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di una sua
assoluta apriorità, con la conseguenza che, se da un lato si è offerto la più
piena delle tranquillità nella sussunzione delle relazioni materiali sotto
l'intelligibile, si è poi tolto ogni mezzo per giustificare l'ontità
autocosciente di relazioni materiali insussumibili sotto l'intelligibile,
oppure che nello sforzo di montare un'intelligibilità che fosse di diritto e di
fatto sussumente qualsivoglia rapporto materiale, è venuto a trovarsi dinanzi a
degli intelligibili formali puri che da un lato dovevano distorcersi essi o
distorcere i principi primi dell'intelligibilità pura per sussumersi sotto di
questa e dall'altro dovevano distorcere alcuni degli stessi rapporti materiali
per riuscire a sussumerli tutti sotto gli intelligibili; d'altra parte ho
notato che, a guardare ben in fondo le cose, il pensiero di condizione umana
che pretende montare una gerarchia di intelligibili formali puri a priori che
dovrebbero per dir così essere assoluti dai rapporti materiali, di fatto
riempie i singoli intelligibili e li annoda tra loro con ontici autocoscienti
la cui falsariga è l'insieme dei rapporti materiali senza la cui autocoscienza
non riesco a vedere come sarebbe riuscito a montare il tutto; e infine ho
notato che, una volta resosi conto sia di quel circolo vizioso del rapporto
materiale che pretende mutuare l'intelligibilità dell'intero suo corpo da
quella di alcune sue componenti o connotanti con un evidente o diallelo o
paralogismo in quanto siffatte componenti sono quel che sono in funzione del
tutto cui appartengono, sia del fatto che, anche non tenendo conto del circolo,
resta pur sempre la difficoltà di inferire dai rapporti materiali il canone di
una loro classificazione in intelligibili e inintelligbili, il pensiero di
condizione umana è portato al paradosso di negare autocoscienza a qualsivoglia
rapporto intelligibile formale puro al quale però contemporaneamente deve pure
attribuire autocoscienza da un lato per predicare inintelligibilità ai rapporti
materiali attraverso la negazione di una loro sussumibilità sotto un
qualsivoglia rapporto formale intelligibile puro che deve pure essere un
autocosciente, dall'altro per montare tutto il discorso che è un continuo
appello a intelligibili formali puri che se non altro siano falsarighe per la
legittimità della successione degli spostamenti d'attenzione che lo
costituiscono e che sono, almeno in buona parte, rapporti tra materiali; ho
concluso quindi che negare l'apriorità degli intelligibili puri è impossibile,
ma che d'altra parte si tratta di stabilire che cosa debbe intendersi per
questa apriorità e per questi intelligibili puri cui dev'essere predicata:
valersi della teoria di una immutabile particolarità e contingenza del
fenomenico per porre l'apriorità dell'intelligibile in quanto tale nella sua
materia e nella sua forma significa condannarsi, come capita a Kant nel suo
ragionamento intorno ai giudizi percettivi e ai giudizi d'esperienza, a una
contraddizione perché prima o poi bisogna rassegnarsi ad immettere
l'intelligibile nel fenomenico se si vuole che l'intelligibile valga anche per
l'esperienza; valersi della stessa teoria per negare all'intelligibile non solo
l'apriorità ma anche l'esistenza significa contraddirsi se non altro perché
dell'intelligibile si deve pure avere un qualche concetto per negarlo e questo
concetto sarà se si vuole un generico di genericità indeterminata quanto si
voglia, ma sarà pur sempre un ontico autocosciente sotto cui si sussume,
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con tutta
l'erroneità che si vuole, questo o quello degli ontici autocoscienti
particolari, e vuol dire finire per reintrodurre quell'apriorità
dell'intelligibile che si è voluto escludere, se non altro per garantire verità
e validità formali e materiali al discorso che fonda come un intelligbile, e
non si pensi che questo sia un gioco di parole, la particolarità e contingenza
immutabili dell'esperienza; d'altro canto, infine fare del fenomenico un
intelligbile confuso od ottenebrato o una deformazione dell'intelligibile per
assegnare all'intelligibilità un' apriorità senza ledere una certa congruenza
tra la sfera degli autocoscienti intelligibili e la sfera degli autocoscienti
fenomenici, così come fa il platonismo di un Platone di un Leibniz di uno
Spinoza, significa ricadere nella contraddizione kantiana di due ontici che da
un lato non è lecito si identifichino e dall'altro hanno il diritto di
identificarsi, senza tener conto del fatto che non si vede, in questo caso,
come la coscienza riesca a giungere all'autocoscienza di intelligibili
materiali e formali senza muovere in alcun modo dall'esperienza la quale quindi
deve pure intervenire come suggeritrice o avviatrice dell'intelligibile e deve
pure avere una qualche parentela con esso, parentela che ridotta ai concetti o
di somiglianza o di ottenebramento risulta un ontico autocosciente alquanto
promiscuo valido a giustificare molto meno la natura di questa parentela che il
dato di fatto dell'impossibilità del fenomenico ad essere principio di un suo
eterogeneo e insieme la necessità dello stesso fenomenico ad esserlo; infine
l'immanenza nel fenomenico dell'intelligibile materiale e formale allo stato di
potenza destinato a tradursi in atto entro il fenomenico stesso, nel qual caso
l'acquisizione dell'intelligibile è un 'astrazione di esso dall'altro, o a
tradursi in atto fuori dal fenomenico nella sfera degli intelligibili stessi
secondo un processo che nessuna teoria riesce a rendere intelligibile in tutte
le sue fasi, senza tener conto della difficoltà in cui cade di non riuscire a
rendere conto dell'errore, cade nella contraddizione solita di Kant di adunare
nel fenomenico sia la particolarità e contingenza sia l'intelligibilità e
insieme di privare lo stesso fenomenico dell'intelligibilità, anche se crede di
evitarla con quella denotante della potenzialità la quale in sé non è
l'attitudine a questo o a quello degli intelligibili, ma all'intelligibilità in
generale e quindi non si vede in che modo riesca a determinarsi di per sé in
quell'intelligibile che poi sarà enucleato dal fenomenico, a meno che non si
voglia attribuire siffatta capacità alle strutture qualitative del fenomenico
stesso, nel qual caso queste o hanno in sé dell'intelligibile e allora la loro
intelligibilità è attuale o l'intelligibile lo hanno solo in potenza, e allora
non riescono ad essere motore di nulla, tanto meno dell'intervento di
un'intelligibilità determinata; io penso che una teoria dell'intelligibile e
della sua genesi e quindi della sua natura debba esser montata da principi che
nella maggior misura lecita tendano a coincidere con ontici autocoscienti e a
discostarsi da una trasvalutazione interpretativa degli stessi ontici provocata
da un appello alla stessa teoria surrettiziamente anteposta alla presa di
contatto con gli ontici autocoscienti stessi; io penso che si debba partire dal
fatto che un intelligibile materiale e formale è tale non solo quando è data la
liceità di una predicazione ad esso di quei qualsivogliano attributi
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