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e cioè certi
modi, ciascuno dei quali è in un rapporto di dipendenza dall'atto di
autocoscienza che li denota, gli atti d'autocoscienza che denotano il tutto
dell'ontico e ciascun suo modo, la coincidenza assoluta tra sé in quanto ontico
in dipendenza funzionale dall'autocoscienza e quel che esso riproduce od ontico
non in dipendenza funzionale dalla stessa autocoscienza, la liceità di trattare
tale coincidenza solo come un darsi dell'ontico all'ontità in funzione
dell'autocoscienza che lo denota, e infine la sua modalità di principio e di
fine di una catena di dialettiche che vi ritrovano quel che non v'è e cioè la
sua attitudine a riprodurre qualcosa d'altro; e, identificando il senso di
esteriorità ossia di relazione ad un ontico in sé con le illegittime
conclusioni di siffatta catena, fa dell'autocosciente autocratico un soggettivo
ossia un ontico la cui ontità è in dipendenza funzionale dall'atto di
autocoscienza, trattato come un condizionamento scaturente dal pensiero di condizione
umana, ossia ne fa un fenomeno; ma anche in questo discorso o successione di
dialettiche c'è qualcosa che non soddisfa, e precisamente il fatto che viene
totalmente ignorata la differenza che distingue la serie delle dialettiche che
muovono da un autocosciente autocratico per ritornare ad esso e per concludere
qualcosa su di esso dalla serie delle dialettiche che muovono da un
autocosciente che non sia autocratico per ritornare su di esso, a trarvi delle
conclusioni; se si vuole della prima serie tener conto solo dell'infondatezza
del diritto cui pretende concludere, vien meno la legittimità di distinguere la
dipendenza funzionale dal pensiero di condizione umana dell'ontità degli
autocoscienti autocratici dalla stessa dipendenza dell'ontità di quelli immaginari,
con la conseguenza quindi che la relatività del soggettivo, ossia la dipendenza
funzionale per la propria ontità dall'atto di autocoscienza che si giustappone
alle loro modalità qualitative, investe indifferenziata tutti gli ontici
autocoscienti; donde deriva non solo che riesce impossibile fondare la
differenza che il pensiero di condizione umana fa tra sogno e immaginario da un
lato e natura dall'altro, perché il concatenamento causale, a parte che
dovrebbe essere dimostrato nella sua ontità, è prerogativa anche dei primi e
non solo della seconda, ma anche che indebitamente si finisce per trattare come
assolutamente omogenei tutti gli autocoscienti, limitandosi a denotare
come"possibili" quelli che da autocratici che erano in sé e nei loro
rapporti son resi dal pensiero di condizione umana dipendenti da rapporti non
autocratici, e questo al fine di coonestare in qualche modo l'eterogeneità che
investe il gruppo degli autocoscienti autocratici dagli altri, il che è quanto
fa Giovanni Stuart Mill; siam così giunti al punto che da un lato la
distinzione che il pensiero umano fa tra autocoscienti riproduttivi di ontici
in sé ed autocoscienti immaginari ossia in dipendenza funzionale dallo stesso
pensiero non regge, dall'altro che se la si elide vien deformato lo stato che è
del pensiero di condizione umana; è certo che nel pensiero di condizione umana
si danno gruppi di autocoscienti che io ho chiamato cognitivamente autocratici,
e che hanno come loro carattere primo e originario quello di darsi immediatamente
come privi di un'intima distinzione fra la loro funzione di riproduttori di
qualcosa d'altro da sé e la loro natura di ontici per un atto di autocoscienza,
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come pure è
certo sia che questo loro modo iniziale li rende biffe di dialettiche che il
pensiero di condizione umana conduce come tra ontici che sono in sé ignorando,
sul piano cognitivo, la loro natura di autocoscienti, sia che il cammino
naturale che la sfera delle dialettiche segue per argomentare il loro diritto
ad essere trattate per tali e la loro essenza di riproduttori di ontici in sé,
costituito com'è da dialettiche che prendono a loro biffe autocoscienti
trattati solo come ontici a funzione cognitiva, ossia il naturale cammino
esclusivamente gnoseologico, non fornisce affatto quel diritto - ritengo che
altre dialettiche non manchino per offrire lo stesso diritto con una certa
validità; ma è altrettanto certo che non appena dall'assenza di un diritto di
quel genere si inferiscono la totale dipendenza funzionale dell'ontità di
quegli autocoscienti dall'atto di autocoscienza che li connota, e la totale
riduzione di tutti gli autocoscienti a degli omogenei, viene smarrito il senso
dell'autocrazia cognitiva che è denotante di alcuni; la questione è se è concesso
al pensiero di condizione umana di denotare l'autocrazia cognitiva degli ontici
che la posseggono indipendentemente dall'appello a una riproduttività di altro
la cui legittimità è comunque oggetto di dubbio; ora, nella connotazione di un
autocosciente di autocrazia cognitiva in generale vi sono denotanti che sono in
dipendenza funzionale dal pensiero di condizione umana sia per le loro modalità
ontiche che per la loro ontità in generale, e vi sono denotanti che in questa
dipendenza entrano solo per quel che riguarda la loro ontità in generale e non
per le loro modalità ontiche e per la genesi di queste, nel senso che
all'autocoscienza non è lecito farsi denotante né di queste modalità nella loro
rispettiva qualificazione né delle stesse nel loro originarsi e sorgere con
autocoscienza, di modo che le qualità proprie dei modi ontici sono ontici di
cui l'autocoscienza deve limitarsi a consentire la ripetizione e la
concentrazione d'attenzione, ma non ha la liceità di arrogarsi il diritto di
porsi a loro ragione se non per quel che riguarda gli effetti che un ontico
patisce dall'atto di autocoscienza che gli si giustappone, e l'origine degli
stessi modi sfugge totalmente alle operazioni di ripetizione e di
concentrazione d'attenzione che sono liceità ed effetti di un atto di
autocoscienza; che se poi si vuol distinguere quel che in quell'autocosciente è
in dipendenza funzionale dal pensiero, si osserva che in esso solo l'atto di
autocoscienza che l'accompagna e le operazioni, nel loro aspetto meramente
formale, di concentramento d'attenzione e di spostamento d'attenzione sono le
sue denotanti che patiscono la dipendenza, ma per tutto il resto, modi ontici
qualitativi, rapporti intercorrenti entro essi o tra essi ed altro, forme di
questi modi, la dipendenza funzionale dal pensiero non è data con
autocoscienza, con la conseguenza che in un autocosciente di autocrazia
cognitiva una dialettica è tenuta a distinguere tra la connotazione
qualitativo-formale in sé dell'autocosciente e la stessa connotazione in quanto
denotata dall'autocoscienza e a fare della prima un ontico che non dipende
dall'autocoscienza se non per quel che darsi con autocoscienza significa per un
ontico in generale e che in sé, ossia nelle qualità e nei rapporti tra le
qualità dall'autocoscienza che li accompagna non trae nulla o almeno non offre
nulla che con autocoscienza sia da essa inferibile;
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