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e
quell'illiceità di spezzare la serie unificata dei rapporti fra un suo punto
geometrico e gli altri che è il segno di tale unità, e con ciò ha rotto la
dialettica fra l'essenza o intelligibilità totale e unitaria del geometrico e
le singole sue dialettiche parziali che di quella costituiscono per dir così il
corpo e la manifestazione, così tutti gli altri complessi che accolgono a
propri costituenti dialettiche con a materia del rapporto le sostituibilità
parziali della simiglianza, son preda dell'impotenza di offrire ragion
sufficiente della sostituibilità di simiglianza ossia del fatto che degli
identici o sostituibili si diano entro la totalità di due autocoscienti entro
cui nessun fattore, oltre a quelli, c'è a fornire non solo la sostituibilità di
alcune o di tutte le altre porzioni ma la sostituibilità in generale dell'uno
all'altro se non solo relativamente a quelle loro porzioni sostituibili l'una
l'altra, proprio perché per operare e fondare questa parziale sostituibilità si
è dovuto dirompere l'unità di ciascun ontico quasi essa fosse un
inautocosciente e con ciò si è dovuto negare una qualsivoglia sua intima
necessità; ma da ciò è venuto che se nell'uno tutto non c'è necessità
dell'unità, non c'è neppure necessità per il qualitativo che è della sintesi e
per qualsiasi qualitativo o quantitativo o relazionale che è porzione dell'uno,
e quindi neppure per la qualità dei sostituibili e per una loro ripetizione
nell'autocoscienza come sostituibili sia rispetto alle unità in cui si son dati
sia rispetto a qualsivoglia altra unità autocosciente per intuizione o
problematica; se quest'assenza di ragion sufficiente sia un accettabile da
dialettiche che per il resto pretendono di essere intelligibili e se le
conseguenze che da essa derivano, fra le quali c'è anche quella di dar carne a
una giustificazione del fatto che un autocosciente sia capace di ripetersi in
un qualsivoglia contesto e indipendentemente da questo e da una qualità ad esso
essenziale che sia principio della sua ripetizione, qui non trattiamo; ci basta
aver stabilito le reali modalità delle dialettiche la cui successione
costituisce ciò che chiamiamo classe come insieme o a base di identità o a base
di equivalenza o a base di somiglianza; in una dottrina degli intelligibili il
peculiare non è tanto il ripudio dell'equivalenza e della somiglianza a favore
dell'identità o la riduzione di queste a quelle come condizione della radunata
degli autocoscienti equivalenti o simili in una stessa classe quanto il
costante primato logico assegnato alla dialettica fra uno degli autocoscienti
conclassari e quella sua porzione di identico con gli altri conclassari eretta
ad intelligibile e a fonte di intelligibilità su tutte le altre dialettiche
compresa quella che è di sostituibilità e che è da conclassario a conclassario
come da cogenere a cogenere, indipendentemente dall'anteriorità diacronica che
dal punto di vista del conoscere ossia dell'acquistare autocoscienza deve
essere assegnata alla prima rispetto alle altre o a una di queste rispetto alla
prima e alle restanti; in una dottrina delle classi come insiemi la
caratteristica è ancora la riduzione dell'equivalenza e della somiglianza a
identità senza tuttavia che a ciò segua una nullità delle due ridotte o
riducibili le quali confluiscono nell'altra per quel tanto di identico che è in
ciascuno e che è la vera ontità di ciascuna e non perché sia dato un identico
intelligibile di cui equivalenza o simiglianza
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siano
due aspetti parziali e derivati: in altri termini due autocoscienti equivalenti
e simili hanno a materia del loro rapporto dell'identico al pari di due
autocoscienti identici, ma l'identico per cui son sostituibili l'uno all'altro
non è né una porzione né una conseguenza dell'identità che è ragione della
sostituibilità reciproca di due identici; donde segue che per tale dottrina la
classe con le dialettiche di sostituibilità fra conclassario e conclassario
conserva la priorità logica e cronologica su tutte le altre dialettiche che ne
derivano, anzi costituisce l'unico modo di intelligibilità di cui è legittimo
tener conto e prender considerazione; si tratta tuttavia di vedere se questo è
l'ontico che l'attenzione coglie e rende autocosciente entro tutte le
dialettiche delle classi come insiemi o non piuttosto una mera pretesa eretta
ad assioma o postulato; infatti, se è vero che il principio di una classe come
insieme è lo spostamento d'attenzione da un autocosciente a un altro rilevante
la liceità di sostituire l'uno all'altro solo però relativamente a quel qualcosa
che di effettivamente identico o sostituibile c'è in ciascuno, il quale è la
base del rapporto o di identità o di equivalenza o di somiglianza, e se è vero
che sia tale spostamento che i successivi, ai quali corrisponde un aumento dei
membri della classe, non rilevano nessun autocosciente che sia intelligibile di
per sé indipendentemente dalla dialettica in atto, e non ne sono condizionati,
è altrettanto vero che lo stesso spostamento è molto più complicato di quel che
la dottrina vuole accettare e si compone e insieme pone una serie di
spostamenti d'attenzione che non si riduce affatto a quell'unità e semplicità
della dialettica di sostituibilità fra due conclassari che la dottrina pretende
di porre come unicamente legittime; anzitutto perché lo spostamento di
sostituibilità dall'uno all'altro autocosciente presuppone, se non
diacronicamente almeno logicamente, quella dialettica, di sostituibilità di
quel che di identico si dà nell'un autocosciente a quel che di identico si dà
nell'altro, che è spostamento d'attenzione dalla parte legittimamente
sostituibile alla parte pure legittimamente sostituibile, essendo necessario
che la dialettica da A a B in quanto autocoscienti conclassari ossia
sostituibili abbia a sua ragione la dialettica da A1 a B1
in quanto autocoscienti
identici e quindi sostituibili e in quanto tali da essere A1 una
porzione di A e B1 una porzione di B, il che comporta che lo
spostamento d'attenzione da porzione a porzione il quale è ragione di quello da
tutto a tutto sia concomitante di due altre dialettiche ciascuna delle quali
rileva e rende autocosciente il rapporto da parte a tutto e da tutto a parte
che unifica la porzione e la totalità, attraverso il duplice moto dialettico
che porta rispettivamente qui da A1 ad A e da A ad A1, là
da B1 a B e da B a B1 e che, ponendo con autocoscienza
l'indivisibilità di A da A1 e di B da B1 consente
l'inferenza necessaria della sostituibilità di A a B e di B ad A dalla
sostituibilità di A1 a B1 e di B1 ad A1;
quindi non solo quel primitivo spostamento d'attenzione di cui si esaltano la
semplicità e l'originarietà, di fatto e per necessità dev'essere disarticolato,
se non sul piano diacronico e gnoseologico, almeno su quello logico e acronico,
in ciò che esso è e in ciò che è sua ragione e che è dato dalle dialettiche di
sostituibilità
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della
porzione di identico dell'uno alla porzione di identico dell'altro, e di
unificazione dalla porzione di identico di ciascuno alla sua totalità, ma
anche, una volta costituita la classe come unificazione o dei due soli
conclassari o della molteplicità finita o infinita dei conclassari che ai due
s'aggiungono per dialettiche autocoscienti e necessarie o per dialettiche
autocoscienti e problematiche, la necessità della ripetizione per ciascun
conclassario di una dialettica che ristabilisca attraverso l'unificazione
l'unità della porzione di identico con il tutto del conclassario, pone
necessariamente la disarticolazione dalla totalità della porzione e
l'autocoscienza di essa come ontico a sé, che sarà sì un costantemente relativo
come quello che entra nell'autocoscienza solo come biffa di quella dialettica
di unificazione, ma dovrà anche essere isolato e pensato in sé e per sé se non
altro come quel privilegiato che è sostituibile non solo a se stesso in
qualsiasi giustapposizione si dia ma anche al resto cui si giustappone e al
quale trasmette il diritto della sostituibilità, e con ciò finirà per porsi
come un autocosciente assoluto ossia come quel qualitativo la cui autocoscienza
è data indipendentemente dalla dialettica di unificazione; è lecito concedere
che siffatto autocosciente che è biffa delle ripetute dialettiche di
unificazione e di sostituibilità che son ragione delle dialettiche di
sostituibilità di conclassari di una classe, non offre nessuna liceità di porsi
a biffa di dialettiche di sostituibilità con nessun altro ontico tranne che con
se stesso, ed è quindi lecito concedere che a siffatto isolamento non tenga
dietro nessuna dialettica che faccia di una classe una classe di una classe,
come pure è lecito concedere che lo stesso autocosciente, una volta
assolutizzato, venga privato di ogni pretesa all'intelligibilità come quello
che in sé e per sé non possiede nessuno degli attributi intelligibili i quali,
come modi di un autocosciente, appunto fan tutt'uno con il porsi di esso a
biffa di dialettiche dotate di certi caratteri, sicché delle due l'una o
l'autocosciente è posto come un assoluto, nel qual caso resta un irrelato
estraneo a qualsivoglia dialettica e quindi privo di qualsiasi attributo
intelligibile, o l'autocosciente è posto come biffa di una dialettica, e allora
l'unica dialettica di cui si fa biffa lecita è quella di unificazione con la
sua totalità e l'unica intelligibilità che gli spetta è quella che appartiene
alla classe delle totalità dei cui conclassari è porzione; ma non è lecito
concedere a una dottrina delle classi come insiemi né che gli unici ontici
autocoscienti che si ritrovano nell'intelligibilità di un insieme come sue
condizioni o ragioni siano le dialettiche di sostituibilità di uno dei
conclassari a un altro, né che gli unici autocoscienti che son biffe delle
dialettiche il cui complesso chiamiamo classe o insieme siano gli autocoscienti
conclassari nella classe, perché per necessità di fatto le dialettiche di
sostituibilità tra conclassari non si danno senza quelle di sostituibilità tra
gli identici immanenti nei conclassari e senza quelle di unificazione tra il
conclassario e la porzione di identico che vi immane, e per necessità e di
fatto la porzione di identico immanente in ciascun conclassario è un
autocosciente biffa di dialettiche al pari di ciascun conclassario, e in
particolare di quelle che la unificano col resto della totalità di cui fa parte
e che con ciò stabiliscono
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