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che l'una biffa esercita
sull'altra è quella della sostituzione che nulla ha che fare coll'ontità e con le modalità ontiche del sostituito,
l'inversione è una liceità e non una
condizione necessaria dello spostamento d'attenzione il quale, se è legittimo
quando della seconda biffa fa la prima e viceversa per rilevare l'identità del nuovo rapporto reso autocosciente
dall'inversione col precedente rapporto, è altrettanto legittimo quando della
seconda biffa fa la prima ma nei confronti di un terzo ontico il quale entri
come biffa in un rapporto di identità o equivalenza o similarità qualitativa e
quindi di sostituibilità con la seconda, rapporto che gode della stessa
proprietà commutativa del primo e che sia per questa proprietà sia per le ragioni
su cui questa proprietà si fonda è in grado di instaurarsi fra il nuovo
autocosciente e quello che era prima biffa del primo spostamento d'attenzione,
il che stabilisce la proprietà transitiva del
rapporto; poiché lo spostamento d'attenzione cade sotto la costrizione di
ripetere se stesso e il rapporto che esso fa autocosciente e che conserva le
sue proprietà tante volte quante si danno ontici autocoscienti la cui identità
o equivalenza o similarità con le precedenti biffe sia rilevata da una concentrazione
d'attenzione, gli ontici che entrano come biffe in questo gioco di salti
d'attenzione son destinati a vedere il loro numero crescere e, anzi, porsi
all'infinito, purchè l'enumerazione, dopo l'ultima biffa datasi autocosciente,
si faccia per estrapolazione e riguardi ontici autocoscienti e spostamento
d'attenzione fra essi meramente problematici; che se chiamiamo necessità il carattere di coazione con cui la denotante di
autocoscienza si vincola a questo qualitativo la cui ontità e le cui modalità
ontiche non sono da altro che o da esso o da un qualche altro ontico che sia
autocosciente e che sia tale da porre la sua ontità nello stesso momento in cui
pone la propria, lo spostamento d'attenzione col rapporto di sostituibilità che
esso fa autocosciente godono di necessità come quelli che traggono la propria
ontità dall'unità di autocoscienza e di qualitativo di ciascuna coppia di
biffe, il cui mero darsi nell'ontità autocosciente pone l'autocoscienza e il
qualitativo di entrambi, e se necessità e
intelligibilità si accettano per convertibili, lo spostamento d'attenzione, il
suo rapporto, le stesse biffe in quanto però biffe, si fanno intelligibili; che
se agli spostamenti d'attenzione instauranti un rapporto di sostituibilità in
una successione di ontici autocoscienti, limitatamente almeno a una porzione
della loro qualificazione, si attribuisce la funzione dell'unificazione degli
ontici, non nel modo del precedente spostamento che col suo rapporto riduceva a
unità, inscindibile almeno fin che il rapporto da esso instaurato è accolto per
tale, le sue due biffe e le privava di assolutezza e di unità e indipendenza
proprie, ma in un altro, quello di annullare la loro ontità assoluta e
discreta, sia pure solo relativamente a quel che di ciascuna ha di identico o
di equivalente o di simile all'altra, in forza e in conseguenza della
sostituibilità reciproca che è lecita sempre e soltanto rispetto a quel che le
accomuna e le fa biffe dl rapporto, e quindi dell'indifferenza derivante dalla
sostituibilità e consenziente di ignorare la loro molteplicità a favore
dell'ontità di una sola di esse sempre e soltanto rispetto alle funzioni e
compiti
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o valore e dignità che a
quel qualcosa di identico o di equivalente o di simile si assegna, al complesso
dei successivi unificati da quello spostamento è lecito assegnare il nome di
classe o di insieme come segno di siffatta unità
e di ciò che ne è ragione; in tal modo, con una serie di spostamenti
d'attenzione che sono problematici quando si estendono all'infinito e che
generano nell'autocoscienza l'unità di molteplici sostituibili e indifferenti
la quale è una classe pure problematica quand'è estesa all'infinito per
estrapolazione, la dottrina delle classi come insiemi ha distinto le dialettiche
a livello intuitivo e inintelligibile dalle dialettiche a livello
intelligibile, procedendo poi a unificarle col fare delle prime ontici
autocoscienti che hanno la liceità di farsi biffe delle seconde; quanto
dell'antica teoria degli intelligibili fondati sulla categoria di sostanza
torni a galla in questo modo, lascio ad altro momento di individuare sotto il
trasparente velo; quel che qui mi interessa è di sottolineare, almeno in certi
punti, che le operazioni a cui la dottrina pretende di ridurre l'intelligibilità, sono un po' più numerose di quelle ammesse:
anzitutto, si dichiara che le dialettiche intelligibili hanno a loro fondamento
il rilievo dato a certe porzioni di identico o di equivalente o, se si vuole
questo termine, di simile che è ripetuto entro il qualitativo di ciascuna biffa
di una classe, rilievo che è necessario perché qualitativo o innalzante
all'autocoscienza un qualitativo sotto l'azione ineluttabile del tutto
qualitativo che si dà con autocoscienza e che chiamiamo biffa, e si aggiunge
che tale necessità non è da intendersi come
l'effetto di qualcosa di inautocosciente immanente entro il tutto qualitativo
al fine di costringerlo, per dir così, ad accompagnare costantemente la sua
totalità a quella porzione, col che si elide la distinzione di una necessità
che è dato immediato unito ad autocosciente dalla necessità che è lo stesso
dato con la stessa autocoscienza ma arricchito di una ragione o, se si vuole,
garanzia con l'effetto di assicurare alla classe una continuità o aumento
numerico di biffe oltre quelle finora date; con ciò una classe è quello che è,
cioè una successione, unitaria per il tipo suddescritto di unità, che è
autocosciente e apodittica limitatamente al numero fisso degli ontici finora in
essa conclassati, che ha la liceità di essere infinita ossia di avere un numero
infinito di biffe purchè queste, cogli spostamenti d'attenzione che esigono per
farsi biffe, s'aggiungono alle altre come dei problematici a degli apodittici,
e la cui liceità o illiceità di vedere le proprie biffe aumentare con
l'aggiunta di altre apodittiche non sono predeterminate o predate da nessun
ontico autocosciente; ora, che le cose stiano veramente così, è se non altro da
analizzarsi un po' più profondamente, se non altro perché quella nozione di identità o di equivalenza o di similarità che costituisce la qualità o materia del rapporto
reso autocosciente dallo spostamento d'attenzione, a ben guardarsi risulta
molto meno semplice e immediata di quanto la si voglia far apparire: infatti
essa, neppure se la classe ha sue biffe tanti segni tipografici fissati su uno
stesso e inalterato tipo di carta, con lo stesso inchiostro, da una macchina
che con moto costantemente identico fa scendere una matrice inalterabile, o
tanti animali partoriti, nello steso modo e con identici
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e in identico rapporto
reciproco i più microscopici dei componenti di ciascuno, da madri di una stessa
famiglia, ha la liceità di esser pensata, ossia predicata, con la totale e
perfetta coincidenza fra sé e il tutto di ciascuna biffa, e neppure se la si
riduce a mera somiglianza, gode della stessa liceità,
con la conseguenza che lo spostamento presuppone una distinzione di ciascuna
biffa in due porzioni, quella che è ragione della liceità della sostituzione e quindi del rapporto e quella
che giace al difuori della prima e ne è eterogenea; e allora si pone la
questione del rapporto fra le due e insieme la questione della natura e del
modo ontico dell'una e dell'altra, natura e modo che per la dottrina sono presupposti
come identici in quanto unità di qualitativo e
di autocosciente, ma poi vengono di fatto e di diritto eterogeneizzati in forza
dello stesso postulato dell'infinità numerica, anche se in parte problematica,
della classe in genere e delle operazioni e trattamenti che unici sono
consentiti nei confronti della classe in genere in quanto a biffe di numero
infinito e alcuni dei quali sono assunti come fondamenti di modalità da valere per tutta la classe in tutte le sue
parti, apodittiche e problematiche, e di operazioni da compiere per
validificare le pretese che la classe leva da tutte le sue parti, apodittiche e
problematiche; e, se in forza di questo postulato cade la distinzione fra
classi con intelligibilità e che sono all'infinito in quanto scaturite
dall'aggiunta di una porzione, infinita in una direzione, di problematici alla
porzione, finita, degli apodittici, e classi con intelligibilità che sono finite come quelle che hanno i membri
apodittici e quindi di numero finito, senza illiceità
è vero, ma anche senza liceità di arricchirli
di addendi nuovi tranne che non siano autocoscienti e apodittici quanto i
precedenti, in quanto tutto quel che vale e che s'opera su di una classe con
intelligibilità è inferito da una classe formalmente omogenea e infinita, se
cioè quella dottrina delle classi come insiemi postula che la serie finita dei
punti A B C D E F...N che sono i macroscopici elementi del segmento A-Z sia
identica, per quel che essa pretende di avere come modalità ontiche e di
consentire come operazioni da compiersi
su di essa a qualsivoglia fine, ossia con qualsivoglia risultato, ma in
particolare col risultato di una verifica di quel che essa pretende di essere
in generale ossia classe di autocoscienti, identificabili o equivalenziabili o
simili relativamente alla loro modalità di punti o a quel qualitativo che li fa
punti, alla serie finita dei punti A...N prolungata coi punti microscopici
O....Z ((O..-..Z??)) pure autocoscienti sia pur col medio di uno strumento, o
alla serie infinita dei punti A...Z ((A-...Z??)) prolungata coi punti
Z....∞ ((segno matematico di infinito)) invisibili ossia inautocoscienti
ma ontici problematicamente autocoscienti data la continuità e quindi
suddivisibilità all'infinito di un segmento, se tutto ciò è, il postulato non è
immediato, ma conclusione di una serie di operazioni, che son dialettiche,
precedenti, e precisamente l'assunzione all'autocoscienza di un membro
conclassario, il punto A, la distinzione in esso di due porzioni, quella il cui
rilievo o autocoscienza non è principio di nessuna dialettica intelligibile o
unificazione di molti autocoscienti in classe,
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