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che affianca alla conoscibilità parziale del metafisico la
predicabilità soltanto parziale del fenomeno; analogo è il discorso che si deve
fare per la metafisica determinata di Cusano: con una conoscenza di tipo umano,
in altre parole con un fenomenico, che ha a suo fondamento la distinzione per
opposizione, una differenziazione per contraddittorietà di contrari o di riducibili
a contrari, il sistema gerarchico concettuale di tipo matematico lascia fuor di
sé l’effettiva genericità che è coessenzialità del genere con le specie tramite
l’unificazione entro il sovraordinato delle note opposte che provocano la
determinazione di ciascuna specie sicché la discesa alla specie è una sorta di
impoverimento di razionalità e di intelligibilità; l’ordine matematizzante dei
concetti è allora puramente fenomenico e non riproduce la reale connotazione
del principio; donde due possibilità: o la natura accoglie in sé l’unità
intelligibile effettiva nel senso di accogliere in sé l’unità generica dei
contraddittori assieme alla loro esplicitazione specifica oppure nel senso di
porsi come esplicitazione per specie di quell’implicitazione che rimane
condizione immutabile del primo nell’essere - pare che sia questa l’immagine
che delle cose si dà Cusano -, e allora l’unità dell’opposizione acquista una
portata essenziale in forza del rapporto di riproduzione del principio ontico
da parte della natura o di dipendenza della natura dal principio ontico secondo
il rapporto da ragion sufficiente ad intelligibile conseguente; oppure la
natura si limita a dispiegarsi nelle specie senza allineare entro di sé a
queste il genere unificatore pur continuando ad essere riproduzione perfetta
del principio ontico, e allora l’unità di opposizione del genere è qualcosa di
non essenziale al principio la cui assenza entro il naturale in nulla intacca
la perfetta simmetria ontica tra l’uno e l’altra; nel primo caso, il
fenomenico, che non riesce in alcun modo a darsi un genere in cui la
giustapposizione del coessenziale delle specie con le differenze specifiche sia
qualcosa d’altro da un mero accostamento, mai sarà in grado di far di sé
un’immagine del reale e resterà sempre inadeguato all’ontità metafisica che
costituisce l’essenza del reale - non si riesce infatti a vedere come il reale
possa sdoppiarsi in due simmetrici equivalenti e come la natura possa
sganciarsi da un nesso unitario col principio in un oggetto, in cui l’unità
generica e le differenze speciali non si adattano a una ripetizione e nel
principio ontico che rifiuta le seconde e nella natura che non lascia
intravedere un reale naturale che sia esclusivamente generico; nel secondo
caso, il fenomenico si pone come un qualcosa ricco di una pretesa inutile e
inesaudibile, quella di darsi l’immagine di un’unità di opposizioni che non è
necessaria nella natura perché non coessenziale al principio e che quindi non
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si verifica nella natura senza impedire per questo alla natura di
essere immagine perfetta del principio ontico; in entrambi i casi, il
fenomenico resta un impredicabile della natura e del principio o perché ha in
sé inerente l’esigenza di una rappresentazione in cui i due intuiti contraddittori
non solo si ritrovino in quella separazione per intolleranza reciproca che li
caratterizza nella natura e nel metafisico, il che si verifica, ma anche in
quella connessione con un genere che sia sintesi e non semplice
giustapposizione del coessenziale coi fattori di contraddizione il che è quanto
si pensa attuato nell’oggetto e quanto si è certi destinato a rimanere
perpetuamente assente nel conosciuto, oppure perché l’esigenza insoddisfatta
dell’opposizione e dell’unità si dà in esso fenomenico come il concetto
puramente possibile perché puramente formale e mai materiale di un modo che
dalle condizioni del noto fenomenico viene inferito come necessario ed
essenziale al metafisico mentre in questo è qualcosa di meramente contingente o
addirittura di ininferibile dallo stato formale e logico in atto entro il reale
in sé; il fenomenico allora è inadeguato al naturale -metafisico o per difetto
o per eccesso, e, anche se al pensiero di condizione umana non è dato prendere
posizione per una insufficienza per difetto o per un traboccare per eccesso -
infatti, se è vero che nella proiezione che il fenomenico fa di se stesso nel
reale tutto lascia credere che il reale in sé sia ricco di ciò che manca al
pensiero, è pure vero che nulla dimostra che la ricchezza del reale sia ontica
e non puramente proiettiva, essendo per questa decisione necessario dimostrare
che la contrarietà è stato in sé e non condizione del conoscere fenomenico e
non essendo lecita questa argomentazione se non attraverso una comparazione delle
connotazioni delle specie contraddittorie con la connotazione del genere che è
unità di esse, il che può operarsi su di un’intuizione non fenomenica della
natura; e questo è meno assurdo di quanto epidermicamente possa sembrare, non
essendo lecito parlare di una reale ed
essenziale opposizione del bene e del male, del maschile e del femminile, del
soggetto e dell’oggetto, del poligonale e del conoidale, ecc., se non partendo
dall’imperio che sul giudizio esercita il principio di contraddizione, e non
essendo lecito argomentare della medesima opposizione con la ragion sufficiente
di un genere che rinserri in sé, in una sia pure inintelligibile unità, allo
stato di coessenziale l’identico generico con l’opposto specifico, sicché
sarebbe vero
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ad esempio che un’azione di valore etico se con attributo di bene
espelle da sé come intollerabile l’attributo opposto del male, o che un animale
determinato dalla maschilità in nulla tollera la determinazione opposta, o che
un ente geometrico piano che sia conoide non si mostra predicabile con nessuna
delle determinazioni essenziali ad un poligono in quanto poligono, se si
potesse dimostrare che tale modo apodittico si mantiene anche fuori di una
situazione a modalità fenomeniche, il che se è estremamente difficile, se non
impossibile a pensarsi in una sfera di realtà o ((a??)) essenza geometrica, non
altrettanto difficile o impossibile a pensarsi appare per gli altri due casi
citati ad esempio, pei quali, in uno stato paradisiaco sulla cui attualità non
mi impegno affatto, l’opposizione scompare dinanzi ad un agire che non è buono
né cattivo, ma è reale, essendo la sua attribuzione di bene l’estensione
illecita di un fenomenico ad un in sé, o dinanzi ad un vivente il cui animale
attributo di riproduzione è venuto meno trascinando entro la propria
inessenzialità l’inessenzialità degli opposti sessuali; col che certo non
scompaiono tutte le aporie, ma si toglie senz’altro quella dell’unità delle
opposizioni che si rivela a valore permanentemente fenomenico -, il fenomenico
deve essere affermato impredicabile nella sua totalità alla natura e al primo
nell’essere; questo ne risulterà di conseguenza solo parzialmente noto, e alla
dichiarazione di conoscibilità parziale del metafisico si allineerà in
congruenza l’affermazione di predicabilità soltanto parziale del fenomenico; è
vero, voglio ancora aggiungere, che Cusano pare ripudiare l’asimmetria per
eccesso del fenomenico, ma questo, evidentemente, nulla toglie alla conclusione
e non fa altro che rendere lecita la denotazione della sua metafisica
determinata ad opera di quel medesimo genere che è proprio della metafisica
determinata alla Schelling. Le metafisiche alla Schelling non sono soltanto
delle metafisiche determinate a conoscibilità parziale del principio e predicabilità
totale del fenomenico per eccesso qualitativo del naturale sul fenomenico, sono
anche delle proposizioni descrittive dell’universale realtà a contenuto
incongruente per surrezione o per petizione di principio, dei quali errori il
pensiero a legislazione discorsiva umana mai avrebbe il diritto di accusarle se
non fosse chiamato in causa dall’appello che esse implicitamente rivolgono a
siffatta legislazione come a strumento loro fondamentale e quindi come a base
di una loro universale validità: il loro punto di partenza è l’assunzione del
fenomenico a valore
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gnoseologico, il diritto che esse vogliono darsi di guardare al quadro
complessivo di tutte le rappresentazioni a tonalità fenomenica come a un
aggregato i cui contenuti e i cui modi non sono in funzione della nota
dell’essere per altro che è l’essenza della loro fenomenicità e non sono da
assumersi per giudicare della loro pretesa di simmetriche riflessione del reale
in sé sotto il condizionatore ed ipotizzatore angolo di visuale di siffatta
funzione; il diritto, che non può essere fondato se non sulla nozione, che gode
di primato nell’ordine delle ragioni sufficienti, di una simmetria perfetta tra
reale in sé e rappresentazione fenomenica in genere, e che dalla nozione
assunta a ragion sufficiente prima mutua la liceità di presentare una qualsiasi
nozione fenomenica come predicato da attribuirsi alla connotazione del concetto
metafisico primo, non darebbe luogo a nessuna problematica se entro il quadro
totale del fenomenico non fosse presente nessuna incongruenza reciproca fra
questa o quella delle componenti il quadro stesso; che se, appunto,
un’incongruenza di siffatto tipo viene, per uno o altro discorso, negato, il
cammino è sgombro di aporie e dalle premesse qualitative assunte si procede
direttamente all’affermazione di una conoscibilità totale del primo ontico,
dalla quale è legittimo inferire la predicabilità totale del fenomenico e
l’universale validità gnoseologica di questo; ma se si rivelano delle
incongruenze e non si vuole o non si riesce ad escludere con questo o quel
discorso, insorge una grave aporia che trae nascita dal postulato, assunto
mplicitamente ad assioma fondamentale di tutto il discorso, comune al
razionalismo in genere: per costui, le conoscenze elaborate con perfetta
ottemperanza della legislazione normativa delle operazioni cognitive - questa
legislazione e la sua ottemperanza è una logica per eccellenza se considerata
in sé, è la ragione per eccellenza in quanto funzione cognitiva generica, è
intellezione in quanto produzione di conoscenze valide in genere - sono in
virtù della loro obbedienza alla logica dell’intellezione perfettamente
simmetriche del reale in sé e riproduzioni inalteranti di esso quasi sue
immagini speculari indeformate, il che rimanda all’altro postulato, che è il
vero e supremo assioma di ogni razionalismo, che il reale è razionale, ((o??))
come quello che ordina i propri elementari modi secondo una legislazione
normativa identica alla legislazione entro cui è possibile al soggetto conoscente
ordinare i propri elementari modi cognitivi;
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