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il che non
autorizza affatto né le dialettiche del mio pensiero né quello di un pensiero
di condizione umana in generale a fare di siffatto ontico autocosciente con a
ragione l'immaginatività un invalido e un illegittimo per la mera definizione
della sua genesi, in quanto il fatto che quelle denotanti dell'autocosciente,
che son le funzioni di certe sue modalità aventi a ragione della loro ontità e
della loro autocoscienza lo spostamento d'attenzione, costantemente e
necessariamente sono, per mera forza di siffatto rapporto in cui son
conseguenti, per altro da ciò che è per l'ontico in sé, non comporta affatto la
costante e necessaria impossibilità di escluderle da un rapporto di
sostituibilità perfetta e quindi di identità con altrettante denotanti, che
sono delle corrispondenti note di ciò che è per l'ontico in sé, le quali
abbiano a loro ragione note di ciò che è per l’ontico in sé e con ciò si
pongano a indipendenti funzionali rispetto a ciò che è per il pensiero di
condizione umana, o, in termini più semplici, non impone affatto l'illiceità di
ritrovare nelle denotanti alla cui connotazione gli spostamenti d'attenzione
hanno aggiunto le funzioni come ulteriori note, le stesse funzioni come note
possedute come altrettante indipendenti funzionali e quindi come denotanti di
denotanti della connotazione di un ontico autocosciente caratterizzato dalla
datità; e quindi l'immaginatività di un ontico autocosciente non è mai
principio di una invalidità e illegittimità dell'autocoscienza; si limita ad
essere soltanto il segno di distinzione o di contraddizione dall'ontico
autocosciente caratterizzato dalla datità e a godere del diritto di cancellare
da sé siffatto segno alla sola condizione che quelle denotanti che
nell'autocosciente da essa caratterizzato dovrebbero essere in indipendenza
funzionale e sono in dipendenza funzionale dal pensiero di condizione umana
vengano ad identificarsi, con tutto ciò che questa identificazione significa ed
esige, con altrettante denotanti ricche di quell'indipendenza funzionale,
verificandosi ciò in determinate
condizioni del complesso degli autocoscienti e in determinate situazioni della
sfera delle dialettiche che qui non intendo determinare; resta, dunque, che due
sono le ragioni della denotazione di autocoscienza, la datità o autocrazia
cognitiva e l'immaginatività;
poste le due
classi, evidentemente solo gli autocoscienti di autocrazia cognitiva son
destinati, ammesso che al pensiero di condizione umana sia lecita una
dialettica di questo tipo e legittima e valida, a farsi conseguenza di una
ragion sufficiente che sia un ontico autocosciente legittimamente sostituibile,
in ciò che esso è per sé a un ontico in sé o auto-o inautocosciente; ora, in
attesa di questa dialettica la cui conclusione sarebbe la legittima
sostituibilità di un ontico in sé a ciò che per sé è l'ontico autocosciente
dotato di datità, non solo per i motivi su dati questo modo della datità è
lecito sostituirlo alla corrispondenza di ciò che l'autocosciente è per sé ma
anche perché nell'assenza od esclusione di un'autocoscienza della dipendenza
funzionale delle denotanti materiali e formali che sono per l'autocosciente per
sé da quanto denota il pensiero di condizione umana in sé, tali denotanti le
dialettiche son tenute a trattarle nello stesso modo con cui dovrebbero
trattare le stesse denotanti che fossero dimostrate perfettamente sostituibili
a quelle di un ontico in sé, ossia come riproduttive di qualcosa che è altro
dal pensiero di condizione umana in quanto autocoscienza, attenzione,
spostamenti d'attenzione
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e quindi
come tali che la materia e la forma che le costituisce e su cui tale pensiero
opera si pongono come delle indipendenti funzionali dal pensiero in quanto tale
ed estendono l'indipendenza funzionale a tutti gli autocoscienti che da un'elaborazione
che il pensiero di condizione umana su di esse opera in modo che nulla delle
dialettiche elaboratrici sia dipendente funzionale del pensiero tranne che la
mera elaborazione derivano; e perciò è perfettamente indifferente che il
pensiero di condizione umana sia in possesso di una dialettica che sia
argomento da un lato della conseguenza dell'ontico autocoscienza con datità da
una ragione che è un ontico in sé (,) dall'altro dell'identità o sostituibilità
perfetta alle modalità ontiche di questo delle modalità materiali e formali di
ciò che l'ontico autocosciente è per sé o che temporaneamente o costantemente
rinunci, per questo o quest'altro motivo, a darsi una siffatta dialettica, agli
effetti di quel che chiamiamo conoscenza vera e valida materialmente e
formalmente e quindi legittima; perché, se è vero che le dialettiche di
condizione umana han voluto rendere ambigua la parola conoscenza facendola da
un lato segno della classe degli ontici in quanto denotati in generale
dall'autocoscienza ((dell'autocoscienza??)) dall'altro segno della classe degli
ontici che non solo sono in tal modo denotati ma sono anche riproduttivi di un
ontico che è in sé e che, se è con autocoscienza, questa non è della condizione
umana, è altrettanto vero che questa distinzione offende le leggi di ragione
perché è una petizione di principio come quella che pone a suo presupposto che
per un pensiero di condizione umana è sufficiente l'ontità di un ontico con
autocoscienza perché gli sia dato il diritto di utilizzare quest'ontico come
una conoscenza, il che invece è quanto la dialettica dovrebbe dimostrare e
inoltre almeno all'autocoscienza denotante in me l'ontico che io chiamo mio
pensiero di condizione umana non è dato, perché son note di questo mio pensiero
il costante ripudio dalla classe di quelle che chiamo il mio conoscere di tutti
quegli ontici autocoscienti che avanzano a loro diritto per questa loro
conclassarietà la mera denotazione dell'autocoscienza; ed è quindi altrettanto
vero che una conoscenza è il simmetrico sostituibile di un ontico che, se è con
autocoscienza, è anche assunto come riproduttivo di un ontico che non [è??] in
dipendenza funzionale dai modi del pensiero di condizione umana;ora questa
connotazione del concetto di conoscenza non mi pare che sia solo in funzione
delle modalità di quel pensiero di condizione umana che chiamo mio, e neppure
che sia solo delle modalità di quei pensieri di condizione umana che con una o
altra serie di dialettiche pretendono garantire la sostituibilità di
quell'ontico autocosciente che è una conoscenza con un ontico che è in sé come
quello che è in totale e in assoluta indipendenza da ogni modalità di un certo
pensiero di condizione umana, ma mi pare che lo si ritrovi anche in quei
pensieri che ripudiano tale sostituibilità:infatti è di coloro [[nota
a matita dell’autore:”empiristi”]]che negano a tutti gli ontici
autocoscienti una sostituibilità perfetta in quel che sono per sé a un siffatto
ontico in sé, giacché costoro, se vogliono dimostrare che tutte le denotanti di
un autocosciente in generale sono in dipendenza funzionale dalle modalità del
pensiero di condizione umana, da un lato debbono ampliare il concetto di questo
pensiero fino a comprendervi certe note come quella della creatività
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