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perché, se è
vero che essi escludono tale sostituibilità, è altrettanto vero che essi al
posto di questa pongono una sostituibilità mediata come quella che fa
dell'ontico autocosciente da trattarsi per vero un sostituibile a un ontico in
sé il quale, essendo modificazione, non sarà sostituibile a un ontico assoluto,
ma sarà pur sempre sostituibile a quanto di modificabile l'ontico in sé
assoluto è atto ad accettare nella sua struttura, la quale diviene in tal modo
identica indirettamente all'ontico autocosciente da trattarsi per vero, sicché
ci ritroviamo di fatto ricondotti alla tradizionale rappresentazione del
conoscere; che se poi ci chiediamo di quale ragione essi si valgano per
distinguere gli ontici autocoscienti che godono di tale proprietà dagli altri
che saranno dei falsi, non resta per essi se non lo stato di un ontico
autocosciente in cui ciò che nella sua connotazione è altro da ciò che in essa
è per il pensiero di condizione umana sia per l'ontico in sé e non per il
pensiero, cioè la datità od autocrazia cognitiva; e tutto ciò, senza tener
conto del fatto che l'interpretazione che questi pensatori danno
dell'autocosciente dotato di datità è tenuta ad arricchirsi di una successione
dialettica la quale sia ragion sufficiente sia del fatto che la dialettica con
cui nel pensiero di condizione umana siffatto autocosciente è connesso a quella
biffa che dovrebbe sottolinearne il particolare volere di cui la sua modalità
lo dota in seno alle dialettiche, è sempre un rapporto tra esso e un ontico
autocosciente trattato come ontico in sé e questo rapporto è sempre una forma
di sostituibilità, senza che risulti che siffatta dialettica è per dir così una
sovrastruttura calata sulle ontiche modalità spontanee delle dialettiche da
certi modi di alcune di esse che si son date nel tempo o nella storia, sia del
fatto che la dialettica che correla l'autocosciente a datità con una
modificazione del reale che è sempre un ontico autocosciente esso pure a
datità, non pare che venga posta a conseguenza e non a principio dell'altra in
forza di una inversione artificiale e artificiosa del naturale con delle
dialettiche di condizione umana; quel che resta certo dopo tutte queste
considerazioni è che per il pensiero di condizione umana conoscere è sempre,
sia nelle dialettiche che diciamo spontanee come quelle che insorgono dalle
istanze per dir così biologiche quotidiane e non dalle esigenze di certezza o
legittimità che insorgono quando le prime non risultano sempre fonti di
dialettiche valide e vere materialmente e formalmente e con ciò ragioni di
conseguenze che siano autocoscienti ad autocrazia cognitiva, liceità di
trattare un autocosciente come un sostituto simmetrico di un ontico in sé e che
ontico in sé è ogni ontico la cui denotazione ad opera dell'autocoscienza
stabilisce l'indipendenza di ciò che nella sua connotazione è altro dalla
denotazione di autocoscienza e dalle sue conseguenze, da(l) pensiero di
condizione umana; e resta certo anche che quando si va in cerca di dialettiche
che fondino siffatta liceità e pongano come vera e valida materialmente e
formalmente la sostituibilità di un autocosciente a un ontico in sé, si trova
che tali dialettiche non sono tenute se non a concludere che quest'ontico in sé
è dotato di ontità effettiva ed è qualificato da certe modalità; ora, a parte
che non pare che la serie delle dialettiche che son tenute a siffatta
conclusione riesca ad essere una ed univoca e inoltre abbia la liceità di
sottrarsi,
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in tutte le
forme che assume e in tutte le varie conclusioni cui sfocia nelle sue varie
forme, a petizioni di principio o a circoli viziosi, a parte che in nessuna
dialettica si dà una biffa che non sia un ontico con autocoscienza e quindi un
ontico per un pensiero di condizione umana sicché nessun spostamento
d'attenzione pare sia capace di darsi da un ontico autocosciente a un ontico
che dovrebbe essere in sé e quindi per altro che per le condizioni umane del
pensare e che sia di fatto tale in quanto quest'ontico è sempre un ontico il
cui darsi per altro dalle condizioni umane del pensare è in funzione di
siffatta condizione - e d'altra parte quest'ultima considerazione è irrilevante
perché la condizione di questo autocosciente di essere per un pensiero di
condizione umana non pregiudicherebbe la sua ontità per altro e per un altro
che sarebbe lecito essere lo stesso ontico, quando fosse data l'unicità e
univocità della serie dialettica che provasse essere tale la connotazione in sé
dell'autocosciente -, la considerazione della perfetta identità che passa tra
la datità di un ontico autocosciente e la sua funzione di autocosciente che è
di diritto e di fatto conoscenza ossia la sua natura di biffa di uno
spostamento d'attenzione che da esso muove per stabilirne la sostituibilità con
un autocosciente di cui qui si ammette la validità dell'ontità in sé nonostante
il darsi di questa come connotazione denotata dall'autocoscienza, induce ad
elidere del tutto la nozione di conoscenza come sostituibilità di un ontico
autocosciente a un ontico in sé, e a disgiungere la datità di un autocosciente
dalla sua funzione di biffa in questa sostituibilità; infatti, da un lato
conoscere sotto un certo punto di vista è la parola - indice di una dialettica
che ha a prima biffa uno degli ontici autocoscienti e a seconda biffa un ontico
autocosciente trattato come ontico in sé - e or ora s'è visto in che consista
questo trattamento - essendo la sostituibilità la forma o rapporto funzionale
tra i due, ma sotto un altro punto di vista è la parola-indice dell'illiceità
di adottare l'ontico autocosciente che è prima biffa come elemento di
dialettiche che pretendano di darsi indipendentemente da quel che tale
sostituibilità comporta e cioè in modo da non rispettare nella loro struttura
la struttura materiale e formale di quell'autocosciente e in modo quindi da
farsi ontici autocoscienti di cui questa struttura è principio e falsariga e la
liceità e legittimità solo di quelle dialettiche che, costruendosi secondo
certe forme connettenti certe materie, inferiscono le une e le altre da ciò che
nella connotazione di quell'autocosciente è per l'autocosciente stesso e non
per altro; il che vale non solo per gli autocoscienti intelligibili che mentre
son assunti come denotati dagli attributi di intelligibilità pura sono anche
predicati con l'attributo di conoscenza o di fonti del conoscere, ma anche per
quegli autocoscienti fenomenici o sensoriali che, pur assunti del tutto privi
di intelligibilità e insieme tali che la loro sostituibilità ad un ontico in sé
è solo pel medio di una alterazione che l'ontico in sé patisce quando da in sé
si fa ontico per un'autocoscienza di condizione umana, vengon trattati,
rispetto alle dialettiche che si costruiscono direttamente o indirettamente con
essi e su di essi, allo stesso modo degli altri, cioè come degli autocoscienti
la forma e la materia della cui connotazione una volta fattesi biffe di
dialettiche debbono rimanere
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