozioni che
lo connotano sia sotto il punto di vista dell’esaustione della sua
connotabilità. Il processo che dalla natura sale al principio può pretendere di
isolarsi e di farsi unica guida nella conoscenza del principio stesso delle
cose, ma allora impone al pensiero di nulla decidere intorno al qualitativo
conosciuto e conoscibile del principio, da un lato essendo il qualitativo
fenomenico noto incerto nella sua stessa essenza di qualitativo, dall’altro
essendo esso parziale per definizione e condizionando la sua parzialità sia la
conoscenza totale della natura e quindi del principio sia il contenuto delle
rappresentazioni date intorno alla natura e attribuite al principio. E allora
altra strada dovrà essere tenuta per connotare il concetto del principio: se
l’ascesa dal noto fenomenico al conoscibile metafisico lascia l’intera sfera
del sapere in uno stato permanente di transitorietà e di incertezza, può darsi
che il pensiero tenti il discorso inverso, quello della discesa dal conoscibile
metafisico al conoscibile naturale, e ciò può fare con duplice intento: da una
parte è consentito al pensiero limitare le sue pretese alla semplice
convalidazione dei risultati che con un certo metodo si son raggiunti
nell’indagine della natura - in questo caso, la connotazione del concetto di
primo nell’essere si pone come ragion sufficiente del metodo e della sua
applicazione e insieme di quella struttura della natura che accoglie il metodo;
sarebbe inoltre
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interessante
a questo momento controllare la prima posizione di tutti i metodi di conoscenza
della natura per vedere se siffatto ricorso sia stato o sia onnipresente o
sporadico, e nel caso di una sua onnipresenza se sia un modo necessario e di
condizionamento assoluto o se sia un kata sumbhbekwV (kata sumbebêkôn) privo
di relazioni necessarie fra la propria connotazione e il generico ed essenziale
della connotazione di un metodo naturale e naturalistico -; ma, dall’altra, è
pure consentito al pensiero muovere dal principio metafisico con la finalità
ben più ampia di ricavare dalla connotazione del suo concetto strumenti per
agire e operare sul metodo di indagine del naturale e sulla conoscenza del
naturale stesso. Nella prima posizione l’attenzione è solo transitoriamente e
subordinatamente concentrata sulla connotabilità del concetto di primo
nell’essere; nella seconda posizione la mente ha fatto di questo connotabile il
proprio centro di gravità; la prima, in fondo, non decide immediatamente né del
qualitativo né del quantitativo con cui il concetto di primo metafisico sia da
connotarsi, non facendo dei due altrettanti problemi e non facendo questione
del primato dell’uno sull’altro, ma limitandosi a subordinare in vincolo funzionale la connotazione del
concetto-soggetto del primo giudizio metafisico al sapere acquisito e
acquisibile della natura; la seconda deve decidere in prima istanza delle note
da assiepare entro il concetto
metafisico primo e quindi della qualità da attribuire al primo metafisico
perché essa è partita dall’impegno di subordinare funzionalmente il sapere da
acquisirsi intorno al naturale al noto metafisico: si tratta ora di vedere se e
come ciò può essa fare. Il suo è certo un discorso aprioristico, e dal punto di
vista formale l’apriorismo della seconda posizione è totale; ma non altrettanto
lo è dal punto di vista reale: formalmente la connotazione del concetto di
primo nell’essere non può più dipendere dal sistema di nozioni fenomeniche e,
in via puramente formale, il movimento del discorso che vincola il predicato
del giudizio primo metafisico al soggetto, non segue il verso dal predicato al
soggetto, ma il verso opposto dal soggetto al predicato - ed è appunto questo
verso che stabiliscono certe metafisiche determinate quando a lato del primo
nell’essere pongono
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