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la secondarietà del criterio
rimanda a un criterio primo, che tutto lascia pensare di origine empirica ed
utilitaristica, come del resto il criterio della coincidenza per sostituzione
adottato per l'identità, di un certo servizio offerto dalla totalità di uno dei
geometrici considerati e di un'attitudine dell'altro di prestare lo stesso
servizio -donde il termine [[Nota a matita dell'autore:
“vedere la parola equivalente in greco “]] -, e, poiché la totalità di un autocosciente, accolto nelle sue
qualificazioni esclusivamente geometriche, è la quantità di spazio che esso
copre o meglio la misura di questa quantità, il servizio di ciascuno dei due
sarà quel che la rispettiva misura consente nei confronti non delle quantità
dello spazio in generale ma di quella coperta da un geometrico, terzo rispetto
ai due, e tradotta oppur no in misura; ma l'intelligibile di questo servizio è
il rapporto che passa tra la misura di uno dei geometrici, e la misura
apodittica o problematica del terzo, sicché l'identità
dei servizi offerti dai due rapportati nel confronto del terzo sarà l'identità dei rapporti fra ciascuna delle loro
misure e la misura del terzo e quindi la legittimità della sostituzione della
misura del primo a quella del secondo e viceversa in quanto rapportata alla
misura del terzo; poiché siffatta sostituzione è lecita alla condizione che le
due misure siano identiche, la geometria procede a scomporre gli equivalenti in
tante parti che da una reciproca sostituzione risultino ordinatamente identiche
e che, ponendosi come addendi identici, garantiscano l'identità quantitativa
delle rispettive somme; ma questo secondo momento nulla più è che una garanzia,
con pretese di universalità e intelligibilità, della legittimità di
sostituzione reciproca dell'un rapportato all'altro entro i due rapporti che
vincolano ciascuno dei due a un terzo,
e, se come garante porta a tale conseguenza, come discorso o complesso di
dialettiche in generale procura l'utile di abbreviare la serie delle
dialettiche che dovrebbero essere operate per portare all'autocoscienza
dell'equivalenza come legittimità di sostituzione in quel rapporto, e con ciò
fa le veci dei criteri di eguaglianza che son le dialettiche secondarie e
derivate rese autocoscienti al fine di legittimare quella sostituzione che è
identità; conviene, allora, portarsi al di là
dei criteri geometrici di equivalenza per risalire al criterio generico e primo
dell'equivalenza in generale: in esso, ritroviamo ancora la disarticolazione
dell'autocosciente geometrico considerato in tutto ciò che lo qualifica o denota,
la totalità, la misura del suo tutto, il suo luogo geometrico, i luoghi
geometrici delle sue parti, i rapporti secondo cui le sue parti si correlano
l'una all'altra, i rapporti secondo cui ciascuna sua parte si correla a
totalità e a parti di altri geometrici e secondo cui il suo tutto si correla a
totalità e a parti di altri geometrici, e il disinteresse per tutti questi
disarticolati ad eccezione di uno, quello del rapporto che passa tra la misura
del tutto e la misura del tutto di un altro geometrico e delle sue parti; se
tutto ciò viene operato simultaneamente a identica operazione compiuta su di un
ulteriore geometrico, di cui si rilevano solo i rapporti che legano la misura
del suo tutto alla misura del tutto e delle parti dello stesso geometrico con
cui il primo vien confrontato,
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e
se i due rapporti risultano uguali, il che, data l'unicità del geometrico con
cui gli altri due vengon relazionati, comporta l'identità dei due relazionati,
i due son dichiarati equivalenti;ma l'identità di questi due è stabilita solo
limitatamente a quell'unico che comune e unico in entrambi vien relazionato con
l'altro e che è la misura, e, poiché identità è liceità di sostituzione,
l'equivalenza è la liceità di sostituzione, inferita dall'ontità della
sostituzione, e limitata a quel modo della totalità dei due reciprocamente
sostituibili che è la misura e in un rapporto che costringe l'attenzione a
fuoriuscire dall'ontità di ciascuno dei rapportati per attingere l'ontità di qualcosa
d'altro, sicché l'equivalenza è ancora sostituibilità di un geometrico ad un
altro ma sotto il punto di vista della sola misura della totalità di ciascuno e
sulla base di un rapporto o spostamento d'attenzione che è da questa totalità a
qualcosa d'altro e non da essa o da un suo modo, la misura, o da sue parti a
essa stessa o in sé o in suoi modi o parti;la geometria quindi differenzia
l'identità dall'equivalenza non già su una loro qualificazione distinta, in
quanto per entrambe rimanda come ad atto primo a una liceità di sostituzione
fondata su di un'ontica sostituzione, essendo qualsiasi altra denotazione delle
due inautocosciente, e neppure sul modo dell'una che sarebbe l'eguaglianza
della misura e della forma e per l'altra l' eguaglianza della sola misura,
giacché queste eguaglianze non hanno altro qualitativo che autocoscientemente
le denoti all'infuori della sostituibilità, ma sui rapporti e su tutte le
operazioni da cui questi rapporti son consentiti, rapporti e operazioni che per
la sostituibilità dell'identico riguardano i sostituibili, ciascuno preso nella
sua assolutezza e scomposto in tutti gli intelligibili che lo costituiscono,
mentre per la sostituibilità dell'identico riguardano i sostituibili, ciascuno
però preso nella sua relazione con un terzo e scomposto in quel solo
intelligibile che è la misura, la quale costituisce la materia di questa
relazione; la genericità dell'equivalenza geometrica è quindi una serie di
dialettiche che comincia da uno spostamento d'attenzione da ciascuno di due
geometrici a un terzo altro da ciascuno di essi, passa pel medio di un
ulteriore spostamento d'attenzione col quale si definisce la materia del primo
in quanto costituita dal nesso che la misura dei due geometrici lega alla
misura del terzo, e pel medio della sostituzione di ciascuna delle due misure e
quindi di ciascuno dei due geometrici alla misura dell'altro e all'altro entro
siffatto rapporto, e si conclude nella liceità della sostituzione o
sostituibilità di misura a misura e di geometrico a geometrico, chiamata
equivalenza; anche l'algebra opera in modo analogo, sia pure sulla base di una
denotazione di quell'autocosciente che è la sostituzione che non è la denotazione della sostituzione
della geometria basata su spostamenti spaziali, ogniqualvolta abbia che fare
con dei quantitativi che sono posti in equivalenza l'uno con l'altro, sia in
quei casi che si dicono di identità algebrica, come quelli in cui il rapporto
tra i due quantitativi permane invariato qualunque sia i valori che si
attribuiscono alle variabili costituenti i quantitativi -del tipo, (a + b)2
= a2 + 2 a b ((h??)) + b2 -, sia nei casi che si dicono
di equazione algebrica, come quelli in cui solo certi valori delle variabili
costituenti i quantitativi
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conservano a
questi il loro rapporto - del tipo, a + x = b + y, casi tutti però nei quali la
cosiddetta eguaglianza matematica ha a sua denotazione l'equivalenza e non
l'identità; poiché evidentemente gli spostamenti d'attenzione che s'operano
entrano((??entro??)) uno dei correlati, fra i quantitativi che lo costituiscono
e secondo il rapporto che tra quantitativo e quantitativo è fissato dai segni o
dalle parentesi o dal valore premesso o dal valore indice di potenza, non sono
sostituibili agli spostamenti operati entro i quantitativi e secondo i rapporti
dell'altro correlato, non è lecito procedere a una loro sostituzione reciproca,
immediatamente, indipendentemente da qualsiasi altro autocosciente che non sia
uno dei due, e sulla base del semplice modo qualitativo con cui ciascun
correlato si dà con autocoscienza, non essendo legittimo, in altri termini,
sulla semplice qualità che costituisce un correlato, quale 2 + 2 o (a+ b)2
o a+x, e sulla semplice qualità dell'altro, quale rispettivamente 4 o a2
+ 2ab + b2 o b+ y, procedere a sostituire il primo al secondo o il
secondo al primo, 4 a 2 + 2 2+2 a 4
ecc., e quindi dichiarare identici, ossia sostituibili l'un l'altro per mera
sostituzione legittima di parte a parte delle parti che li costituiscono, i due
correlati; di fatto, l'algebra, in tali casi, pare procedere in almeno due
modi: le è lecito porre un terzo ontico autocosciente costituito da una delle
serie di quantitativi assunti come unità, instaurare il rapporto di parte a
tutto che connette uno dei correlati alla serie, ripetere il rapporto di parte
a tutto fra l'altro correlato e la serie, stabilire l'identità dei due rapporti
in funzione della sua immutatezza nonostante la sostituzione dell'un correlato
entro il rapporto al correlato già utilizzato, fondando la cosiddetta identità
dei rapporti sulla loro reciproca sostituzione e insieme sull'apoditticità che
ciascun correlato riveste nel suo ruolo di parte quando sia rapportato al tutto
della serie - quando si pone il rapporto 2 + 2 = 4, non è affatto primario che
la giustapposizione di un 2 a un 2 sia pensata immediatamente sostituibile al 4
o sostituita da essa o viceversa che il 4 sia pensato immediatamente
sostituibile al 2+ 2 o sostituito da questa; di fatto, uno dei due correlati è
rapportato a una certa successione di quantitativi autocoscienti assunti come
elementi od unità, a 1.1.1.1. o a 1/2.1/2.1/2.1/2.1/2.1/2.1/2.1/2., e
attraverso lo spostamento d'attenzione dall'uno all'altro, mediante cui vien
rilevato il rapporto che lega all'una serie il 2 + 2, rapporto che è apodittico
e che è di parte al tutto come quello che stabilisce che il 2 + 2 non è che uno
degli aspetti apodittici che risultano immanenti nella serie, o il 4, rapporto
che è apodittico e di parte al tutto in quanto il quattro non è che una delle
modalità necessarie sotto cui la serie si dà, si muove alla convertibilità
delle due denotanti parziali e quindi alla sostituzione loro nei confronti del
loro tutto; il che appare ancor più evidente quando ciascuno dei correlati
dell'uguaglianza (a + b)2 = a2 + 2ab + b 2 sia
reso parte di quel tutto che è o la serie delle unità in successione un cui
modo è la sintesi della loro somma e di cui sia (a + b)2 che a2
+ 2 ab + b2 sono parti apodittiche e convertibili o la serie delle
dialettiche che costituiscono le operazioni che su a e su b si compiono per
muovere dalla dialettica (a + b) (a + b) alla dialettica,
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