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natura,
analisi prima la quale dai presupposti naturalistici deriva la sua funzione
esclusivamente naturalistica e fenomenica; e vi è un’analisi qualitativa a
discorso eterogeneo che è a) assunzione del qualitativo connotante il principio
ontico e coessenziale al naturale, b) elaborazione del medesimo in vista della
conoscenza la più ampia possibile del principio metafisico stesso, c)
fondamento per la definizione della conoscibilità parziale o totale del
principio ontico, analisi seconda questa che i presupposti naturalistici non pongono se non nella materia che la
riempie e ((o??)) la consente, ma non pongono
nella sua ragion d’essere. Infatti l’analisi a discorso eterogeneo, sia
che venga utilizzata entro il sistema ordinato di concetti particolari, sia che
riguardi il sistema totale di tutti i concetti possibili di cui è genere il
concetto di primo ontico, trova la sua origine nella necessità di derivare dal
genere tutte le possibili illuminazioni per le specie sottoordinate e non la
semplice ragione di ciò che di se stesse già le specie fanno immediatamente
conoscere, e quindi nell’esigenza di connotare il concetto del genere oltre le
limitazioni che il naturalismo impone, donde si ha che dipenderà dall’ampiezza
di conoscenza acquisibile sul genere, ossia dal numero delle note che
riusciremo ad introdurre nella sua connotazione, e non già dall’essenza o
qualità loro, se la nostra nozione del genere, sommo o medio che sia, sarà in grado
di gettare luce maggiore o minore sulle specie, tutte o molte che siano; il
problema, allora, riguarda tale numero, la quantificazione assoluta del genere,
o genere di alcune specie o principio ontico e quindi genere di tutte, e i dati
qualitativi, il momento dell’ipotesi matematica entro il nuovo discorso,
dovranno essere utilizzati non tanto per qualificare oltre se stessi il genere
o concetto di primo nell’essere, quanto a giustificare il diritto, che
assumiamo a principio del futuro discorso qualificativo, di presupporne la
conoscibilità totale o la mera conoscibilità parziale. Ma, e qui si pone la
dimostrazione di cui andiamo in cerca, la postazione dello stesso problema pone
implicitamente la postazione dell’altro problema quantitativo, del numero delle
nozioni fenomeniche che abbiamo il diritto di utilizzare a connotazione del
principio. Consideriamo
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l’insorgere
del primo problema quantitativo, quello della quantificazione assoluta del
concetto di primo nell’essere: sua fonte sono l’osservazione che la quantità
del nostro sapere le cose della natura è direttamente proporzionale alla
quantità del nostro sapere il principio, e la considerazione che i metodi del
naturalismo non riescono ad offrire la molteplicità e la garanzia di conoscenze
che una metafisica può fornire in generale; ma questa fonte non si pone
automaticamente e irriflessivamente in modo univoco; essa è sempre una pretesa
la quale, in quanto pretesa, non offre nessuna garanzia di valore a se stessa e
tutta l’attende dai risultati dei meccanismi che mette in movimento, e insieme
da nulla è condizionata nel suo porsi se non da se stessa, sicché può
consentire a se stessa una larghezza vasta a piacere; bisogna allora partire da
quella larghezza che essa si è data, e vedere se essa è insorta come brama
isolata di giustificare tutto il fenomenico noto,- e il perimetro di questo è
straordinariamente esteso perché dentro di esso c’è l’universale e il
necessario della natura, ma c’è anche il particolare e il contingente, e ci sono
i nostri sogni, le nostre illusioni, i nostri pregiudizi, i postulati da cui
facciam dipendere i nostri discorsi, ci sono gl’impulsi e gli istinti, ci sono
le fantasie e le immaginazioni, le ipotesi e le teorie; tutto materiale di cui
un naturalismo a base razionalistica si sbarazza ad eccezione di ciò che assume
ad intelligibile, ma di cui il discorso metafisico, che ha a suo principio la
pretesa e il connesso problema quantitativo generico, non è tenuto affatto ad
accantonare nulla -, oppure se essa è nata come tensione a giustificare lo
stesso fenomenico nella suo tutto limitata però dal diritto che il conoscibile
del principio le dà di essere oppur no soddisfatta; nell’uno e nell’altro caso
la soddisfazione le verrà dalla connotazione qualitativa del concetto primo
metafisico, ma, brama o tensione che sia, essa agirà su tale connotazione
predeterminandone l’estensione e
l’usufrutto del fenomenico, il che significa che la deduzione della natura dal
principio dipenderà dalla connotazione di questo, previa però definizione della
conoscenza sua totale o parziale o del quanto di fenomenico noto si abbia
diritto di assumere a connotante il suo concetto. Il quanto che del principio
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potrà
conoscersi non dipende soltanto dalla risposta che dal fenomenico noto e dal
qualitativo di esso può trarsi, ma dipende anche dalla zona di fenomenico che
si è presa in considerazione; nell’atto cioè che la pretesa si pone e desta il
problema della conoscibilità del primo ontico, un qualitativo fenomenico è
stato preso in considerazione come principio del discorso di soluzione del
problema, ma insieme è stato fatto un altro discorso per stabilire quanto del
qualitativo fenomenico si abbia il diritto di usare per rispondere al primo
quesito; il che comporta che il problema primo si ponga abbracciando in sé il
problema del quanto di fenomenico sia lecito predicare al concetto primo
metafisico: il primo problema della quantificazione generica dipende per la sua
soluzione sia dall’analisi a discorso eterogeneo condotta sul qualitativo
naturale sia dalla sfera di qualitativo naturale che vien sottoposto a tale
tipo di analisi, e, poiché la sfera non necessariamente è totale, il diritto
che si ha di assumere tutto il fenomenico a nota del principio, legittimo in
linea formale e teorica, si fa problematico nello stato di fatto e si dà così
la questione del quanto di fenomenico sia lecito render nota del concetto
metafisico primo. D’altra parte, l’ulteriore problema della qualificazione del
principio non potrà esser risolto di certo se prima non si sia fissata la
quantità di fenomenico che deve esser pensata ed elaborata in vista della
conoscenza in atto, e non della semplice conoscibilità, del principio stesso.
Nessuna delle soluzioni di uno dei due problemi condiziona la solubilità e il
modo di solubilità dell’altro; dall’utilizzazione di una parte solo del
fenomenico noto può insorgere l’affermazione di una conoscibilità totale del
principio, alla quale può seguire la definizione o di predicabilità totale o di
predicabilità parziale del fenomenico noto al concetto metafisico primo - in
Parmenide, il discorso muove dalla validità del contenuto puro della facoltà
razionale, perviene alla asserzione di una conoscibilità totale del principio,
conclude nell’impredicabilità degli attributi fenomenici del molteplice e del
movimento al concetto di essere -
((2))-; (1)da un principio di argomentazione
metafisica il quale coincida con una zona limitata di naturale, è dato
pervenire alla dimostrazione dell’impossibilità di una conoscenza totale del
principio, da cui si deduce l’illiceità di una predicazione di tutto il
fenomenico al concetto metafisico primo a) ((??2??)) per Anassagora, la nozione
di una costanza di risultati omogenei da una analisi del fenomenico rimanda a
una conoscibilità totale del reale che non impedisce, anzi dà il diritto, sia
pure attraverso mediazioni a introdurre tutto il fenomenico nella connotazione
del principio. -;(1) in S. Agostino, il raziocinio metafisico muove dalle
tracce di divino nella natura e dalla rivelazione che, formalmente, è pure una
traccia di divino entro il fenomeno, sale alla negazione di
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una
conoscibilità totale di Dio, conclude nell’impredicabilità del tempo e del
male, che pure sono attributi della natura, al concetto di Dio -;
dall’utilizzazione di tutto il fenomenico noto deriva la connessione o la
negazione del diritto di conoscibilità totale del primo ontico cui può
associarsi indifferentemente il diritto di usufrutto totale o parziale del fenomenico a connotante il concetto
primo metafisico - per Spinoza, l’essenzialità di tutto ciò che è fenomeno
rimanda alla coessenzialità tra naturale
in genere e principio, ma non al diritto di pensare conoscibile nella sua interezza quest’ultimo, sebbene in
nome della coessenzialità un qualsiasi fenomeno si ponga a nota della sostanza;
per Plotino tutto il fenomenico è argomento di una conoscibilità semplicemente
parziale dell’Uno, non però di una connotabilità diciamo così a priori del
principio da parte del fenomenico; per Aristotele, bisogna indagare tutto il
fenomenico per rendersi conto della struttura dei principi i quali sono o
vengono da lui affermati totalmente conoscibili e insieme trovano i loro
concetti predicabili da tutte quelle nozioni fenomeniche che sono loro specie;
l’atomismo greco promuove dall’analisi di tutto il fenomenico una conoscenza
del principio equivalente alla sua conoscibilità, ma non ritiene per questo
legittima la predicazione di una qualsivoglia nozione fenomenica al concetto
primo metafisico -. Dunque, il primo problema quantitativo racchiude il
secondo, senza che per questo le rispettive soluzioni si condizionino a
vicenda, e questo secondo problema può essere anch’esso posto nei suoi termini
formali: il problema della quantità di fenomenico noto predicabile di diritto alla nozione metafisica si desta
dinanzi alla necessità del giudizio metafisico primo in quanto rapporto di
predicazione; come in ogni giudizio, anche in questo la possibilità del
conoscere sgorga in generale dal ritrovamento di un certo numero di note
assumibili come connotate da universalità e necessità, e in particolare dal
diritto che si è tenuti a fornire alla pretesa che le note trovabili
esauriscano totalmente o soltanto parzialmente la connotazione del soggetto,
che nella fattispecie è il concetto del primo nell’essere - di qui, il primo
problema della quantità di conoscibilità che ci è data del primo stesso-, e
insieme dal diritto che pure dobbiamo porre a ragione della pretesa che
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