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o l'identità è un ontico che
di per sé non sale all'autocoscienza con una sua assoluta qualificazione ma vi
entra solo quando s'instauri il nesso con quella sua conseguenza che è la
coincidenza, ma allora, in questo caso che è poi quello della geometria, la
qualificazione dell'identità non sarà mai un autocosciente e quindi la pretesa
di scinderlo da quel suo effetto è una pretesa e nulla più, della quale non
resta se non una problematica distinzione fra due autocoscienti convertibili il
cui mero componente apodittico è la coincidenza, unico autocosciente che
attraverso quanto lo qualifica offre anche qualificazioni per l'autocosciente
che chiamiamo identità; in altre parole, quando la geometria sostituisce
l'identità con la coincidenza per sovrapposizione, attribuisce autocoscienza a
due ontici che si pretende siano qualificabili indipendentemente
dall'operazione, come due intelligibili, l'uno dei quali immanente nei
geometrici non sovrapposti, l'altro nei geometrici sovrapposti, i quali, data
la loro eterogeneità e insieme immanenza sincronica in due autocoscienti
discreti, debbon essere trattati come due eterogenei apodittici e convertibili
immanenti in coppia nella connotazione di ciascun geometrico, mentre di fatto
l'unica autocoscienza che ha il diritto di assegnare, è quella che spetta da un
lato alla situazione o rapporto dei due geometrici che patiscono la
sovrapposizione, situazione che è l'ontità della sovrapposizione e
l'apoditticità della coincidenza, dall'altro alla situazione o rapporto dei due
geometrici che attendono la sovrapposizione, situazione che è la liceità della sovrapposizione, la problematicità della
coincidenza e la traduzione di questa problematicità in liceità in seguito alla
sua apoditticità verificata dalla situazione precedente, sicché la coincidenza
diventa l'apodittico di un problematico e l'identità
il lecito di un problematico, problematico che è la stessa coincidenza; e
allora se la coincidenza è la coincidenza in quanto apodittico e l'identità la
coincidenza in quanto lecito, è da intendere questa coincidenza: se ogni punto
di un geometrico è un luogo geometrico ossia una biffa intelligibile che è
materia di rapporti geometrici intelligibili con altri punti che sono biffe
intelligibili e consentono l'intelligibilità di quei rapporti purché le
funzioni che esse esplicano nei confronti della prima invertite conservino la
stessa intelligibilità, il che si dà quando
tutti i punti assunti a biffe son presupposti appartenenti a quello che si
chiama figura geometrica e che è postulato costituito da un aggregato di punti
tutti atti a diventare luoghi geometrici, si parla di coincidenza quando
ciascun punto del geometrico spostato acquista, simultaneamente a tutti quelli
che assieme ad esso fanno del geometrico spostato una figura, la stessa natura
e modalità di luogo geometrico che sono di un punto di un altro geometrico
mantenuto immobile, in modo che sincronicamente tutti i punti delle due figure
abbiano un'univoca funzione di luoghi geometrici; ma allora se l'essenza di
luogo geometrico è quella di esplicare una certa funzione e se la coincidenza
di due punti è l'assunzione da parte di entrambi della stessa essenza o
funzione, la coincidenza di due geometrici è questa assunzione la quale, una
volta inferita ai due coincidenti, sarà
indifferenza dell'uno e dell'altro nell'esplicare la stessa funzione,
indifferenza che chiamiamo sostituzione di fatto e di diritto dell'uno
all'altro;
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che se, poi, l'identità è la liceità di quella coincidenza, è motivato e
giusto quel che sopra dicevamo essere l'identità tra due la sostituibilità di
uno all'altro, in questo caso nell'esplicazione di certe funzioni da parte dei
luoghi geometrici di ciascuno; con ciò la geometria evita la questione
dell'essenza e della sostanza, o almeno pretende di evitarla; ma prendiamo
altri casi di identità della matematica, ad
esempio tra un due e un due: si dirà che sono una ed una sola cosa, se non
altro per presupposto e che l'identità dei due
autocoscienti dipende dal fatto che sono l'uno la ripetizione dell'altro; ma già
in questo, nel parlare di ripetizione, c'è implicita una discrezione o
separazione in assolutezza reciproca dei due, tant'è vero che una delle
condizioni per cui due ontici autocoscienti detti identici assegnino una certa
intelligibilità o necessità a una giustapposizione di autocoscienti
dialettizzati secondo certi rapporti -ad es., z+z =x ((2+2 = x??)), radice
quadrata di √ z + z = x ((radice quadrata di 2 + 2 = x??)), - è che non
siano mai uno stesso e solo ontico, il che fonda una loro distinzione assoluta
che esige un fondamento o ragione della loro pretesa identità: qui la
sovrapposizione non è più lecita, e non tanto perché ciascuno dei due ontici se
spostato e fatto coincidere con l'altro perde una parte delle sue
qualificazioni, quanto perché i rapporti in cui è lecito connettere i
qualitativi in cui è lecito disarticolare l'intero della qualificazione di
ciascuno non sono degli spaziali; e allora delle due l'una, o la matematica qui
è in grado di tornare a distinguere l'identità da qualsivoglia suo effetto, e
in questo caso delle due l'una o questa identità è un qualitativo autocosciente
modulo per tutti gli autocoscienti che lo rivestano o lo accolgano, col che non
occorre affannarsi a cercare un autocosciente che sia suo effetto e che sia
convertibile con esso, o manca l'autocoscienza di siffatto qualitativo-modulo,
col che bisogna mettersi in cerca di quel suo effetto da convertire con essa se
non altro come indice della sua presenza quando non sia capace di fornire
l'autocosciente qualitativo suo peculiare, oppure la matematica riconosce
l'illiceità di una qualificazione, sia pure come concetto problematico,
dell'identità, e allora, al pari della geometria, è tenuta a ricorrere a un
qualche altro autocosciente, il cui darsi con autocoscienza si ponga come un
apodittico e quindi come un principio di inferenza per la sua stessa liceità,
la quale costituisce la vera essenza dell'identità, sicché identità diventi
sinonimo di liceità di un certo autocosciente deducibile in questa sua liceità
dalla sua apoditticità; evidentemente questo autocosciente, che ha le stesse
funzioni della coincidenza geometrica, ne ricalca o riprende l'essenza di
assunzione da parte delle componenti in cui il rapportato ai fini di stabilirne
l'identità si spezza delle funzioni o rapporti in cui le componenti in cui il
termine del confronto è stato a sua volta ripartito, entrano sia con ciò che è
altro da porzioni del tutto cui appartengono sia con le porzioni del loro
tutto, e, se, una volta assunte siffatte funzioni, nulla del tutto cui i
raffrontati appartengono muta, la sostituzione è legittima e apodittica e fonda
la propria liceità ossia quella sostituibilità reciproca dei due raffrontati che chiamiamo
identità; questo contenuto operativo dell'identico ritroviamo anche fuori della
matematica in tutti i rapporti che pretendono avere a loro qualificazione
l'identità delle due biffe, e si pone come esclusiva sua essenza
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