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l'intelligibilità pura prima in generale; che se le cose stanno così, si pone
allora la questione di stabilire se questa sussunzione sia criterio sufficiente
per la legittimità dei principi formali della matematica, il che non pare dal
momento che se non altro la materia di siffatti principi è venuta mutando nel
tempo pur conservando inalterata la sua uniforme sussunzione sotto gli
attributi formali puri generici, sicché delle due l'una o la matematica fonda
la legittimità dei suoi principi esclusivamente su questa sussunzione e allora
non riesce a render ragione né della materia dei suoi principi formali di
legittimità né del suo modificarsi oppure la matematica si rifà agli
intelligibili che vengon sussunti sotto i suoi principi e da essi deduce la
materia determinata che diverrà poi la forma legittimante i sussunti
ogniqualvolta che vi risulta immanente, e allora delle due l'una o si rassegna
al circolo vizioso o legittima per altra strada gli stessi sussunti ricorrendo
a un qualsivoglia rapporto loro con un qualsivoglia ontico che si sussuma sotto
di loro e che sia al tempo stesso da trattarsi come un ontico in sé, il quale
ultimo modo che mi pare l'unico legittimo, non necessariamente è tenuto a
identificare l'ontico in sé con l'ontico fenomenico, ma è pur sempre principio
dell'ontità apodittica di una legittimità dell'intelligibile non dalla sola sua
sussunzione sotto il formale puro, ma anche dalla sua predicazione ad un
autocosciente in genere che sia assunto come ontico in sé; infine, per quanto
io passi in rassegna tutte le teorie della conoscenza, non ne trovo nessuna che
legittimi i suoi concetti dalla mera loro deduzione dall'intelligibilità
formale pura, se non alla condizione di porre a presupposto che tali suoi
concetti siano gli unici che un pensiero di condizione umana alberga, posta la
materia delle denotanti materiali che li connotano, il qual presupposto, a
parte che non è un apodittico ma un postulato, surrettiziamente reintroduce
quell'istanza che un concetto è legittimamente intelligibile anche quando è
verificato da un ontico in sé, giacché l'univocità di un'intelligibilità entro
un certo amalgama di materiali è la stessa cosa dell'intelligibilità in sé di
siffatto materiale in sé, la quale in tal modo si fa soggetto di
quell'intelligibile che è tale in quanto denotato univocamente dagli attributi
di intelligibilità formale pura e in quanto univocamente denotante tale
materia; la questione dell'inferenza della verità e validità materiali di un
ontico autocosciente intelligibile dalla sua funzione di biffa di catene
dialettiche cui la legittimità viene attribuita sulla base della loro natura
formale di meri autocoscienti, non è né un corollario né una conseguenza della
precedente, perché siffatta inferenza nei confronti dell'inferenza della
legittimità di un autocosciente intelligibile dalla mera predicazione ad esso
degli attributi dell'intelligibilità formale pura non è qualcosa che si ponga
come un suo aspetto concomitante o come un suo derivato, ma avrebbe il diritto
di porsi come suo principio o ragione sufficiente; ma, a parte questo, si
tratta di vedere se l'immanenza di un ontico autocosciente in una serie di
dialettiche legittime nella loro materia e nella loro forma sulla base della
mera legittimità della giustapposizione ad esse dell'autocoscienza sia ragione
sufficiente della predicazione ad esso degli attributi di intelligibilità
formale pura e se questa a sua volta sia ragione della predicazione
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