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di totalità
infinito-numerabile che esso riceve tutt'al più da un aposteriori; che se poi
la stessa formulazione è riguardata dal punto di vista delle comprensioni e con
ciò cerca di evitare quell'identità con la prima formulazione cui ((??che??))la
sua sistemazione sul piano delle estensioni gli assegna, l'illiceità non vien
meno, dal momento che l'immanenza di un ontico autocosciente entro le
connotazioni di una totalità di autocoscienti, a loro volta denotanti le
connotazioni di una totalità di autocoscienti altri da quello e da questi, ha
la liceità di pretendere di esser denotante di tutte le connotazioni di questi
ultimi alla condizione però che sia dato come principio-ragione di questa
pretesa almeno una dialettica dialettificata secondo una forma di sostituibilità-identità
con l'unità di porzioni come autocosciente uno ed unico erigibile a sua volta a
biffa di almeno una dialettica a sua volta dialettificata secondo la stessa
forma con l'ulteriore unità di porzioni dialettificabile ancora secondo la stessa
forma con una serie di ontici autocoscienti la cui totalità è aposteriori e non
apriori; e così siamo portati alla quarta formulazione, la kantiana, del dictum
de omni, che già abbiamo con altro discorso legittimata nella sua verità e
validità: anche per le pretese di questa formula a descrivere la serie degli
spostamenti d'attenzione la cui struttura formale chiamiamo dictum de omni, c'è
un'invalidità che tuttavia non è quella di chi pretende confutarla partendo dal
punto di vista dell'estensione; il dictum alla Kant situatosi rigidamente dal
punto di vista della comprensione ne riduce la struttura formale da un lato al
gioco di tre spostamenti d'attenzione, l'uno dei quali, quello che instaura un
rapporto di predicazione, ossia di immanenza ossia di identità-sostituibilità,
di un ontico autocosciente in quanto assoluto con un ontico autocosciente in
quanto porzione-denotante di una totalità autocosciente disarticolata assunta
di fatto o per diritto e per fatto come un'unità-unificazione che non è porzione
di null'altro (,) dall'altro alla funzione di ragione di questo spostamento
acquistata dal secondo dei tre in quanto spostamento d'attenzione con a forma
la sostituibilità da un autocosciente assunto come assoluto allo stesso
autocosciente in quanto porzione-denotante un autocosciente che è una totalità
disarticolata-unificata e dal terzo dei tre in quanto spostamento d'attenzione
della stessa forma da questo autocosciente, che è totalità-unificazione, come
assoluto allo stesso autocosciente in quanto porzione-denotante della totalità
autocosciente disarticolata -unificata di cui il primo spostamento si è valso
come connotazione a cui la sua biffa è un immanente; ora, la pretesa che nella
dialettica dal secondo al terzo spostamento vi sia l'aporia di un autocosciente
che è distribuito in quello e non in questo, e quindi il paralogismo da un lato
di arricchire, nel secondo spostamento, di autocoscienza hic et nunc un ontico
che è una serie totale di autocoscienti in cui la biffa comune ((dei)) due
spostamenti si unifica in nessi con una totalità di denotanti eterogenee che ne
arricchiscono la qualificazione di una molteplicità di eterogenei modi e
funzioni, dall'altro di arricchire, nel terzo spostamento, di autocoscienza hic
et nunc lo stesso ontico ridotto però a una porzione solo di quella serie
totale e quindi ricco di quelle qualificazioni che gli provengono solo dalle
modalità e funzioni spettantigli entro questa funzione,
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è tutta
fondata sul principio che là dove c’è predicazione ci sia sempre e solo una
dialettica di sussunzione di una serie totale di autocoscienti sotto un
autocosciente solo di un’altra serie di autocoscienti e che per questa
sussunzione vi sia la perfetta univocità fra la parzialità con cui l’autocosciente
sussumente si pone rispetto al tutto della sua serie e la parzialità con cui la
totale serie sussunta sotto il sussumente si pone rispetto allo stesso tutto di
cui il sussumente è parte; questa pretesa confutazione è una vera e propria
ignorantia elenchi; la formula alla Kant del dictum prende a principio la forma
di un ontico ontico in generale come unità assoluta disarticolabile in porzioni
che a loro volta han la stessa forma e prescinde dalla liceità di ridurre a
totalità unificate in serie sia i complessi di unità che i complessi di
porzioni e dalle condizioni in funzione delle quali la liceità si fa atto, e,
una volta posta siffatta forma, sottrae all’autocoscienza e quindi alla
concentrazione d’attenzione e agli spostamenti che ne conseguono i nessi
relazionali e le correlate funzioni insorgenti all’autocoscienza pel medio
delle dialettiche di unificazione asintotiche rispetto all’unità originaria
disarticolata, con la conseguenza che alle dialettiche vien concessa la liceità
di trattare le molte e successive disarticolazioni per quel che sono, ossia per
delle discrezioni di assoluti, ciascuno dei quali è una nota ossia una porzione
immanente entro una disarticolazione discreta la quale a sua volta ha la
liceità di essere nota o immanente di un’altra disarticolazione discreta a
membri più numerosi delle precedenti, col che non si elude, ammesso che sulla
base di una teoria empiristico-fenomenica ciò sia lecito, una successiva
operazione di dialettiche che, nell’atto in cui procedono all’unificazione asintotica
dell’unità ridonino alle singole porzioni disarticolate quella ricchezza di
modalità qualificatrice e di attività funzionali lasciata inautocosciente dalla
precedente operazione, la quale tuttavia si pone come ragion sufficiente della
liceità della seconda;
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la forma del
dictum alla Kant tende a precisare puntualmente l’ordine diacronico e logico in
cui i complessi dialettici debbono distinguersi e succedersi onde risulti la
verità e validità formali degli autocoscienti che da essi conseguono, e in
siffatto ordine distingue un complesso dialettico primario con cui l’unità
totale e semplice di un ontico autocosciente vien disarticolato nei suoi
materiali elementari e la cui struttura formale prende corpo nella formula del
dictum, da un complesso dialettico secondario con cui la disarticolazione del
tutto uno e semplice nei suoi elementi l’un l’altro rapportati in quanto
assoluti discreti patisce un’unificazione che dota ciascun elemento delle
denotanti che in esso debbon esser pur presenti onde la rapportazione si faccia
quel qualcosa di più che una mera giustapposizione che è l’unità semplice del
tutto; ma, anche se con questo approfondimento della sua analisi il dictum
s’accosta ai dati di fatto delle ontiche congregazioni di dialettiche
d’autocoscienza di condizione, anche se con quel suo rifarsi alla cosa - nota
notae est nota rei ipsius - c’è l’autocoscienza della dialettica prima una
delle cui biffe non è lecito sia un autocosciente in generale ma deve essere
quell’autocosciente che è illecito sia identificato con un autocosciente che
sia porzione di un altro e che, con ciò, deve costantemente coincidere con
un’unificazione di intuiti o con qualcosa che è entro una di queste
unificazioni, la formula alla Kant non adegua nella sua descrizione l’ontico
cui si giustappone, in funzione di connotante, un’autocoscienza hic et nunc
come a un aggregato unificato di dialettiche che in quanto dialettica di
dialettiche erige se stesso al’autocoscienza, e di questa discordanza son segni
1) che la formula limita la sua portata al sillogismo quasi fosse l’unica
dialettica la cui struttura formale il dictum è tenuto a tradurre in formula,
2) che gli ontici autocoscienti, di cui si tien conto come quelli le cui forme
sono gli autocoscienti che entrano come biffe delle dialettiche della formula,
sono note ossia biffe di dialettiche e non dialettiche, ossia che a principi
dalla cui forma si deve muovere per articolare le dialettiche formali della
formula, sono le biffe delle dialettiche e non le dialettiche stesse, 3) che la
“res” della cui forma ci si vale come principio e fondamento delle dialettiche
formali della formula è un ontico autocosciente primo e non medio, con la
conseguenza che al(la) formula alla Kant sfugge una larga parte dei giochi
dialettici, e precisamente la costruzione delle dialettiche entro i limiti di
ciascuna delle unificazioni di intuiti di un complesso di intuiti simultanei o
di una successione di questi complessi, la dialettica di sostituibilità
-identità assumente a due a due in funzione di proprie biffe la serie di quelle
dialettiche operate nelle unificazioni di intuiti, la dialettica di
sostituibilità-identità assumente in funzione di biffe sia a due a due le
porzioni di intuiti su cui s’operano le dialettiche sostituibili-identiche sia
a due a due le unificazioni o aggregazioni di tali porzioni, la erezione ad
ontico autocosciente assoluto e in sé di una di queste unificazioni di porzioni
e la conseguente dialettica di sotituzione-identità che connette siffatta
unificazione di porzioni in quanto autocosciente assoluto, trattato come unità,
con la serie delle dialettiche operabili su di esso, e infine tutte le
dialettiche che legittimamente conseguono da quest’ultima o rimanendo sul suo
stesso piano, ossia ricollegandosi pel medio di nessi di sostituzione-identità
alla dialettica in cui il gruppo originario di dialettiche operate entro
l’intuito son fatte sostituibili all’unificazione-unità delle porzioni
dialettificabili, o componendo quest’ultimo piano con quello del complesso o
dei complessi di intuiti, ossia prendendo a proprie biffe dialettiche o biffe
di dialettiche operate su porzioni che sono intuiti e dialettiche o biffe di
dialettiche operate in quanto sostituibili o all’unità -unificazione delle porzioni-intuiti
o a dialettiche sostituibili a questa, o situandosi sul piano dell’intuito,
ossia prendendo a proprie biffe o dialettiche su intuiti o intuiti e facendo
propria ragione-principio una o più dialettiche di quelle dell’altro piano;
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