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Giordano Bruno Cavagna
(n. 1921 - m.1966)
Metaf. class. e metaf. cristiana

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  • Prot. 301 F2 - 350 F3
    • 310
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[pag 522 (310 F1 /2)]

che è principio della loro contrarietà senza la quale neppure sarebbero molti nell'uno del divenire; infatti, perché dei molti entrino come biffe di dialettiche intelligibili, è necessario che l'unità e unicità dell'intelligibile in genere sia atto a condizionare il qualitativo ma con una forza per dir così inferiore a quella con cui ogni qualitativo s'impone nella sua materia ai giochi dell'intelligibile entrandovi come dato di fatto empirico, imponendosi d'altra parte che quell'unità e unicità abbiano la stessa forza del qualitativo per riuscire ad estromettere dall'intelligibile una struttura contraddittoria; e con ciò si cade in quella dialettica degli assiomi, da cui Aristotele, ma non Platone, s'è salvaguardato con la sua definizione relativistica e fenomenistica del principio di contraddizione, perché il primo assioma dell'inequipollenza dei principi generali di intelligibilità viene interpretato alla luce e con alcune delle componenti dell'altro assioma contraddittorio dell'equipollenza degli stessi principi, e tale interpretazione deve ricevere se si vuole assicurare ai molti qualitativi la rispettiva intelligibilità, che è unità, unicità, identità di ciascuno in sé senza che i tre attributi elidano la pluralità per eterogenei del complesso dei qualitativi, e il secondo assioma deve trarre luce e modi dal primo, se si vuole che i molti siano eterogenei perché contraddittori, sicché, quando si parte da un punto di vista che è l'attenuazione o l'adattamento del canone parmenideo, l'intelligibilità del divenire non coinvolge necessariamente il contraddittorio, proprio perché tale adattamento consiste in una disequazione inserita tra le condizioni umane delle dialettiche autocoscienti e i modi in sé dell'intelligibile del divenire in sé, in cui i contrari sono coefficienti apodittici garantiti in tale loro forma non da una contraddittorietà intrinseca ma da quella contraddittorietà senza cui le dialettiche di condizione umana non ne farebbero proprie biffe, mentre, se il punto di vista diviene tout court il canone parmenideo, poiché per questo il contraddittorio non sussiste e neppure sussistono i contrari senza una loro contraddittorietà, la condizione umana delle nostre dialettiche equazionata con quella del divenire intelligibile in sé porta a una contraddittorietà che è sua legge ineliminabile; logiche come quella di Hegel si dibattono in questa oscillazione il cui riflesso è la contraddittorietà della simultanea accettazione e ripudio del contraddittorio; questo compromesso o piuttosto oscillamento acronico, fra l'assioma dell'inequipollenza dei principi formali dell'intelligibile e l'assioma della loro equipollenza, per il quale il criterio formale della non- contraddittorietà dell'intelligibile in generale cede dinanzi all'apodittica molteplicità per eterogeneità dei qualitativi che fan da materia delle forme entro le dialettiche e, con ciò, si pone in sottordine rispetto all'altro, che una certa materia o qualità deve pure essere attribuita all'autocosciente biffa di una dialettica, come quello la cui giurisdizione ne è limitata dal fatto che il qualitativo-materia patisce solo in parte la dipendenza funzionale dalla non-contraddittorietà mentre su di essa esercita la sua piena attività funzionale, e per il quale inoltre lo stesso criterio formale non tollera la limitazione delle sue funzioni  da parte delle modalità ontiche del qualitativo le quali devono subirne l'intera dipendenza funzionale


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[pag 523 (310 F2 /3)]

adattandosi o a uniformarsi entro un'omogeneità totale o ad accogliere come loro denotante, dotata dell'intera ontità assoluta di cui godono le altre, le contraddittorietà, e circoscrivendo la propria giurisdizione funzionale al mero fatto che l'intelligbile oltre ad essere un formale, ossia un intelligibile connotato dalle denotanti delle dialettiche di autocoscienza umana, dev'essere un connotato da una denotante che nessuna delle condizioni umane delle dialettiche offre, non è un modo primario delle nostre dialettiche, ma è piuttosto la conseguenza della scelta operata fra due nessi distinti entro cui è lecito correlare come biffe l'indipendenza funzionale del qualitativo in quanto tale dall'indipendenza funzionale del formale in quanto modo dell'intelligibilità autocosciente: una volta fatte di queste indipendenze funzionali altrettanti ontici di cui gli autocoscienti son sostituti-sostituibili, o si muove dalla costante problematicità della prima, ossia dalla vuotezza materiale del primo autocosciente e si pretende che in siffatto vuoto coli quanto di autocosciente è lecito inferire dalle dialettiche operabili sul secondo, sicché, in parole più semplici, la materia del primo sostituto-sostituibile sarebbe offerta dall'autocoscienza della materia del secondo, oppure si ammette che qualcosa di tale materia si dia immediatamente con autocoscienza senza necessità di inferirla da altro pel medio dell'esperienza, come sfera dei dati autocoscienti intuitivi fra i quali stanno non solo gli intuiti sensoriali ma anche quanto le dialettiche intelligibili costruite su questi sensoriali recano alla autocoscienza come dato immediato, e con tale presupposto il puro formale autocosciente diviene un principio di selezione, entro la notevole varietà degli autocoscienti dell'altra biffa, di quanto di intelligibili si ha la liceità di ritrovarvi e non un complesso di autocoscienti da trasferirsi in blocco entro l'altra biffa per costituirne la materia, eccezion fatta per quel che di qualitativo essa ha e non riceve da altro; mentre una logica alla Aristotele si situa in questa posizione di partenza senza concedere nulla all'altra tranne che nella biffa che si costruisce da sé in attesa di controllare la propria intelligibilità sulla materia dell'altra si ha il diritto di denotare con l'intelligibilità solo quelle porzioni che formalmente non contraddicono a nessuna delle porzioni della materia della seconda biffa, una logica alla Platone e alla Hegel tentano la sintesi delle due posizioni di partenza, con un diritto e con una congruenza od ossequio di quanto essi fanno con le porzioni della materia di quell'intelligibilità formale pura che persistono a non gettare in un ruolo di secondo rango, di ((cui)) è poi loro compito dimostrare l'ontità e la sussistenza; //

tuttavia in tutte queste logiche vi è una comune pretesa, che l'intelligibilità sia un ontico autocosciente che trova la ragione di sé e di ciò in cui la disarticolazione della sua connotazione lo scioglie da un lato nella complessità delle qualità pure che le dialettiche condotte sull'aspetto puramente formale di tutte le dialettiche intelligibili e privilegiate dotano di autocoscienza, ossia nella serie di tutti gli attributi formali puri di un'intelligibilità in generale, dall'altro nel fatto che questi attributi sono ritrovati nelle stesse dialettiche intelligibili e privilegiate in quanto costituite da una materia paziente della loro forma




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