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assumere
eguali ossia identici a due a due gli angoli
corrispondenti significa spezzare l'unità di ciascun triangolo in tre
ontici geometrici irrelati, i tre angoli, e inferire dalla coincidenza per
sovrapposizione di uno degli angoli dell'un triangolo con uno degli angoli
dell'altro la loro legittima sostituzione e da questa la loro liceità di
sostituzione o identità, ma significa anche, dopo aver, almeno in teoria,
sciorinato in una serie per giustapposizione ad uno ad uno tutti i rapporti
intelligibili che connettono ciascun punto di un triangolo a tutti gli altri
della stessa figura e dopo aver reso intelligibile siffatta giustapposizione
coi concetti, almeno problematici, della necessaria dipendenza funzionale sia
di ciascuno dei rapporti da tutti gli altri sia di ciascun rapporto e
dell'insieme dei rapporti dall'unità-qualità del triangolo sia
dell'unità-qualità del triangolo da ciascun rapporto e dall'insieme dei
rapporti, rilevare alcuni di tali rapporti, ignorando tutti gli altri,
sciogliere la connessione dei rapporti trascelti dalla loro unificazione per
dipendenza funzionale, nullificare ciascun triangolo come unità intelligibile e
qualitativa, per poi procedere alla sovrapposizione di ciò che si è trascelto
nell'uno su ciò che si è trascelto nell'altro; la condizione da cui dipende
l'autocoscienza delle condizioni necessarie e sufficienti della similarità di
due triangoli, è che venga ignorata l'essenza una e qualitativa di ciascuno dei
geometrici e quel che da essa deriva ossia la necessità della coesistenza di
tutti i rapporti che nel geometrico vincolano un punto agli altri facendo di
esso un luogo geometrico, con la conseguenza che, una volta data quella
condizione, diviene lecito isolare alcune delle componenti di ciascun
triangolo, trattarle come se fossero ontici in sé e per sé e non per quel che
sono, parziali qualificanti il tutto cui appartengono, fissarle nella veste di
costanti o intelligibili trascurando la necessità dell'inferenza della loro
intelligibilità dall'intelligibilità del tutto, dialettizzare quelle dell'un
triangolo con quelle dell'altro secondo il rapporto di sostituibilità o
identità e chiamare siffatta dialettica o sostituibilità delle parti similarità
dei tutti; è evidente che così facendo la gran parte delle denotanti
qualificanti ciascuna totalità viene ignorata ossia gettata
nell'inautocoscienza e quel che più conta vien resa inautocosciente la
relazione che deve connettere quanto vien rilevato con ciò che viene ignorato,
e che quindi l'essenza della triangolarità di ciascun geometrico fuoriesce
dall'autocoscienza con cui s'accompagnano solo alcune denotanti rilevate e
lasciate nella loro reciproca discontinua discrezione; la conseguenza prima di
ciò è che nessuna ragione sia data della reciprocità di quelle due eguaglianze
con cui la similarità coincide e che la geometria non sia in grado di fondare
un teorema che stabilisca l'inferenza delle due denotanti e della loro
reciprocità dall'essenza o definizione del triangolo, come pure non è in grado
di inferire la necessità del rapporto che lega un angolo di un triangolo ai
suoi lati e che è tale da porre questi lati in un certo rapporto con quelli
corrispondenti in un altro triangolo quando l'angolo considerato nel primo
triangolo sia eguale ossia sostituibile a quello che gli corrisponde nel
secondo; è vero che è sempre lecito stabilire che, se si prendono tre angoli e
se si sovrappongono a due a due i loro lati in modo che i tre vengano unificati
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