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e quantitativamente differenziate, e non è possibile valersi di tutto
il fenomenico per predicarlo al concetto di natura la quale non potrà
costituire predicato totalmente connotato da essere rapportato al concetto di
primo ontico.
La conseguenza immediata di ciò è una necessaria osservazione che deve
essere fatta su tutte le metafisiche determinate a modalità spinoziana, su
tutte le metafisiche cioè che ad una conoscibilità parziale del principio
giustappongono una predicabilità totale del fenomenico in forza di una inadeguatezza
per difetto cognitivo del fenomenico al naturale e di una inadeguatezza per
eccesso ontico del naturale al fenomenico: il fenomeno, come rappresentazione
simmetrica del naturale, adegua gnoseologicamente quanto di natura esso
rappresenta, ma una sfera di reale naturale resta al di là dei limiti oltre il
quale il fenomenico non può andare e quindi la connotazione del concetto di
fenomenico determina una parte solo della connotazione del concetto di natura e
quindi una parte solo della connotazione del concetto di principio: il
fenomenico è totalmente predicabile al principio e questo resta parzialmente
ignoto. Ora, noi abbiamo detto poco fa che delle due l’una, o il concetto di
fenomenico è cognitivamente adeguato al concetto di natura e ciò rende totalmente
conoscibile il principio, o siffatta adeguazione non si dà, il che pone la
conoscibilità meramente parziale del principio, con la conseguente duplice
possibilità o di una conoscibilità totale del principio che pone
l’utilizzazione predicativa totale del fenomenico o di una conoscibilità
parziale del principio con utilizzazione predicativa pure parziale del
fenomenico. D’altra parte, più sopra è sembrato che noi muovessimo anzitutto da
una modalità della conoscibilità del principio, quella di totalità per
inferirne necessariamente la predicabilità totale del fenomenico, che
null’altro è se non l’intelligibilità totale del fenomenico in funzione della
conoscenza del principio, ed è sembrato quindi che enunciassimo implicitamente
sia il canone generico di un condizionamento della soluzione del problema della
predicabilità del fenomenico da parte della soluzione del problema della
conoscibilità del metafisico sia il canone particolare dell’illazione
apodittica della predicabilità parziale del fenomenico dalla conoscibilità
parziale del principio. Vi sarebbe
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dunque una contraddizione anzitutto fra la premessa prima, di portata
metodica, per cui la soluzione del problema della conoscibilità del metafisico
antecede e condiziona l’altra, e la conclusione cui siamo qui pervenuti per cui
pare che il processo sia proprio l’opposto, passandosi da un’analisi del
fenomenico ad un’enunciazione di legittimità di conoscenza totale o soltanto
parziale della natura in virtù dell’utilizzazione totale o soltanto parziale
del fenomenico, e da quell’enunciazione al riconoscimento di liceità di una
predicabilità di tutto o solo di parte del fenomenico al concetto di primo
metafisico e quindi di una conoscibilità totale o meramente parziale di esso; e
vi sarebbe ancora contraddizione fra la
nostra analisi della metafisica spinoziana che si limitava a descriverne la
struttura formale senza nulla riscontrarvi di errato o di non totalmente
intelligibile, e l’altra certezza cui siamo pervenuti di una necessaria deduzione
da una conoscibilità metafisica parziale di una predicazione soltanto parziale
del fenomenico in forza dell’impossibilità di risalire ad una nozione esaustiva
del primo ontico muovendo da una intelligibilità solo parziale del fenomenico.
Gli spinozismi, che dichiarano parzialmente inconoscibile il principio ontico
nonostante la liceità della predicazione al suo concetto di tutto il
fenomenico, giungono alla struttura formale essenziale alla teoria che li
caratterizza dopo aver ritrovato il fenomenico tale da essere non solo intuito,
il che è lapalissiano, ma anche al tutto intelletto in tutti i suoi momenti ed
aspetti o immediati o i più mediatamente discosti dall’immediatezza. e,
inoltre, anche del tutto simmetrico a quel tanto di natura che esso riflette e
riproduce: siffatto fenomenico è dunque un naturale, sia pure secondi modi
ontici che non son quelli della natura, e, poiché il naturale è un metafisico,
sia pure secondo modi che non sono del tutto quelli del primo ontico in sé, il
fenomenico è un metafisico. Si tratta ora di vedere per quale discorso essi
pervengano a negare l’esaurimento della connotazione del metafisico da parte di
una predicazione racchiudente in sé tutto il fenomenico: tale discorso non è
che lo stesso discorso con cui essi argomentano la sovrabbondanza della natura
rispetto al fenomeno. Ma questa sovrabbondanza non è in sé
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e non è pensata da tutti gli spinozismi in modo univoco. Stabilito che
per concetto di natura intendiamo il concetto del reale che non è in sé e quindi
sia il concetto del reale in quanto derivato dal principio sia il concetto del
nesso relazionale di derivazione di questo reale dal suo principio, nesso che è
esso pure fuori del reale in sé, - il concetto di natura, quindi denota il
concetto di tutto il reale che è derivazione dal principio, il concetto del
nesso di derivazione da questo, il concetto di soggetto conoscente, e il
concetto stesso di fenomenico -, il concetto di natura può essere dichiarato
del tutto coestensivo quantitativamente e o qualitativamente col concetto del
principio ontico ma non col concetto del fenomenico, essendo questo una
semplice sfera naturale entro la più larga sfera di tutto il naturale; oppure
il concetto di natura può essere pensato non coestensivo con quello del primo
ontico, o perché il reale del principio è quantitativamente identico al reale
naturale, ma è diverso qualitativamente - nella metafisica di Schelling la
natura coinvolge in sé tutti gli attributi del principio, ma i loro rapporti
reciproci non sono nella natura quel che sono nel principio, tant’è vero che le
modalità della relazione naturale consentono una distinzione degli attributi,
negata dalle modalità della relazione metafisica; il che è quanto afferma, in
fondo, Cusano -, o perché il reale del principio è qualitativamente identico al
reale naturale, ma quantitativamente diverso o per eccesso o per difetto -
quando Spencer fa della forza da un lato il concetto naturale primo nell’ordine
della natura e dall’altro la manifestazione prima del primo nell’essere, può
consentire a se stesso di dare alla forza un certo carattere di primato, che è
tonalità metafisica, per l’indeducibilità matematica e sperimentale della forza
stessa, e può dichiarare la forza inesaustiva del principio solo in grazia di
un eccesso quantitativo del principio sulla forza, che è sua manifestazione
prima, e quindi sulla natura stessa, divenendo in tal modo inconoscibile il
rapporto reale ed ontico fra manifestato e manifestazione e quindi
inconoscibile il manifestato stesso nonostante la manifestazione che di sé esso
ci dà; lo stesso si dice di Fichte, quando fa della natura il dispiegarsi
all’infinito di infiniti modi che nel principio hanno solo la condizione prima
che li pone un’energia infinita tesa al godimento di una libertà infinita, e,
con ciò,
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pone un difetto quantitativo del principio rispetto alla natura e un
eccesso quantitativo della natura sul principio che impediscono la
conoscibilità totale del principio non a causa di una impredicabilità totale
del fenomenico, il quale anzi per la sua perfetta simmetria col naturale ha
tutto il diritto di connotare il concetto metafisico primo, ma a causa di
un’eterna indeterminazione del principio stesso che ne fa un eternamente
ignoto. Ora nel caso di una inequivalenza qualitativa del metafisico e del
naturale, non appare affatto né intelligibile né legittima la predicabilità
totale del fenomenico: è vero che in siffatta situazione il principio anche
dopo la predicazione di tutto il fenomenico resta un parzialmente intelletto e
conosciuto, una notte in cui tutte le vacche sono nere, ma è altrettanto vero
che la condizione per cui la predicazione del fenomenico non esaurisce la
nozione metafisica prima si erige a impredicabilità di tutto il fenomenico al
principio: se il principio è sconosciuto per quella relazione di unità che
connette in esso tutti gli attributi che ne costituiscono l’essenza, delle due
l’una: o siffatta relazione unitaria permane anche nella natura e allora la
stessa relazione è essenziale al principio di un’essenzialità pari a quella
degli attributi che essa riduce ad unità, oppure la relazione unitaria è fuori
della natura e allora non si vede come attribuire ad essa la stessa
essenzialità che gli attributi ricevono proprio dal fatto di essere presenti nella
natura; di conseguenza, o la relazione non è necessaria ed essenziale ed è
lecito quindi dichiararla assente nella natura, e allora il fenomenico
coestensivo della natura è del tutto predicabile al concetto di primo
metafisico, il quale però diviene un totalmente conoscibile, essendo quella
relazione unitaria un modo contingente che in nulla tocca l’essenza del
principio, oppure la relazione unificante è necessaria al pari degli attributi
stessi e deve, in uno o altro modo trapassare nella natura, e allora l’assenza
di identica unità degli attributi nella rappresentazione fenomenica della
natura, e quindi un predicabile
soltanto parziale della natura e quindi del principio; ma nulla nel
principio è pensabile contingente, sicché il primo corno del dilemma è
inintelligibile impensabile impossibile anche nell’ordine ontico; resta solo il
secondo
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