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Giordano Bruno Cavagna
(n. 1921 - m.1966)
Metaf. class. e metaf. cristiana

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  • Prot. 252 - 301 F2
    • 294
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anche dall'altro senza che nulla del nesso relazionale patisca mutamenti; è lecito così stabilire una definizione dell'equivalenza, che è la liceità della sostituzione reciproca di due ontici autocoscienti entro una dialettica con la quale uno dei due sia stato correlato a un terzo ontico secondo una forma che richiede per una delle sue materie la totalità qualitativa di quello e la funzione che questo qualitativo ha rispetto al qualitativo del terzo; come il rapporto d'identità è consentito dalla disarticolazione o rottura di unità di ciò che costituisce il tutto di ciascuno dei due identificati, dalla distinzione entro il disarticolato della porzione di qualificanti rispetto a cui i due sono sostituibili e che è costituito dalla serie ordinata dei rapporti in cui i qualitativi costituenti il tutto si correlano l'un l'altro necessariamente,  dalla porzione del resto dei qualificanti, dalla concentrazione d'attenzione su quella porzione e non sull'altra, così il rapporto di equivalenza è consentito e condizionato da un'identica rottura del qualitativo costituente la totalità di ciascuno degli equivalenti, da una separazione di quella porzione qualificante, rispetto alla quale l'uno degli equivalenti è sostituibile all'altro e che coincide con il rapporto ben definito nella sua materia in cui la totalità di ciascuno dei due si pone con la totalità di un terzo autocosciente, dal resto dei qualitativi disarticolati, dal rilievo o concentrazione d'attenzione su quella porzione privilegiata; come è escluso che un rapporto d'identità s'instauri su due intelligibili che siano ontici autocoscienti di condizione umana o divina e che siano della sfera delle dialettiche perché qui dove si dovrebbe dare la dualità che fonda il rapporto, questa base è meramente apparente e di fatto i due sono uno ed un solo ontico, sicché se mai rapporto d'identità che sia apodittico è lecito o tra intelligibili in sé uni e semplici, autocoscienti o inautocoscienti che siano, o tra quelle loro manifestazioni che ricavino dal manifestato la sua apoditticità, comunque tra degli intuiti, così il rapporto di equivalenza è da escludersi che sia accettato da una dottrina degli intelligibili come ontici nel ruolo di intelligibile in sé e avente ontità non per la dialettica e per l'autocoscienza ma con la dialettica e con l'autocoscienza, ossia che goda della stessa intelligibilità delle dialettiche che la ritraggono dal qualitativo degli intelligibili di cui sono unificazione: infatti, l'equivalenza è sempre fondata su di un rapporto strumentale, che per più intelligibili che lo verifichino tutti uniformemente dev'essere oggettivo e univoco e si solo sulla base dell'identità degli intelligibili delle quali diviene un momento o una conseguenza, con la conseguenza che dati i rapporti strumentali A/b, B/b, C/b dai quali risulta l'equivalenza di A con B e con C, se ABC sono intelligibili di dialettiche essi di fatto sono uno ed un solo intelligibile e con ciò verificano la situazione di identità di intelligibili in dialettiche, se A B C sono intelligibili in sé, data l'unicità di b, essi devono essere degli identici il cui rapporto con B è un semplice momento della loro totale identità; ma noi abbiamo equivalenza quando di più ontici correlati con un altro in un certo rapporto è illecita la sostituibilità indipendentemente dal rapporto, quando cioè all'infuori dei rapporti A / b, B/b, C/b è illecita la sostituzione di A a B e a C,


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il che comporta che A sia diseguale da B e da C e che i tre o non siano intelligibili e che quindi nessuna necessità sia nei loro rispettivi rapporti con b o siano intelligibili e che quindi in nessun modo entrino con una stessa forma nei loro rispettivi rapporti con b, con la conseguenza che il rapporto strumentale, fondamento dell'equivalenza, rimanda sempre a una strumentalità o funzionalità degli equivalenti che o è oggettivamente una, nel qual caso gli equivalenti sono degli intelligibili identici, o è una solo soggettivamente, nel qual caso gli equivalenti non sono degli intelligibili; [[Nota a matita dell'autore: “ tutto questo passo è da rivedere e anche da rifare “]] che la somiglianza non sia, essa pure, una denotante qualitativa unica che, ripetuta entro due connotazioni in parte o in tutto differenti l'una dall'altra o entro due molteplicità di qualitativi comunque unificati in parte o in tutto diverse l'una dall'altra, consentirebbe di inserire tra le due un rapporto apodittico di sostituibilità o che d'altra parte non sia neppure un certo modo d'essere o un certo qualitativo unico, conseguenza di uno o più modi d'essere o qualitativi di due connotazioni o di due molteplicità unificate e ragione necessaria di un loro reciproco rapporto di sostituibilità, risulta immediatamente dal fatto che quando giustapponiamo due ontici autocoscienti sulla base di ciò che diciamo una loro somiglianza e sotto tal punto di vista li poniamo in un certo rapporto siam sempre pronti a dislocare la giustapposizione e a scartare il rapporto con la completa indifferenza che deriva dall’inefficienza e irrilevanza delle conseguenze della dislocazione e dello scarto; poiché il valore delle conseguenze di un qualsivoglia ontico autocosciente è tutto nel rapporto in cui esso si pone con un autocosciente che è altro da esso o che è posto come altro da esso, sia che questo secondo autocosciente sia del tutto fuori ed eterogeneo dal primo sia che l'estraneità ed eterogeneità si riduca a quella che si in un rapporto di parte a tutto fra il tutto e la parte, l'irrilevanza delle conseguenze dell'autocoscienza della giustapposizione e relazione di due simili comporta che giustapposizione e relazione non siano sulla base dei due rapporti con cui ciascuno dei due si connette ad un terzo loro esteriore e del tutto eterogeneo, dal momento che tali rapporti, se fossero, come nell'equivalenza, il principio di quell'unificazione che ai due simiglianti proviene dal loro giustapporsi e relazionarsi reciprocamente, o sarebbero insorti con un certo loro modo o materia qualificante che in nessun modo verrebbe poi annullata dalla successiva dislocazione della giustapposizione e dal successivo scarto del rapporto dei simili, sicché dislocazione e scarto non avrebbero il diritto di essere inefficienti e irrilevanti, o dovrebbero essere inferiti dalla stessa giustapposizione e relazione dei due simili di cui sono principi, il che la contraddizione pone illecito; non resta allora che se dei rapporti sono a principio di quel che chiamiamo rapporto di simiglianza, tali rapporti non siano se non tra i due simili e qualcosa che è posto come altro da essi per la stessa alterità però che è tra la parte e il tutto, ossia che la relazione di simiglianza sia uno spostamento d'attenzione il cui principio è uno o più spostamenti d'attenzione che non coinvolgono autocoscienti altri da quelli coinvolti dal primo; col che la simiglianza rimanda all'identità, in quanto entrambi relazioni le cui biffe rimangono costantemente le stesse, nella qualità e nella quantità, qualunque sia la forma e il modo delle relazioni;


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è quel che fa, ad esempio, la geometria quando parla di simiglianza di due triangoli, per la quale non ha bisogno di introdurre nelle sue dialettiche altre biffe che non siano o i triangoli su cui l'attenzione è concentrata o loro parti; è evidente, quindi, che la conclusione della simiglianza è il punto di arrivo di un 'analisi condotta su ciascuno degli ontici geometrici senz'alcun rapporto con un geometrico che sia altro da essi, così come vien fatto nel rapporto di identità;la geometria- ci limitiamo qui ai triangoli- per somiglianza pare intendere tre differenti rapporti tra due ontici geometrici, anzitutto il fatto che l'intuizione dell'uno, ossia l'autocoscienza che accompagna immediatamente l'unità in cui le varie sensazioni dell'uno si danno e per cui si pongono come percezione, costringe l'attenzione a spostarsi all'intuizione dell'altro e viceversa secondo un nesso reciproco necessario la cui autocoscienza è quella di un modo dell'uno che non si senza il modo dell'altro [[Nota a matita dell'autore:”tutto questo discorso è condotto sulla geometria elementare dell'Enriques (vol.II pag 36); controllare Euclide e altri]] e viceversa, è cioè l'autocoscienza dell'essere l'uno il rimpiccolimento dell'altro e questo l'ingrandimento del primo, in secondo luogo il fatto che la materia del rapporto innalzato all'autocoscienza dal coatto spostamento d'attenzione  dall'un geometrico intuito all'altro pure intuito, in quanto è un rimpicciolimento o un ingrandimento, ha la sua condizione o piuttosto raggiunge la propria intelligibilità se analizzata nelle sue due componenti che sono da un lato la diseguaglianza delle due estensioni e dall'altro l'eguaglianza delle due forme, dovendosi qui intendere per forma i rapporti generici che una serie di punti debbono assumere reciprocamente per porsi come perimetro di un triangolo in generale, in terzo luogo il fatto che siffatta sintesi di un'estensione e di una forma che sono rispettivamente diseguale ed eguale a un'altra estensione e a un'altra forma, esse pure in unità sintetica, racchiude da un lato l'eguaglianza secondo un certo ordine degli angoli dei due triangoli e dall'altro l'eguaglianza dei rapporti in cui i lati corrispondenti entrano a due a due, essendo le due eguaglianze reciproche e quindi tali che se si l'una si l'altra e che se si danno alcune delle componenti dell'una e alcune delle componenti dell'altra si danno pure le restanti componenti di ciascuna delle due eguaglianze; la geometria poi aggiunge che l'identità o eguaglianza di due triangoli risulta un caso particolare del generico rapporto di somiglianza, in quanto qui si ha la costante identità del rapporto fra i lati corrispondenti con l'1; ora, in questa lunga precisazione di che cosa debba intendersi per somiglianza si scorge da una parte il tentativo di collegare in continuità intelligibile una successione di dialettiche ciascuna delle quali o ciascun gruppo delle quali ha l'eguale diritto di avere a suo segno il nome di eguaglianza, dall'altro il movente di assegnare a quella o quelle dialettiche identicate da questo nome il medesimo aspetto di necessità e quindi di intelligibilità che tocca alla o alle dialettiche dell'identità; ora, si comincia con l'osservare che la continuità di quella successione di dialettiche ricava la validità della forma analitica




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