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un secondo
nell’essere, di secondarietà o logica o logica e cronologica insieme,
giustapponendo al primo il suo verbo -; ma la condizione formale, a livello del
pensiero formale, è fatto secondo e non primo dovendosi, al fine di
instaurarla, connotare in un modo o in un altro il concetto di primo metafisico
e non essendo lecito procedere a ciò se non tramite appello a nozioni
fenomeniche; sul piano reale quindi il discorso torna a muoversi dal predicato
al principio, ma in modo ben diverso da quello seguito dalla posizione
naturalistica. Si tratta per la posizione ad attenzione concentrata sul
principio sganciarsi dalle condizioni implicite nel sapere naturale ottenuto
con metodi naturali e naturalistici sì da decidere del come e del quale si
debba predicare del qualitativo fenomenico al principio. La posizione
naturalistica se la cava con facilità perché predica tutto il qualitativo
fenomenico sic et simpliciter perché non ha bisogno di dedurre nulla dal
principio all’infuori di una garanzia ontica del conosciuto. La posizione, che
per comodo chiamo metafisica, deve darsi il diritto di elaborare il qualitativo
fenomenico noto, di sottoporre questo a un lavoro di analisi di relazionamento
di confronto che va al di là di quel medesimo lavoro che il naturalismo opera,
perché questo elabora al fine di conoscere sempre di più sulla natura e con ciò
sotto il costante controllo limitatore dei modi di questo, mentre quella, cancellati
tutti i limiti, ha di fronte due fattori soltanto il concetto di primo
nell’essere da connotarsi e le nozioni fenomeniche da sfruttare nella
predicazione. Ma, quando si tratta di attuare la predicazione stessa, la
posizione metafisica che ha eliminato in certo modo ed entro certi confini la
presenza del fattore natura viene a trovarsi
in una strana condizione: da un lato ha del noto, le conoscenze
fenomeniche, dall’altro ha un ignoto, il concetto di primo nell’essere, la cui
unica nota, l’esistenza od ontità del suo rappresentato, in nulla determina il
rapporto di predicazione in cui il primo deve entrare col secondo; non riesco a
vedere in quale altra maniera essa possa servirsi delle note fenomeniche che
dovrà assumere a predicato del giudizio metafisico primo, in quale altro modo
possa elaborarle con una selezione determinata, con un’analisi guidata da un
metodo determinato, se non facendo intervenire un
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terzo
fattore che si ponga come principio di definizione in un rapporto destinato a
rimanere altrimenti vuoto di limiti e di contenuto; e questo fattore è
l’esigenza di sapere il più possibile del principio metafisico stesso, esigenza
il cui limite ultimo è di sapere tutto di esso. Con ciò il primato è ancora da
assegnarsi alla soluzione del quanto sia lecito predicare del principio e
quindi del quanto si possa di esso conoscere. L’esigenza, certo, non resta
isolata in sé; si lega in un vincolo di azione e di reazione con il sistema dei
concetti fenomenici noti e posseduti e modifica siffatto vincolo a seconda
della carica di violenza e di forza d’urto con cui penetra nel rapporto col
noto fenomenico: pronta ad accettarne le conseguenze o bramosa di imporre se
stessa agli effetti del lavoro di elaborazione portato nel fenomenico noto, consentirà
rispettivamente che sia il sistema delle conoscenze che abbiamo entro l’ordine
naturale a fissare il quanto della conoscenza che di diritto ci sentiamo di
accogliere intorno al primo nell’essere, oppure imporrà che sia l’ideale di una
rappresentazione onnicomprensiva del principio ad impadronirsi dei dati
qualitativi della natura e a manipolarli in modo che nulla della connotazione
del concetto di primo nell’essere resti o al di là della conoscenza o preda di
incongruenza con le altre connotanti; in entrambi i modi, il qualitativo
fenomenico non determina la conoscenza del quale del primo, ma il presupposto
del quanto sia lecito conoscere del primo deciderà della sua qualificazione.
Tanto nella posizione naturalistica quanto nella posizione metafisica quel
processo di ascesa dal noto naturale al
conoscibile metafisico non è rimasto isolato e puramente autonomo nel decidere
dei suoi risultati: il naturalismo, infatti, a discorso siffatto che sarebbe al
tutto induttivo ha vincolato in rapporto funzionale un discorso deduttivo che
nega alla natura in sé di erigersi a propria ragion sufficiente e stabilisce
un’inferenza tra il quale metafisico e il quale naturale, mentre la posizione
ad interesse metafisico centralizzato al discorso affatto induttivo ha sostituito
un discorso deduttivo che fa dipendere i modi e i risultati di un qualsivoglia
metodo naturale e naturalistico dalle conoscenze che il giudizio metafisico
offre: entrambi, tuttavia, prima ancora di
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enunciare la
proposizione prima nell’ordine cognitivo in generale hanno dovuto decidere
della quantità delle note del concetto di primo nell’essere che sono
conoscibili di diritto, e quindi dell’equivalenza o inequivalenza tra
conoscenza e conoscibilità, connotazione e connotabilità del concetto di primo metafisico; il
naturalismo avrà dedotto l’equivalenza potenziale((o??)) l’inequivalenza in
atto dai presupposti, che il metodo di indagine della natura adottato gli
offre, di conoscibilità totale del qualitativo naturale o di ineluttabile parzialità
del sapere fenomenico, e con ciò è andato incontro a uno stato di coercizione e
di vincolo per ciò che riguarda il suo sapere intorno al primo nell’essere, dal
che non è per nulla toccato in quanto
entro i ben precisi confini della sua sfera di interessi la conoscenza del
principio metafisico condiziona la validità delle sue nozioni non il loro modo
e la loro portata; la posizione metafisica godrà di maggiore libertà e indeterminatezza ricca com’è di un gioco
molto meno determinato tra elementi che entro determinati criteri sono
modificabili e spostabili con un grado notevole di imprecisione, potendo
l’esigenza ideale modificare il suo intervento a vari livelli tra quello
supremo dell’imposizione assoluta delle sue pretese di onniscienza al fenomenico
noto e quello infimo della totale subordinazione ai modi del noto fenomenico
stesso; ma a tutti i livelli il problema della determinazione qualitativa del
concetto di primo nell’essere sarà sempre in funzione del quanto si è stabilito
che di esso possa connotarsi. La posizione metafisica non può, è vero,
liberarsi in alcun modo dalla condizione che la predicazione entro il giudizio
metafisico primo è in funzione del sistema completo delle conoscenze
fenomeniche, può tuttavia muoversi entro di esso con una agilità e una
alegalità che nessun naturalismo conosce e di cui nessun naturalismo ha bisogno
- a un naturalismo è dato estromettere dall’interpretazione della natura e
quindi dal noto fenomenico, valido come rappresentativo dell’ontico, questo o
quello dei concetti del sistema totale
delle nozioni fenomeniche, o ignorandolo o riducendolo, con congruenza più o
meno diretta o più o meno evidente, a uno dei concetti dichiarati legittime
nozioni fenomeniche; gli è dato, ad esempio, ignorare i contrari o assumerli
con
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la stessa
portata dei diversi; ma un naturalismo non potrà mai ritenere lecito di
attribuire alla predicazione del primo giudizio metafisico un’ampiezza maggiore
delle conoscenze fenomeniche date e assunte come valori cognitivi; a una
posizione ad interesse metafisico centralizzato non è dato scartare nessun noto
fenomenico né è dato scavalcare medi relazionanti dei noti incongruenti al fine
di inserire tra essi una congruenza non evidente; ma neppure le è imposto di
procedere alla predicazione del giudizio primo metafisico con una relazione già
avvenuta prima e fuori della
predicazione stessa -; ma la stessa posizione metafisica giostra entro i
concetti fenomenici con modi e con metodi che dipendono da ciò che essa ha già
stabilito nei confronti dell’equivalenza tra conoscenza e conoscibilità del
principio, con modi e con metodi quindi che presuppongono necessariamente la
soluzione del problema del numero delle note che è lecito predicare del
concetto di primo nell’essere in quanto o esaustivo o inesaustivo della ontica
connotazione del primo in sé.
E’ naturale
allora che il problema della quantificazione gnoseologica del concetto
metafisico primo non solo condizioni il problema della sua qualificazione, ma
contenga pure come corollario e quindi come presupposto da risolversi il
problema della quantificazione cognitiva del predicato: il giudizio che ha a
suo soggetto
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