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attraverso Cartesio che col rendere innata l'idea di soggetto assegna
al cogito, che è pur sempre una dialettica anche se si accetta che non sia un
sillogismo, il primato rispetto all'autocoscienza o esplicitazione dei principi
logici e rispetto a tutte le dialettiche, attraverso Locke, che, mentre
attribuisce alla coscienza un'originaria e innata attitudine al confrontare,
deve pure ammettere che siffatta attitudine sia in sé sotto il segno
dell'intelligibilità, sia cioè assieme a principi logici, e insieme che solo da
una dialettica formale-materiale s'origini da un lato la nozione che è poi
dialettica formale pura del principio
d'identità e qualsiasi altra dialettica, giunge sino a Hume, il quale, mentre,
attribuendo al soggetto empirico l'inautocosciente azione dell'associare, se
non intelligibile almeno orientata all'intelligibilità in forza della liceità
di ripetersi con costanza e uniformità, ricalca il presupposto che senza la
prenozione di un intelligibile non si dà dialettica, in quanto l'autocosciente
dialettica operata sul binario dell'associazione è al tempo stesso
intelligibile, di quell'intelligibilità che è orientamento all'intelligibilità,
ogniqualvolta è momento di una serie in ripetizione, deve pure ammettere che il
concetto di intelligibile puro, ossia la dialettica della causalità operata tra
due biffe l'una delle quali è un fenomenico variabile e necessariamente
antecedente e l'altra un fenomenico pure variabile ma necessariamente
susseguente, si faccia autocosciente solo pel medio di una dialettica
formalmente identica in cui però il posto dei due variabili è preso da due
fenomenici definiti; le due questioni della genesi di una dialettica in
generale e della genesi di una dialettica intelligibile pura non si ha il
diritto di trattarle come due aspetti o momenti di un unico problema, a meno che non si dimostri che dovunque c'è
dialettica autocosciente ivi c'è anche un'oggettività di relazione, ossia un
nesso formale-funzionale che vincola i qualitativi di due autocoscienti in
assoluto e fuori da ogni spostamento d'attenzione dall'uno all'altro, sicché a
questo non resterebbe che ricalcare il nesso come un binario già dato e
attraverso ciò elevarlo all'auto-coscienza facendone una forma di
quell'autocosciente che è la dialettica, e a meno che non si dimostri che
alcune di quelle relazioni oggettive o tutte sono intelligibili ossia denotate
dalle note di una forma autocosciente intelligibile; si tratta tuttavia di
vedere se, anche quando si sian date queste dimostrazioni, si riesca a far
derivare la capacità a spostarsi dell'attenzione dall'oggettivo nesso
relazionale: ora, questo non pare dimostrabile perché, anche ammesso che due
ontici autocoscienti, irrelati in quanto autocoscienti, siano connessi da una
qualsivoglia relazione reciproca indipendente dall'autocoscienza che è lecito
ma non necessario le si giustapponga come denotante, non si vede come questa
relazione riesca ad agire in quanto inautocosciente sull'attenzione
sollecitandola a spostarsi dall'uno all'altro degli autocoscienti e tanto meno
come riesca a montare in seno all'attenzione un meccanismo di spostamento che è
funzionante anche in assenza di relazioni oggettive tra autocoscienti e riesce
a elevare all'autocoscienza forme che non sono degli autocoscienti termini
dello spostamento; un inautocosciente non è certo capace di entrare in rapporto
con una funzione, l'attenzione con la sua concentrazione, la quale pare
correlata solo a un ontico denotato dall'autocoscienza,
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e, d'altra parte, non riuscirà mai ad imprimere un nuovo modo ontico
capace di sussistere indipendentemente da chi l'ha montato; inoltre, dovrebbe
esserci una perfetta simmetria tra il complesso costituito dagli autocoscienti
collegati dalla relazione oggettiva inautocosciente e il complesso dialettico
in cui le biffe son gli autocoscienti, la forma è la relazione e lo spostamento
d'attenzione l'elevatore all'autocoscienza dell'intero complesso con le sue
componenti, e la simmetria non c'è, se non altro perché la relazione oggettiva
inautocosciente stabilisce un nesso di simultaneità acronica entro gli
autocoscienti, nesso che nel complesso dialettico manca in quanto lo
spostamento d'attenzione cassa necessariamente la sincronia per sostituirle una
diacronia o successione di autocoscienza dell'una biffa all'altra; per questo,
se non si muove dall'innatezza della funzione di spostamento dell'attenzione,
comunque poi la si giustifichi, non si rende ragione delle dialettiche, donde
segue da un lato che una sfera di autocoscienti non ha affatto bisogno di
albergare in sé delle dialettiche intelligibili come condizione necessaria per
accogliere delle dialettiche in generale, tant'è vero che è dato immediato di
riflessione la liceità che ci è data di dialettificare ad arbitrio
autocoscienti intuiti fenomenici elevando all'autocoscienza loro forme che debbon
poi esser riconosciute prive di verità e validità materiali, dall'altro che
l'indipendenza di uno spostamento d'attenzione in generale da forme oggettive
intelligibili e da una loro autocoscienza risulta fuori dalla soluzione della
questione della genesi delle dialettiche intelligibili pure e non costituisce
quindi con tale questione una faccia di un solo problema; se si vuole intendere
una dialettica autocosciente in generale, non resta che muovere
dall'autocoscienza, dall'attenzione, dai modi di questa, la concentrazione e lo
spostamento, come da dati primi elementari i quali per entrare
nell'autocoscienza non hanno affatto bisogno di essere diacronicamente
preceduti da un complesso di autocoscienti, irrelati e rimasti, per un periodo
di tempo breve a piacere, estranei alla funzione di biffe di uno spostamento
d'attenzione, dentro il quale immanga inautocosciente un nesso relazionale
destinato a rallentare lo spostamento, ma entrano nell'autocoscienza solo pel
tramite di una loro messa in opera capace sì di elevare all'autocoscienza un
nesso relazionale oggettivo inautocosciente entro gli autocoscienti
dialettificati, ma atta anche a darsi in assenza di esso, e comunque
incondizionata nella ontità e modalità ontiche dei suoi componenti dal nesso
stesso; quando Hume parla dei nessi associativi, si pone la questione se queste
associazioni siano qualcosa d'altro dallo spostamento d'attenzione che è il
motore della dialettica autocosciente che le eleva all'autocoscienza come forme
del fenomenico o faccian tutt'uno con esso o meglio con il suo darsi
autocosciente in simultaneità con le forme autocoscienti colleganti i
fenomenici e costituenti le modalità diverse del nesso associativo; alcune
considerazioni, che il nesso di simiglianza non è se non il rilievo che
l'oggettiva similarità di due fenomenici acquista quando lo spostamento
d'attenzione li utilizza a sue biffe, che nulla di costante e di uniforme è nei
nessi associativi i quali patiscono dell'intelligibilità che è dell'arbitrario
spostamento d'attenzione, lascian pensare a un'identità dei due, ma altre
considerazioni,
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