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autocosciente
intuito problematico, sta a sé come intelligibile autocosciente dialettificato
come un intuito autocosciente in sé sta a se stesso in quanto dialettificato e
autocosciente e quindi membro di una classe, con la precisazione però che
quel"sta" si limita ad indicare la necessità della simultanea
immanenza della dialettica e dell'autocoscienza in quanto essenziali entro
l'intelligibile di cui fondano un'intelligibilità che per il primo è relativa,
per il secondo assoluta come quella che non sussiste se non [[??]]quelle sue
due denotanti; l'accidentalità dell'autocoscienza nell'intelligibilità di una
classe-insieme è esclusa sì dall'immanenza apodittica dell'autocoscienza, suo
contraddittorio, ma anche dall'illiceità di derivare l'autocoscienza della
dialettica in quanto fonte di intelligibilità da altro che non sia la stessa
fonte della dialettica, dal momento che fuori dalla dialettica non si dà né
nell'intuito sensoriale né in qualche altro ontico problematico l'attitudine a
mutuare da sé o da altro ciò che fonda l'intelligibilità della dialettica,
ossia i modi delle forme pure che essa utilizza, sicché è la stessa dialettica
che accompagnandosi all'autocoscienza di sé, della forma utilizzata, di quel
che nell'intuito si dà come materia legittima della forma, fonda
l'intelligibilità dell'insieme, e l'autocoscienza perdendo ogni liceità di
esser inferita da altro che dalla stessa situazione ontica da cui promana lo
spostamento d'attenzione; che se questa situazione è tale da porre in uno o
altro modo, essenziale o accidentale, lo spostamento, lo stesso modo è
dell'autocoscienza, che è un accidentale o un apodittico in funzione
dell'accidentalità o apoditticità dello spostamento, ma mai è un accidentale rispetto
a una essenzialità apodittica dello spostamento; e lo stesso discorso si fa
della contingenza dell'autocoscienza in una dialettica di una classe; come la
soluzione tra l'intelligibilità di una dottrina di tipo aristotelico e quella
di una dottrina delle classi-insiemi si fa meno insuperabile e meno dovuta a
una eterogeneità perfetta dei due complessi di autocoscienti che le
costituiscono purché si tenga conto di questo che alcune, se non tutte, delle
dialettiche della prima ripetono almeno nella loro forma la forma di alcune
della seconda e viceversa e che quel che di formalmente identico c'è nell'una e
nell'altra fa tutt'uno con quel che di primario e di essenziale c'è in tutte le
dialettiche di entrambe e che consiste in un rapporto fra la totalità di un
ontico autocosciente, assunta a biffa di uno spostamento d'attenzione, e una
porzione di quel tutto, arricchita di privilegi rispetto alle altre da certe
sue funzioni e assunta a seconda biffa dello stesso spostamento, consistendo
siffatti privilegi soprattutto nell'attitudine della porzione a farsi, per una
sua proprietà che nell'una dottrina sarà quella di mutuare da sé
l'intelligibilità o per un suo dialettizzarsi o per una sua evidenza, per
l'altra sarà quella di lasciarsi sostituire e di sostituire di fatto e di
diritto la porzione privilegiata di un altro intuito, così le due dottrine
hanno una discontinuità o irrelatezza per eterogeneità reciproca che sfuma
ancor più dinanzi alla coessenzialità della dialettica e dell'autocoscienza
denotanti le rispettive intelligibilità; che se poi si tien presente quel che
significa l'intelletto divino per una dottrina aristotelica, una molteplicità
di dialettiche che adegua l'intera serie delle dialettiche lecite
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e sta in
simmetria con l'irrelata molteplicità degli intelligibili, autocoscienti uni e
semplici in sé, anche in questo la descrizione dell'intelligibilità ad opera di
una dottrina delle classi non si discosta troppo; infatti, con autocoscienza si
danno, per essa, soltanto i molti, e non infiniti, intuiti sensoriali che si
son dati con autocoscienza, le classi finite in cui i rapporti di
sostituibilità o per identità o per equivalenza o per simiglianza han costretto
a raccogliersi i sensoriali, i problematici intuiti sensoriali che si fan
membri di ciascuna di quelle classi e le rendono infinite, e, infine, la
totalità delle dialettiche, apodittiche o problematiche, che ritroviamo in
ciascuna classe come costitutive di essa o fra classe o classe come conseguenze
delle prime; ma evidentemente il problematico che ha a sua ragione e a
condizione della sua liceità l'estrapolazione operata su ciascuna classe, dato
il suo particolare peso che gli deriva dal fatto di esser principio e ragione
dell'ontità e legittimità dell'infinità di una classe e delle dialettiche, e
quindi del tipo di intelligibilità, che la classe consente in quanto infinita,
esige un fondamento del suo valore che non è lecito sia la mera estrapolazione
e che, non essendo dato inferirlo dagli intuiti in genere in quanto intuiti,
dovrà essere ricercato altrove; d'altro canto, il postulato, da cui muove una
dottrina delle classi insieme, di un'intelligibilità le cui modalità
dell'universale e del necessario sono delle forme pure, che sono apriori se per
questo s'intende soltanto che sono nell'autocoscienza indipendentemente dal
classificarsi in esse e per esse degli intuiti sensoriali, una volta esteso a
quelle forme pure che sono delle dialettiche consentite da un insieme di
infiniti conclassari, esige che l'infinità degli intuiti sensoriali che sono di
diritto conclassari di un insieme non sia un mero problematico estrapolato, ma
sia un ontico autocosciente, o meglio un ontico autocosciente che, sia pure
problematico, è posto dalla sfera delle dialettiche di condizione umana a
principio e ragione, sufficienti a fondare la problematicità di ciò che di
fatto entra in tale sfera e la legittimità dell'estrapolazione da ciò che di
diritto e apoditticamente vi si ritrova, ossia dagli ontici autocoscienti
sensoriali biffe delle dialettiche; donde segue che implicitamente la sfera
dialettica di condizione umana rimanda come a sua ragione all'infinità di tutti
gli autocoscienti sensoriali possibili, infinità che è la giustapposizione di
tutti i sensoriali che si sono finora dati con autocoscienza di condizione
umana e di tutti i sensoriali che si daranno con siffatta autocoscienza;
siffatta infinità in cui necessariamente saranno con autocoscienza tutti i
sensoriali possibili che accolgono a loro porzione una di quelle porzioni
sostituite e sostituibili con cui è stato costruito uno degli insiemi
autocoscienti, e in cui necessariamente tali sensoriali saranno infiniti e
autocoscienti ontici e non problematici e verificheranno alcuni, di numero
infinito, questa porzione sostituita e sostituibile, altri, di numero infinito,
quella porzione sostitui((ta)) e sostituibile, e tutti insieme tutte le
porzioni sostituite e sostituibili, benché manifestino((??)) immanente in sé
siffatta porzione al di fuori di qualunque essenzialità, ossia di qualsiasi
rapporto di necessità che vincoli entro ciascuno la porzione alle altre e al
tutto, necessariamente diverranno conclassari dei rispettivi insiemi di cui
fonderanno l'infinità;
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