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infatti,
esso dovrebbe assicurare la contraddittorietà in sé a ciascuno dei suoi molti
qualitativi sulla base di una liceità simultanea ad avere una sola funzione e
più funzioni e la contraddittorietà in sé a ciascuna delle molte funzioni sulla
base di una liceità simultanea a correlarsi a uno solo qualitativo e a più
qualitativi, il che non è se l'ontico in sé è un divenire pel medio di più
qualitativi dotati ciascuno di una sola funzione ad esso peculiare e grazie a
più funzioni ciascuna delle quali correlate al suo qualitativo e ad esso solo;
donde segue che se per le dialettiche di condizione umana la nota formale della
differenza reciproca di due biffe, per diversità o per contrarietà che sia, ha
la sua ragione in un complesso dialettico che istituisce la contraddittorietà
dei due, così come la contraddittorietà di due ontici ha la sua ragione in
quella loro differenza per diversità o per contrarietà, sicché è lecito parlare
di una reciprocità del diverso-contrario e del contraddittorio, non sarà certo
lecito predicare all'intelligibilità dell'ontico in sé in quanto divenire
siffatta differenza la quale fondata com'è sul contraddittorio erige quella
struttura che è richiesta dalla contraddittorietà ma è da escludersi
nell'ontico in sé: che se il contrario-contraddittorio del differente è per le
dialettiche di condizione umana l'identico o sostituibile, la particolare
molteplicità dei qualitativi e delle funzioni di un divenire in quanto
escludente l'identità degli uni e delle altre, rimanda alla loro differenza e
quindi a quel suo convertibile che è la contraddittorietà reciproca, ma
l'illiceità entro la struttura dell'ontico in sé delle condizioni che la
pongono rimanda a uno squilibrio tra la modalità dell'ontico in sé cui consegue
la differenza delle sue qualità e delle sue funzioni e le modalità che le
dialettiche di condizione umana debbono accogliere per conservare alle qualità
e alle funzioni dell'ontico quella differenza che esse pure debbono avere in sé
e per sé con la conseguenza che sarà sempre lecito attribuire il diverso o il
contrario a un ontico che sia divenire in sé, ma alla condizione che si faccia
una netta distinzione fra quel che il diverso o il contrario, con le condizioni
strutturali che essi comportano, sono nell'ontico in sé e quel che sono,
assieme alle condizioni strutturali che son loro ragione, nelle dialettiche di
condizione umana: allo stesso modo che in una logica di tipo aristotelico,
fondante l'intelligibilità immanente con inautocoscienza nell'esperienza in
quanto molteplicità, il diverso e il contrario nell'intelligibile in quanto
ontico in sé non sono quel che sono nell'intelligibile di dialettiche di
condizione umana, in quanto la contraddittorietà che li fonda entrambi è per un
certo modo di ontità dei molti diversi e contrari che non è quello in cui gli
stessi molti sono degli ontici per siffatte dialettiche, così per una logica di
tipo hegeliano, fondante l'intelligibilità immanente con inautocoscienza in
un'esperienza come divenire, né diversità né contrarietà in sé sono quel che
sono per dialettiche di condizione umana data l'illiceità loro di assumere i
modi di cui li dotano queste dialettiche per pervenire alla loro
contraddittorietà da cui inferire entrambi in quel che sono, dei diversi e dei
contrari;il che non toglie dall'intelligibile in sé né il diverso né il
contrario altrimenti non avrebbe la liceità né della molteplicità né del
divenire, esclude solo che il diverso e il contrario in sé siano sostituibili
col diverso e il contrario del contraddittorio che è di condizione umana;
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in verità,
una volta assunta a segno dell'esclusione di certe dialettiche dalla sfera
dell'intelligibilità l'illiceità della loro forma in quanto spostamento
d'attenzione da un autocosciente a un altro secondo il modo detto della
contraddittorietà, non solo in una dottrina alla Aristotele ma anche in una
alla Hegel le dialettiche di condizione umana pervengono alla contraddittorietà
sulla base della costruzione artificiale di un ontico autocosciente le cui
denotanti hanno un'ontità e una funzione reciproca che non è e non ha la
liceità di esser predicata di un ontico in sé, e di tale costruzione si ha
bisogno per inferirne la contraddittorietà e insieme la diversità o contrarietà
delle due biffe, essendo la prima la manifestazione sul piano
dialettico-formale di quel che le seconde sono sul piano materiale
-qualitativo; con la conseguenza che quel diverso o contrario che, essendo sul
piano materiale-qualitativo, permane anche quando sian tolti quei modi formali
che sono illeciti per un'ontità in sé, trova in questi modi non la ragione di
se stesso ma il mezzo di giustapporsi all'autocoscienza e con ciò di farsi noto
ossia di essere per dialettiche di condizione umana, le quali sia nell'una che
nell'altra dottrina si valgono dei principi di ragione, e in particolare del
principio di contraddizione, da un lato come segno di impossibilità e
illegittimità e come ragione dell'esclusione dall'ontico in sé di quel che è
frutto di una costruzione dell'autocoscienza di condizione umana e
dall'autocoscienza del diritto di tale costruzione a porsi come principio di
dialettiche legittime, dall'altro come segno della legittimità dei rapporti in
cui si pongono reciprocamente i qualitativi assunti a materiali della
costruzione; perciò lo stesso uso del principio di contraddizione è
contraddittorio e non solo in una dottrina aristotelica, nella quale è posto a
fonte dell'ontica diversità qualitativa delle denotanti e forme immanenti in
una connotazione intelligibile e insieme a fonte dell'impossibilità di certi
rapporti in cui i diversi qualitativi entrano o hanno la liceità di entrare
quando si leghino all'autocoscienza di condizione umana, ma anche nella stessa
logica di Hegel, nella quale, quel principio, se veramente fosse, come si
pretende che sia, l'indice dell'ontico assoluto, dovrebbe rivelare sempre
l'ontità e legittimità delle forme che esso sussume, e non già ratificare il
nesso di contrarietà dei qualitativi e cassare ((??)) dall'ontico e
dall'autocosciente legittimo l'unità particolare del tutto entro la cui
connotazione soltanto gli autocoscienti si rivelano contraddittori e quindi
contrari; che se la contraddittorietà del tutto entro cui gli autocoscienti si
rivelano contraddittori e contrari è al tempo stesso illiceità del tutto ad
essere per un'autocoscienza e in sé, e se quindi la contraddittorietà si rivela
come un mero strumento pel quale la contrarietà sale all'autocoscienza, si deve
concludere che l'ontico in sé o inautocosciente o d'autocoscienza altra da
quella di condizione umana fonda la contrarietà dei qualitativi che lo denotano
su una ragione altra dalla contraddittorietà e che sul piano dell'ontico in sé
non solo il contraddittorio non è ragione del contrario ma non entra neppure in
rapporto con questo come quello che non è ontico; se poi per ontico in sé
s'intende un'ontità totale entro cui sono anche le dialettiche e gli ontici con
autocoscienza di condizione umana, il contraddittorio cessa di essere, in essa,
il principio
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