- 679 -
[pag 679 (359 F1 /2)]
a meno che
non si voglia cadere nei circoli viziosi in cui ogni trascendentalismo finisce
per cadere, in questo caso siamo sempre tenuti ad attribuire un duplice
significato alla problematicità e a distinguere tra la problematicità del non
-immaginario, che sarà liceità ad essere o a non essere e ad essere nel modo in
cui o in altro modo in funzione di una liceità a porre o no con autocoscienza
che è del pensiero di condizione umana e di cui ci siam arrogati il diritto di
denotare con autocoscienza l'ontità, ma non le modalità e le ragioni, e la
problematicità dell'immaginario, la quale è una contingenza in sé ma una
necessità quando sia relazionata ai principi che l'hanno originata e la cui
ontità e modalità e funzioni son tutti ontici autocoscienti; con la conseguenza
che la problematicità del non-immaginario è la contingenza in assoluto degli ontici
autocoscienti, non essendo fornito alle dialettiche nessun loro principio che
sia un autocosciente a connotazione tanto sufficientemente denotata da
consentire l'inferenza della loro ontità dalla loro ragion d'essere e delle
loro modalità da quelle della loro ragione d'essere, mentre la problematicità
di un immaginario è la contingenza relativa di autocoscienti di cui sempre è
fornita con autocoscienza la connotazione del loro principio tanto
sufficientemente articolata da consentire di argomentare la loro ontità con
tutti i suoi modi dalla loro ragion d'essere totalmente nota; e questa
problematicità relativa di immaginari consente anzitutto di fare della
problematicità in generale un loro attributo costante e ineliminabile come
quella che è da inferirsi dalla loro ragion d'essere che è sempre un atto
autocosciente di costruzione e quindi un assolutamente in funzione dei modi
d'essere del pensiero di condizione umana, a differenza dell'altra che, avendo
a sua ragion d'essere un ontico, l'attività costruttrice in generale del
pensiero di condizione umana che è in definitiva un ignoto e a ben guardare
esso stesso un immaginario, ha la liceità di pretendere di farsi attributo
costante alla condizione però che tale pretesa e la predicazione su di essa fondata
siano esse pure dei problematici, in secondo luogo di articolare questa
problematicità in generale in due direzioni col farne un problematico generico
assoluto, che condanna l'immaginario cui è predicato all'estraneità da
qualunque dialettica pena la falsità e invalidità materiale e formale di
questa, nel caso che la ragion sufficiente dell'immaginario sia un impulso
affettivo o morboso o poetico, comunque appartenente alla sfera degli
assolutamente divenienti tra gli autocoscienti costitutivi del pensiero di
condizione umana, o col farne un problematico generico relativo, che concede
all'immaginario cui è predicato di entrare in dialettiche che saran pervase
della stessa problematicità ma non saranno apriori false e invalide nella
materia e nella forma, nel caso che la ragion sufficiente sia costituita dalla
necessaria istanza che si leva da una molteplicità di autocoscienti
non-immaginari che dall'immaginario s'attende il completamento delle sue
deficienze o il superamento delle sue aporie o la fornitura di strumenti
offrenti la conoscenza di quel che ha di ignoto o la costruzione di dialettiche
elidenti quanto rinserra((??)) di discontinuo;
- 680 -
[pag.
680 (359 F2 / 3)]
l'altra
ragion sufficiente del suo essere per un pensiero un ontico autocosciente la
ritrova nella propria identità immediata o mediata con un ontico
inautocosciente o privo dell'autocoscienza che è sua denotante per il pensiero
che ne indaga le ragioni dell'essere; chiamiamo questa modalità di un ontico
autocosciente, che è insieme ragion sufficiente del suo essere con l'atto di
autocoscienza di un pensiero che ne fa punto d'applicazione di un 'attenzione
concentrata, autocrazia cognitiva e non o datità o oggettività o assolutezza,
parole che o sono ambigue o deformano quel che indicano o valgono anche per
altro; anche se pare difficile definirla fuori dalle condizioni umane in cui
siffatti ontici vengono a trovarsi, vale la pena di cercare quali denotanti
siffatta autocrazia comprende che costituiscano quel che di intelligibile c'è in
essa con esclusione di valutazioni dovute o alle condizioni pragmatiche che pur
son parte delle condizioni umane in genere del nostro pensiero o ai punti di
vista che teorie varie offrono; un ontico autocosciente autocratico ha come suo
aspetto immediato e primo quello di coincidere con un ontico che condizioni
varie inducono a giudicare come un in sé o autocosciente o inautocosciente, il
che è quanto ci capita quando sentiamo o un cosiddetto oggetto della natura o
un nostro stato di coscienza; qui l'ontico autocosciente fa tutt'uno con
l'ontico in sé che dovrebbe rappresentare e, se per esso parliamo di
coincidenza e quindi di una unicità del rappresentato col rappresentante, è
perché simultaneamente nell'ontico autocosciente son date la nota della sua funzione
di riproduttore e quella dell'impossibilità di scindere quel che in esso è dato
in quanto riproducente da quel che esso dovrebbe riprodurre; è evidente che il
modo primo di un ontico autocosciente autocratico è quello non già di darsi
come un riproducente ma come un unico col riprodotto, perché nessuno che
accolga con autocoscienza siffatto ontico come sua prima operazione compie
quella di distinguere in esso la riproduzione dal riprodotto; occorrono
successive operazioni e in particolare successive dialettiche con altri ontici
autocoscienti perché questa dstinzione entri in noi, occorre cioè che si dia
con autocoscienza lo stesso ontico in quanto rapportato con autocoscienti che
son altri da quelli con cui è entrato in rapporto la prima volta; e questo, che
di solito è chiamato atto dell'immaginare o del rievocare, non necessariamente
consiste in un indebolimento o appannatura o annebbiamento o astenia
dell'autocosciente, i quali si verificano quando artificialmente o
volontariamente e non spontaneamente l'ontico è per dir così rievocato, ma ha a
sua caratteristica fondamentale quella di immettere per dir così
l'autocosciente in un insieme che non è più quello della prima volta e le cui
modificazioni consistono sia in variazioni dei restanti autocoscienti
autocratici che in quella prima volta l'hanno accompagnato sia in mutamenti
delle condizioni pragmatiche del pensiero; e, poiché, una volta che l'ontico si
è dato in questa successiva rete di rapporti, permane costante la liceità di
riprodurre con autocoscienza la prima rete con lo stesso autocosciente e di
instaurare fra i due autocoscienti una dialettica di sostituibilità, il
pensiero di condizione umana distingue l'ontico autocosciente in cui è in unità
la riproduzione e il riprodotto dall'ontico autocosciente
|