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per la
specifica indagine volta a fissare la quantificazione del concetto primo
metafisico la legislazione cognitiva umana nella sua purezza, nel qual caso,
indipendentemente dalle relazioni in cui il conosciuto fenomenico è da pensarsi
con il naturale in sé ed indipendentemente dal rapporto in cui, in seguito alla
determinazione di quelle relazioni, il conosciuto fenomenico deve esser pensato
con la conoscibilità del primo nell’essere, ma sulla base dell’intero complesso
del noto fenomenico elevato a sussidio imprescindibile e metafisicamente
equipollente, la conoscibilità del principio ontico viene affermata
possibilmente esauribile da una sua conoscenza di tipo umano in atto; oppure si
tratta di abbinare alla legislazione gnoseologica umana generica altre
legislazioni, che, pur specie della prima e quindi pur congruenti con essa di
cui non sarebbero se non determinazioni particolari stabilite kata sumbhbekwV in
funzione delle condizioni materiali su cui la legislazione fondamentale ed
univoca si attua, sono state assunte a canoni secondi ed ausiliari del canone
fondamentale in altre indagini, nel qual caso l’esigenza promotrice di
rappresentazioni metafisiche dovrà moderare la propria tensione fino a portarla
al grado tollerato dalle condizioni materiali che in quelle altre indagini
hanno provocato la dislocazione della legislazione, qualora si desse mai la
ripetizione delle medesime condizioni nei medesimi modi anche entro la sfera
totale del conoscere.
In
definitiva qualsivogliano norme si siano applicate per costruire il discorso
che porta a questa o quella definizione dalla quantificazione cognitiva
generica del concetto di primo nell’essere, resta che la definizione pone o una
quantificazione totale o una quantificazione parziale e che le due soluzioni
non sono né indifferenti in sé né indifferenti riguardo alla soluzione di tutte
le questioni generali-formali e particolari-materiali che dovranno porsi dopo
la prima. Le grandi classi delle metafisiche determinate sono due, metafisiche
determinate che assegnano al pensiero la capacità di coprire con il suo noto l’essere
((?? essenza?? enea??)) totale della connotazione del concetto del principio di
tutte le cose, sicché parzialità della sua conoscenza in modi umani sarebbe
fatto individuale o storico, comunque non coessenziale né alla natura umana né
all’essenza delle cose, e metafisiche che assegnano al pensiero la capacità
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di valersi
dei suoi contenuti per una parte soltanto dell’area connotativa della nozione
di principio ontico, essendo la totalità della sua conoscenza in termini umani
un fenomeno impossibile perché fuor della natura della coscienza umana e quindi
fuor dell’essenza delle cose; la classificazione, è evidente, è insorta in me
dal contatto con i prodotti del pensiero quali finora si son dati, ma non
arresta la sua validità al semplice esito di una catalogazione, né alla
condizione della legislazione cognitiva nostra in genere che dinanzi a una
questione di quantificazione o di determinabilità di un quanto che debba esser
qualificato in uno o in altro modo stabilisce unicamente possibile la
determinazione della totalità o della parzialità; non mi è bastato di rifarmi
alle varie metafisiche perché in tal caso mi sarei fidato della mia ignoranza
individuale ed essenziale, né di dedurre le due classi dalle condizioni formali
sovraordinate alle due classi dei giudizi di quantità; l’indagine del mio
contenuto di coscienza e del contenuto di coscienza di quelli che prima di me
hanno cercato del principio metafisico mi fa sperare di aver trovato una
condizione di siffatta polarità fuor della legislazione cognitiva umana, entro
le condizioni psicologiche complessive, nel gioco di tensioni tra il bisogno
metafisico e le condizioni materiali della sua soddisfazione, trovando la
polarità medesima altre ragioni di coessenzialità con la natura umana entro le
conseguenze che derivano dal sistemarsi nell’uno o nell’altra delle due classi.
Dalla
determinazione della quantificabilità in genere del concetto di primo
metafisico, deriva la determinazione della quantificabilità relativa o
particolare o materiale del medesimo oggetto, non perché la soluzione prima
condizioni la soluzione seconda, ma perché il primo problema coinvolge
implicitamente il problema della quantificazione particolare o relativa. La
seconda questione riguarda il predicato da assumersi a costruzione del giudizio
metafisico primo, e, con maggior precisione, il quanto del noto fenomenico sia
da assumersi a connotante del concetto-predicato; poiché anche qui si tratta di
determinare una quantità in vista di una certa sua funzione, la questione è
ancora di quantificazione, poiché tuttavia solo indirettamente tocca il
concetto del predicato, in quanto di fatto e di fondo riguarda ancora il
concetto
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del soggetto
e incide sulla quantificazione della sua conoscibilità, questa volta però fuor
del vago della genericità e nel ben preciso e ben descrivibile del noto
qualitativo, la questione è di una quantificazione particolare, o relativa non
al quanto della connotazione possibile del concetto-soggetto ma al quanto della
sua connotazione materiale e fenomenica, ancora del concetto di primo ontico.
Se all’uomo vengono attribuite forme di conoscenza immediata altre da quelle
intuitive a struttura e modalità sensoriale, forme cognitive intuitive non
fenomeniche, il secondo problema non può insorgere e non ha diritto di
sussistere; i misticismi, che offrono una certa metodica “ascetica” di
progressivo accostamento al principio, possono porre il primo problema e
risolverlo in funzione dei dati dell’esperienza straordinaria che affermano
reale ed umana, ma non pongono la seconda questione in quanto la quantità del
fenomenico che deve essere assunta a connotare il concetto del primo ontico pel
medio della connotazione del predicato è determinabile e determinata, non in
funzione né della soluzione in sé del primo problema né di indagini determinate
sul fenomenico, ma in funzione dell’intuizione data del principio ontico e dei
risultati di un rapporto che il pensiero intuente instaura immediatamente e
aproblematicamente tra intuito metafisico e intuito fenomenico; ma perché
l’esclusione dal ((del??)) secondo problema sia assoluta, è necessario che
tutte le dottrine ad intuizione polarizzata metafisica e fenomenica,
argomentino non solo l’estensibilità della facoltà straordinaria a tutti gli
uomini, ma anche l’assoluta congruenza tra i modi che la consentono e i modi
che condizionano le facoltà fenomeniche ordinarie, e, inoltre, la completa
trasferibilità dell’intuito in modo straordinario entro la legislazione e le
condizioni di elaborazione e di comunicazione che son proprie dell’intuito
secondo gli ordinari modi sensoriali; se una sola di queste argomentazioni non
è offerta, se cioè le teorie di intuizione polarizzata limitano per una o altra
ragion sufficiente l’esercizio e l’attuazione della facoltà a una parte sola
degli uomini, oppure dichiarano l’atto di siffatta facoltà condizionato da
certe modalità che in nessun modo possono essere ricondotte né direttamente né
indirettamente allo spontaneo e irriflesso esercizio delle naturali facoltà
fenomeniche - di conseguenza,
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non sarebbe
in tal caso possibile dimostrare che il rapporto tra la rappresentazione
straordinaria e l’oggetto straordinariamente intuito è o non è reale, nel senso
cioè che esso è lo sfocio di atteggiamenti ben definibili e ineliminabili ed è
il punto di arrivo, di fatto tale quale pretende di essere di diritto, di una
coscienza che pel tramite di siffatti atteggiamenti fa presa immediata su un
certo oggetto, o che esso è uno stato abnorme, di fatto per nulla tale quale pretende
di essere di diritto, semplice situazione soggettiva introversa, straordinaria
solo perché ottenuta con una manipolazione non ordinaria di ordinarie funzioni
psichiche; e questo discorso, per nulla irriguardoso nei confronti delle
dottrine religiose e conclamatamente mistiche ad intuizione eccezionale,
intendo che sia notevolmente irriguardoso per tutte quelle teorie che
pervengono ad interpretazioni razionali del fenomenico, ma attraverso il
passaggio per modi intuitivi che debbono essere prodotti con un’azione
dell’individuo su se stesso onde pervenire a certe rappresentazioni intuitive i
cui fattori di produzione sono insuperabilmente scissi dagli ordinari
atteggiamenti intuitivi -, oppure si valgono dei canoni sovraordinati
all’elaborazione del fenomenico e dei mezzi di comunicazione lungo i quali
fuoriescono i dati dell’intuizione fenomenica e quelli della sua elaborazione,
rispettivamente per applicarli ai dati straordinariamente intuiti e per
esternarli, senza aver dimostrato l’universalità dell’intuizione straordinaria
o la congruenza, mediata a piacere, tra le condizioni di essa e le condizioni
dell’intuizione fenomenica, anzi negando addirittura e l’una e l’altra, allora
tali dottrine non hanno il diritto di saltare a piè pari il secondo problema, e
noi non siamo tenuti a fuoruscire dal nostro discorso regolare in seguito alla
loro presenza: il mio rispetto, ripeto, rispetto puramente formale, va alle
teorie ad intuizione straordinaria di portata religiosa, le quali o dislocano
l’intero uomo con tutto il suo essere al di là del fenomenico nel momento
stesso in cui dichiarano avvenuta in lui il nuovo tipo di conoscenza, o lo
riconducono tutto nel fenomenico, dopo la parentesi, lunga o breve, del
rapimento intuitivo, costringendolo a tradurre in mezzi espressivi fenomenici e
a subordinare
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