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e che per tale sua materia e
forma vien dialettificata con l'altra come quella che è ragione della sua
autocoscienza e delle sue modalità, la dialettica che pone autocosciente il
rapporto necessario di parte a tutto, e quindi di unificazione, intercorrente
fra la porzione e qualsivoglia conclassario e che enuclea ossia dota di
autocoscienza la materia della dialettica da ragione a conseguenza fra la prima
e la seconda dialettica, e, con ciò, si pone a ragione della verità e validità
materiale e formale di tale dialettica fra la prima e la seconda dialettica; il
che, a guardar bene, costringe non solo ad elevare il numero delle dialettiche
che sono l'essenza o meglio il complesso ontico-autocosciente indicato dal nome
insieme, da tre a cinque, in quanto una dialettica ulteriore interviene a
unificare la prima e la seconda delle tre suddette, e un'ulteriore seconda
dialettica unifica la terza delle tre alla prima di queste due sovraggiunte, ma
anche ad elevare il numero degli autocoscienti che son biffe di dialettiche da
uno, come pretende la dottrina, a due, perché oltre alle biffe che sono
autocoscienti trattati come sostituibili e che sono i membri dell'insieme, i
quali son pensabili come un autocosciente uno in genere, e precisamente quello
che è membro di diritto di una classe-insieme, c'è da tener conto di
quell'autocosciente che è sostituibile di fatto e non solo per trattamento e
che coincide con la porzione del membro conclassario che si dà identica o
sostituibile con quella di un altro a piacere; se si ammette, senza concederlo,
che l'intelligibilità stia tutta lì, almeno nella sua essenza elementare, nei
modi di quei cinque tipi di dialettiche e di quei due autocoscienti,
l'autocoscienza che ad essa si giustappone sarà quella delle cinque dialettiche
e dei due ontici in quanto dotati della funzione che loro spetta a seconda che
siano biffe di questa o quella fra le cinque dialettiche; ora, con un'evidenza
e una dimostrabilità ancora maggiore di quelle consentite da una teoria
aristotelica, l'autocoscienza che connota, assieme all'intelligibilità, il
complesso unitario delle cinque classi, è essenziale a ciascuna dialettica e al
complesso al pari dell'intelligibilità, ed è coessenziale a questa di cui è il
reciproco, e nulla depone a favore di un sua accidentalità o contingenza:
infatti, se l'intelligibilità di una dottrina delle classi-insiemi è il dato di
fatto di uno spostamento d'attenzione da un autocosciente intuito- sensoriale
ad un altro intuito- sensoriale e quei suoi conseguenti che sono i dati di
fatto di una sostituibilità reciproca dei due dialettificati, sia pur
relativamente al punto di vista di una loro porzione soltanto, e di una
sostituibilità di ciascuno di essi con uno qualsivoglia di una molteplicità di
autocoscienti intuitivo-sensoriali la quale è postulata come problematicamente
infinita, nessuna delle modalità ontiche dell'intelligibile aristotelico
compare in essa, né l'universalità necessità costanza uniformità unicità
immutabilità delle porzioni dialettificate né i rapporti che connettono le
denotanti generiche e specifiche alla specie infima o all'autocosciente che
funge da specie infima come quello nelle cui connotazioni quelle denotanti
immangono né il nesso di ragione a conseguenza che collega l'intelligibile
unitario in sé, problematico quanto si voglia, con i suoi simmetrici
dialettificati, ad eccezione dell'unica modalità, comune alle due dottrine, di
legittima partecipazione o adesione degli autocoscienti dialettificati
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alle forme pure di certi
spostamenti d'attenzione che in una dottrina aristotelica sono quelle dei
rapporti fra connotazioni e denotanti e denotanti e denotanti, mentre in una
dottrina degli insiemi sono quelle fra intuito ed intuito in quanto conclassari
di un insieme e quelle che o immangono negli spostamenti da conclassario a
conclassario o da questi conseguono; e se la dottrina aristotelica ha la
liceità di aggiungere a questa adesione di diritto degli autocoscienti
dialettificati alle forme dialettiche pure anche una immutabilità dell'adesione
una volta che si sia data all'autocoscienza, nel senso che per tale dottrina
l'adesione non solo è a parte obiecti ma è anche necessaria di una necessità
che coincide con un modo naturale di ciascun dialettificato per il quale questo
non solo s'incastra, per così dire, nella forma ma ha in sé stesso la forma con
la sua universalità e necessità, sicché l'immissione dei dialettificati nelle
forme pure è da un lato il trasferimento di tutto ciò che è delle forme ai
dialettificati e dall'altro il riscontro entro i dialettificati di tutto ciò
che è delle forme, mentre per una dottrina degli insiemi negli autocoscienti
dialettificati non si dà nulla che provi la costanza e immutabilità di quella
loro adesione alla forma pura e ai suoi modi e, con ciò, non compare nulla dei
modi della forma all'infuori della materiale sostituibilità che nella forma è
fra due variabili a piacere ed è universale e necessaria mentre nei
dialettificati e fra loro due in quanto invarianti nell'atto in cui si dialettificano
ma((??)) non ha né universalità e necessità, sicché l'immissione dei
dialettificati nelle forme pure resta sempre un trasferimento di tutto quel che
è delle forme ai dialettificati, la presenza o assenza della liceità non fa poi
molta differenza fra le due dialettificazioni, in primo luogo perché in
entrambe l'intelligibilità, che nell'una è dei giochi da genere a specie e da
generico a specifico e nell'altra è in quelli da conclassario a conclassario,
da classe a classe e da conclassario di una classe a conclassario di un'altra,
una volta data nell'autocoscienza vi resta coi suoi caratteri indipendentemente
che questi siano il frutto di una loro calata dalla forma alle biffe o di una
coincidenza tra i modi della forma e quelli delle biffe, in secondo luogo
perché il fatto che per l'una dottrina ci si debba attendere una ripetizione
indefinita dei giochi dialettici entro l'intuito sensoriale mentre per l'altra
nulla provi dell'ontità di siffatta ripetizione, non è fattore sufficiente né
di conservazione né di cassazione delle dialettiche dell'una e di quelle
dell'altra, entrambe le quali una volta datesi con autocoscienza la mantengono
anche se nessun dato intuito verrà mai più ad aggiungersi a quelli già intuiti
e già dialettificati, in terzo luogo perché se è vero che operativamente la
dottrina aristotelica offre garanzie per un comportamento nel futuro al quale
sarebbe consentito di strutturarsi in un certo modo in previsione del sicuro
darsi all'autocoscienza di certi intuiti quando se ne siano dati certi altri,
mentre questa garanzia non offre la dottrina degli insiemi per la quale nessun
legame è dato fra gli intuiti tranne quello di sostituibilità e quanti ne
conseguono i quali però son solo nel presente e nel passato, è altrettanto vero
che, per ciò che riguarda le dialettiche, le loro forme, l'assunzione delle une
e delle altre da parte di certi intuiti, la loro prosecuzione all'infinito
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