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anche
l'assoluta impossibilità di trovare alle dialettiche un principio che non sia
esso stesso una dialettica e quindi di fondare la dialettica su qualcosa che
non sia tale e, con ciò, l'ineliminabile condizione del pensiero umano o di
risalire di dialettica in dialettica ossia da dipendente funzionale dalle
condizioni umane a dipendente funzionale dalle condizioni umane, restando
costantemente privo del criterio di verità e validità materiali e formali che
abbiamo assunto come unico valido per gli autocoscienti di un pensiero di
condizione umana, o di assumere una certa dialettica a privilegiata come quella
che, pur essendo in dipendenza funzionale dalle condizioni umane, gode di
verità e validità materiali e formali a differenza delle altre e sulla base di
una certa ulteriore modalità che le differenzia, e con ciò o di entrare nella
contraddizione di accogliere e insieme di rifiutare quel criterio, o di
sostituirlo con altro criterio; e d'altra parte, la difficoltà diviene ancor
più intricata giacché, se è vero che sul piano delle dialettiche tutto ciò si
verifica e si dà non solo che, se si vuole uscire dalle aporie che la
postazione di un ontico[ha??] in sé, bisogna adottare quel criterio e che
questo in fondo non è che quel che di unico, univoco e perfettamente congruente
con le istanze formali delle condizioni di validità delle dialettiche, istanze
valide per l'immanere in esse degli attributi di intelligibili formale
((farreale??)), si scopre entro tutte le postazioni di ontici in sé e come
carattere dei principi da cui esse muovono in quanto assunti da ciascuna come
materialmente e formalmente veri e validi, ma anche che, una volta posto il
criterio, questo diviene di fatto inottemperabile in una situazione in cui nulla
di autocosciente si dà con datità, è altrettanto vero che, almeno sul piano
biologico o del comportamento spontaneo, le dialettiche da un lato assumono di
fatto quel criterio, dall'altro lo applicano proprio ad ontici autocoscienti
che come molteplicità individue e irrelate di autocoscienti intuitivi
dovrebbero esser trattate per dialettiche inette a verificare in sé la modalità
dell'autocrazia cognitiva, sicché risulterebbe che tutto il discorso che è
aporetico sul piano delle dialettiche pure non lo è sul piano della
spontaneità, nel senso che il pensiero di condizione umana, che quantunque
spontaneamente rigetti, senza riflessione o riproduzione con autocoscienza,
tutto ciò che in questa stessa assenza di riproduzione con autocoscienza si dà
come aporetico ossia contraddittorio, qui spontaneamente accoglierebbe in
quella irriflessività ciò che nella stessa irriflessività si darebbe
contraddittorio, viene a trovarsi nella condizione di dover rigettare in fondo
tutti gli stati dialettici accolti irriflessivamente validi benché
irriflessivamente invalidi, una volta che li ripeta con riflessione e
autocoscienza e insieme di non aver la liceità di farlo; a portata di mano
abbiamo una soluzione delle difficoltà, per la quale gli intuitivi immediati ad
autocrazia cognitiva e a modalità qualitativa semplice si danno con
autocoscienza solo in unità con l'autocoscienza di funzioni spettanti
peculiarmente a ciascuna e lecite solo come modalità o di indipendenza
funzionale e di condizionamento attivo di una sulle altre o di dipendenza
funzionale e di condizionamento passivo passivo di ciascuna di queste da
quella, sicché l'immediatezza dell'intuizione è simultanea denotazione di
autocoscienza sia ai qualitativi semplici che alle loro relazioni,
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essendo le
dialettiche null'altro se non una ripetizione di quanto già è dato
nell'intuitivo immediato; la percezione di Platone e la natura fenomenica come
sintesi a priori sono casi particolari di questa soluzione in generale; ora, a
parte il fatto che sia la soluzione in generale sia le sue determinazioni non
riescono a render ragione del fatto che di siffatte relazioni alcune hanno la
liceità di esser trattate per intelligibili ed altre son prive della stessa
liceità, lo schema della soluzione deve tener conto di questo che l'immediata
denotazione di autocoscienza alle relazioni non priva queste della loro
coincidenza con spostamenti d'attenzione che son dialettiche e che in nulla
differiscono da quelle dialettiche che son loro ripetizione e che soltanto la
successione diacronica distinguerebbe dalle immediate da esse ripetute e deve
tener conto di ciò che da questo deriva, che, non essendo di autocoscienza
immediata una relazione se non si struttura secondo una dialettica ed essendo
una dialettica il medio dell'erezione a denotato da autocoscienza di un
rapporto, riesce tanto difficile distinguere la dialettica che coincide con il
medio dell'erezione ad autocoscienza di un rapporto ad autocoscienza immediata
e quindi con una dialettica immediata dalla dialettica che è sua mera
ripetizione, che, a parte il fatto che non mi pare che un pensiero di
condizione umana riflettendo su di essa sia capace di cogliere nell'atto
immediato dell'intuizione di un complesso fenomenico la simultaneità assoluta o
acronica tra l'autocoscienza degli intuiti a qualificazione semplice e
l'autocoscienza delle loro relazioni reciproche o dialettiche che le hanno a
biffa, ma mi pare che sia costretto a stabilire una costante successione
diacronica tra la prima e la seconda, il confronto tra le dialettiche che
dovrebbero godere di autocoscienza immediata e quelle che dovrebbero essere
loro ripetizioni e godere di un'autocoscienza mediata da quella delle
precedenti, non è principio sufficiente a relazionare le due in modo che le
prime siano ragioni sufficienti legittime delle seconde; e questa incapacità è
dovuta appunto a questo che, dato un insieme simultaneo di intuiti a
qualificazione semplice, la presa di coscienza delle loro relazioni reciproche
coincide sempre con dialettiche che da un lato devono, per il presupposto,
essere acronicamente simultanee con l'autocoscienza dell'insieme simultaneo,
dall'altro devono necessariamente erigersi ad autocoscienti su cui l'attenzione
si concentra a scapito della concentrazione
d'attenzione sul tutto dato intuitivamente, con la conseguenza che allo
schema della soluzione in genere non resta che o affermare che nell'intuizione
simultanea di intuiti sono compresenti l'autocoscienza degli intuiti e
l'autocoscienza delle loro relazioni senza che quest'ultima abbia bisogno di
una concentrazione d'attenzione che è altra da quella che in genere coincide
con l'autocoscienza dell'intuizione simultanea della totalità intuita e senza
quindi che essa si faccia diacronicamente successiva alla seconda o affermare
che l'intuizione delle relazioni non necessita di quel che caratterizza una
dialettica in generale e quindi di una concentrazione d'attenzione che sia
altra da quella che è propria del tutto o distinguere in generale le
dialettiche rilevatrici di relazioni da un atto di intuizione immediata di una
totalità simultanea e in particolare le dialettiche che muovono immediatamente
da questo atto da quelle che di esse sono ripetizioni;
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