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a meno che non ci si porti
sul terreno dell'intelligibilità di tipo aristotelico: in questo caso, la
sostituibilità si pone effettivamente come un mero effetto dell'identità e
quindi come uno strumento di prova della sua ontità, in quanto se
l'intelligibile è dialettificato si deve ritenere che la sua comparsa in
dialettiche differenti non sia una ripetizione come raddoppiamento o
moltiplicazione della sua ontità, ma permanenza con autocoscienza delle sue
stesse materie e forme, un risalire dall'inautocoscienza all'autocoscienza di
uno e di un solo qualitativo, mentre se l'intelligibile è posto in sé come
ontico uno e non dialettificato il suo darsi in momenti differenti e quindi il
suo moltiplicarsi è un acquisto di ontità in sé di un qualitativo che non
patisce variazioni né per mutare di tempo o di spazio né per mutare di
rapporti, è il ripetersi nell'ontità di un qualitativo che ad ogni ontità che acquista conserva modi ed essenza quali ha nel
primo ontico in cui s'è dato, sicché l'identità dell'intelligibile delle
dialettiche è l'unicità dell'ontico
intelligibile e l'identità dell'intelligibile in sé o uno è la conservazione
dell'essenziale qualitativo in qualunque ontico si dia indipendentemente da
qualsivoglia rapporto in cui l'ontico entri; la sostituibilità, allora, diviene nell'un caso la condizione in cui
necessariamente si trova un unico che solo relativamente alle operazioni che
consente e solo dal punto di vista di chi le compie si fa molti, nell'altro la
conseguenza del modo ontico di un qualitativo che dotato di certe attitudini a
rapportarsi con altro -evidentemente qui i rapporti non saranno dialettiche del
tipo di quelle della sfera delle dialettiche autocoscienti intelligibili -le
conserva ogniqualvolta acquisti ontità ulteriori e altre da quelle che già ha
qualificato; ma se con una dottrina delle classi-insiemi si esclude o l'ontità
di un qualitativo siffatto o il diritto di dotarla di autocoscienza e quindi di
ritrovarla entro gli ontici autocoscienti dialettificati, l'identità cessa di
essere un qualcosa in sé e per sé per diventare liceità di sostituzione, non
essendo dato nessun ontico autocosciente che sia ragione di siffatta liceità e che sia altro dall'ontità della sostituzione, la
quale a sua volta è un dato autocosciente primo che è ragione di se stessa;
quanto all’equivalenza, per essa è ancor più evidente l’illiceità di farne
qualcosa di qualitativo in sé, una denotante qualitativamente assoluta e
giustapposta alle altre, incondizionata da certi autocoscienti che ne derivano
e che sarebbero altrettante note qualitative e assolute, ma problematiche con
cui denotare la connotazione dell'equivalente: se si considera il discorso in
generale che la geometria segue per stabilire l'equivalenza di due geometrici,
il fatto che esso consiste in una scomposizione o disarticolazione di ciascuno
dei due in un certo numero di geometrici che rapportati ad uno ad uno rivelano
un'ordinata identità reciproca, stabilisce che il criterio di muovere dal punto
di vista della coincidenza sincronica di più punti dei due geometrici e quindi
della legittimità di sostituzione di uno ad
altro nella funzione di luogo geometrico è meramente sussidiario e secondario
come quello che verifica solo la sostituzione sia limitatamente a un certo
numero dei rapporti geometrici che connettono un punto agli altri del geometrico
cui appartengono sia a certi rapporti geometrici che connettono il punto ad
altri del geometrico in quanto però arbitrariamente modificato;
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