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ontici
autocoscienti dotati dei suoi caratteri, ad eccezione, s'intende, di quelli che
essi han dovuto assumere a principi della serie dialettica di cui quel possesso
è conclusione ultima e che non han la liceità di esser altro da quel che in
ognuno degli autocoscienti è in indipendenza funzionale da quelle attività; ci
son poi coloro [[nota a matita dell’autore:”Kant e
idealisti”]] che negano la sostituibilità di un qualsivoglia ontico
autocosciente ((autocoscienza??)) a un ontico in sé in quanto indipendente
funzionale da un pensiero di condizione umana e finiscono per fare della
conoscenza un'ontità di un ontico che sia con autocoscienza in generale in un
pensiero di condizione umana in generale, ma o distinguono gli ontici
autocoscienti in cui l'omoforme autocoscienza di tale pensiero denota
connotazioni che una volta sola si danno nella materia e nella forma che le
costituisce e di cui la denotante aggiunta dell'autocoscienza è la ragione
della loro ontità in genere dagli ontici autocoscienti in cui l'omoforme
autocoscienza del pensiero di condizione umana denota connotazioni di cui
alcune note sono universali e necessarie, e, una volta operata siffatta
distinzione la equiparano alla differenza della classe degli ontici
autocoscienti che non sono conoscenza dalla classe degli ontici che sono
conoscenza, essendo la prima la classe degli inincomunicabili l'altra la classe
degli almeno parzialmente intercomunicabili, oppure, lasciate entrambe le
distinzioni o differenze, pretendono che non conducano affatto a una gerarchia
di valore per la quale gli ontici della prima classe sono degli invalidi mentre
quelle dell'altra sono validi, essendo valore equipollente per entrambi il
fatto di essere in funzione di un pensiero di condizione umana: ora, sia per
gli uni che per gli altri il pensiero di condizione umana di cui parlano
dev'essere denotato, al pari di quello di cui parlano i precedenti, da note
alcune delle quali godono di autocoscienza per un atto di denotazione immediata
mentre le altre si danno con autocoscienza solo previa più serie di certe
dialettiche il cui punto d'arrivo è per ciascuna una di siffatte note alle
quali la denotazione da parte dell'autocoscienza sopraggiunge solo
mediatamente, sicché in essi la locuzione "pensiero di condizione umana
" o soggetto o io, come lo chiamano, solo apparentemente è univoca, mentre
di fatto è almeno ambigua, in quanto segno di un ontico autocosciente le cui
note sono con autocoscienza immediata e segno di un ontico autocosciente le cui
note sono alcune ad autocoscienza immediata altre ad autocoscienza mediata; a
parte il fatto che è richiesta una ragion sufficiente che legittimi la pretesa
dell'identità dei due autocoscienti e a parte il fatto che in quei pensatori la
stessa dialettica che conclude nell'illiceità di trattare la conoscenza come
sostituibilità di due ontici, l 'uno per un pensiero di condizione umana
l'altro per altro da un pensiero di condizione umana, è la stessa che offre
siffatta ragione, in entrambi i tipi di interpretazione del conoscere a lato
dell'identificazione dei due pensieri è conservata anche la loro distinzione,
ed è appunto sulla base di questa che in certi autocoscienti vien separato ciò
che è per l'autocosciente per sé da ciò che è per il pensiero di condizione
umana nella nostra accezione, e che in forza dell'indipendenza funzionale della
prima porzione dalla seconda si procede a montare dialettiche, della cui verità
e validità materiali e formali qui non discuto, concludenti nell'ontico
autocoscienza
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la cui
connotazione è che tale porzione è in dipendenza funzionale dal pensiero di
condizione umana nella loro accezione, con la conseguenza che, dal momento che
quel che essi chiamano soggetto è un pensiero di condizione umana alcune delle
cui denotanti sono di per sé inautocoscienti, almeno rispetto all'autocoscienza
che è denotante immediata, il loro soggetto, con le sue operazioni e coi suoi
prodotti è un ontico in sé in indipendenza funzionale dal pensiero di
condizione umana ad autocoscienza immediata; donde deriva che anche per essi
conoscere significa la identità o sostituibilità di qualcosa degli ontici che
sono autocoscienti per un pensiero di condizione umana con ontici che saranno
anche autocoscienti ma non dell'autocoscienza immediata del pensiero di
condizione umana, e che quindi, essendo in dipendenza funzionale da un pensiero
di condizione umana la cui denotazione con autocoscienza è immediata in una
certa situazione e mediata in un'altra, non è identificabile con il pensiero di
condizione umana con denotazione immediata di autocosienza ed è altro da esso,
sono in sé in quanto in indipendenza funzionale da quest'ultimo; non teniam
conto delle complicazioni che questa che è la reale struttura dei
trascendentalismi o meramente cognitivi o cognitivo-metafisici congloba, la
distinzione cioè dei due pensieri, l'autocoscienza che è immediata per
definizione e di diritto e che si fa mediata solo di fatto, il differente
funzionamento di un pensiero di condizione umana, alcune delle cui denotanti
sono di fatto di autocoscienza solo mediata, che si pone ora con connotazioni
variabili coi rapporti spazio-temporali che le denotano assieme all'atto di
autocoscienza ora con connotazioni che non risentono di siffatta dipendenza
funzionale, ma limitiamoci ad osservare che anche questo modo di veder le cose
muove dal presupposto che una serie dialettica che conduca ad ontici
autocoscienti veri e validi materialmente e formalmente ha a principi e a biffe
porzioni di autocoscienti che sono dell'ontico autocosciente per sé e dal
presupposto che la verità e validità materiali e formali di tali conclusioni
consista nella stessa proprietà di essere porzioni di ontici autocoscienti che
sono di questi in quanto per sé e dal presupposto ancora che tutte queste
porzioni siano sostituibili ad ontici che non sono in dipendenza funzionale da
quelle altre porzioni che aggiungendosi ad esse costituiscono l'integrità degli
ontici autocoscienti e che chiamiamo pensiero di condizione umana, presupposti
tutti che fan coincidere quelle porzioni in sé con autocoscienti che sono in sé
in quanto in indipendenza funzionale da questo pensiero e che quindi si
riducono all'unico presupposto che il conoscere sia l'identificazione o
sostituzione perfetta che questo pensiero di condizione umana instaura fra
certi suoi ontici autocoscienti e certi altri ontici che esso pone come in sé
in quanto indipendenti funzionali da se stesso; infine coloro
che[[nota a matita dell’autore:”pragmatisti”]] negano un
conoscere come sostituibilità di un autocosciente a un ontico in sé, perché per
essi l'autocoscienza è la denotazione di un ontico che è o meglio è capace di
essere una modificazione da immettersi nell'ontità in generale ad opera
dell'ontico che si vale dell'autocoscienza per valutare la liceità o illiceità
e la congruenza o incongruenza della modificazione, non mi pare che nel
sottofondo delle cose si discostino molto dall'atteggiamento che di solito è
fatto proprio di un pensiero di condizione umana,
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