- 596 -
[pag 596 (332 F4 /333 F1)]
d'altra parte, la stessa modalità è la descrizione di un momento di
tutte le dialettiche di predicazione le quali, indipendentemente dal
qualitativo delle biffe che utilizzano e indipendentemente dalla qualificazione
della forma e della funzione secondo cui l'autocosciente predicato è unificato
alla totalità indivisa-divisa dell'autocosciente soggetto, son tenute a
distinguere il primo come un in sé, assoluto e irrelato, dal secondo come un
individuo disarticolato e disarticolabile e quindi pluralizzato in una
moltitudine di autocoscienti relati, e poi a procedere all'unificazione dei due
distinti pel medio dell'identità e perciò sostituibilità di quello a uno degli
autocoscienti relati di questo, con la conseguenza che la descrizione data
dalla modalità formale generica del dictum non è che una dialettica di
predicazione in quanto rapporto di sostituibilità di un autocosciente discreto
ed assoluto, la nostra modalità formale generica, a uno degli autocoscienti
disarticolati in cui l'individualità di una dialettica di predicazione si
disgrega, senza tuttavia quella deficienza di cui questa patisce, perché la
ragion sufficiente della verità e validità della forma di sostituibilità per
ottener la quale un rapporto di predicazione è tenuto ad appellarsi a
dialettiche altre da se stessa, è qui fornita simultaneamente in forza del
fatto che la modalità formale generica predicata alla dialettica di
predicazione è autocosciente assieme all'autocoscienza della sua evinzione
dalla individualità disgregata della dialettica di predicazione stessa; e sotto
questo punto di vista la definizione del dictum si pone ancora come un assioma,
con l'unica differenza che il dictum pretende qui di godere di assiomaticità al
difuori di una verifica di questa sua pretesa, al di fuori cioè del controllo della
sua sostituibilità a uno dei disarticolati di ogni dialettica di predicazione,
verifica e controllo illeciti per esclusione di autocoscienza da tutti i
rapporti di predicazione ontici e problematici, sicché per legittimare la
pretesa non gli resta che assumere a suo principio l'immutabilità ossia
l'intelligibilità formale di tutti gli ontici autocoscienti che sono forme con
un contenuto materiale meramente formale e quindi quell'inalterabilità del
razionale in quanto formale che nessuna dialettica esclude pena l'impossibilità
di un discorso qualsiasi vero e valido materialmente e formalmente
[[Nota a matita dell'autore:”importante: dimostro come la
teoria degli assiomi moderna non si differenzi in molto dall'antica”]] e che
neppure l'altro modo di assiomaticità di cui il dictum si riveste esclude, dal
momento che, se è vero che la funzione di principio e quindi di assioma che un
autocosciente assume quando non è contraddittorio e quando è affermato, senza
ragion sufficiente, come assioma e quindi come ragione, nella sua interezza,
della sua interezza, non esclude l'esclusione di siffatta funzione da questo
autocosciente e l'assunzione di un altro autocosciente nelle stesse funzioni
purchè queste, ancora senza ragion sufficiente, gli siano attribuite grazie
alla sua non-contraddittorietà, è altrettanto vero che la ragione di siffatta
assunzione di un assioma, ossia l'assenza di ragioni di un'assiomaticità
oggettiva ed assoluta di questo, è valida per tutti gli autocoscienti che han
la liceità di esser principi all'infuori di quelli razionali formali perché per
questi non è data l'esclusione della funzione di assioma e la trasposizione
della stessa funzione ad altro, pena l'impossibilità di unità nella sfera degli
autocoscienti;
|