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esigenze della legge, e allora il pensiero nonostante tutta la sua
buona volontà tutta la sua attenzione tutto il suo vigile spirito di disciplina
non potrà ottemperare alla legge stessa. Ora, fin dalle nostre prime pagine
abbiamo sempre curato di dimostrare che l’intuizione o conoscenza immediata non
è data, direi quasi per definizione, del primo nell’essere almeno in una
situazione cognitiva umana a tipo normale e, con ciò non può essere posta come
conosciuto primo e principio gnoseologico per una metafisica pura, non potendo
nel nostro ragionamento né accettare un’intuizione a modalità straordinarie
come principio di una metafisica pura e neppure confutarla, perché una sua
confutazione è lecita solo per quelle metafisiche impure che dopo essersi
appellate a funzioni cognitive straordinarie pretendono trasportare tutto il
bagaglio di nozioni fornite dalla o dalle nuove funzioni entro la sfera della
legislazione razionale- alludo a metafisiche determinate caratteristiche dello
spiritualismo francese a indirizzo antipositivistico - e ottengono il risultato
o di involversi in circoli viziosi o di cadere in una petizione di principio,
ma diviene subordinata a una determinazione qualitativa di metafisica pura e
quindi estranea a queste ricerche puramente formali quando si rivolga contro
metafisiche di contenuto buddistico ad esempio per le quali la funzione
cognitiva straordinaria concede un’”estasi” irreversibile. Ma se l’intuizione
dell’ente primo non è data neppure è data una liceità di conoscenza mediata per
elaborazione razionale delle modalità della sua esistenza, mancando in tal modo
la possibilità di connotare il relativo concetto di altre note a fianco di
quella dell’esistenza del suo oggetto e quindi, a maggior ragione, non essendo
presente quella particolare illuminazione dell’ente primo nella sua modalità
razionale che consenta l’intuizione speciale di quella sua parte la cui analisi
si tradurrà nella connotazione del predicato in quel giudizio metafisico primo
che suona “il reale è razionale”; è vero che il concetto di razionale in
generale riceve la sua connotazione da un notevole numero di fonti che sono
altrettante intuizioni fenomeniche, ma è pure vero che la connotazione in tal
modo ottenuta non riguarderà mai la connotazione totale del concetto metafisico
primo e solo ricondotta alla sua più estrema genericità, ammesso che a questa
si possa pervenire, potrà valere come possibile fonte di conoscenza per il
concetto di reale, senza per questo mai offrire certezza assoluta perché
l’ignoranza della connotazione particolare di questo se impedisce la
definizione determinata del suo predicato, non impedisce in minor misura la
denotazione di questa da parte di un qualsivoglia generico. Per questo motivo
un
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razionalismo, che è pur sempre una certa metafisica determinata, come
quello che è mosso dal giudizio “ il reale è razionale” in quanto enunciato
metafisico primo, nell’alternativa o di rinunciare ad ogni altro passo innanzi
al di là del primo conosciuto stesso o di dover ciononostante procedere oltre
sia perché l’affermazione prima in sé e per sé non ha nessuna portata cognitiva
determinata sia perché essa pure attende una qualche giustificazione che non
può venire se non da un allargamento della connotazione del concetto metafisico
primo, ritiene legittima la liceità di inferire immediatamente dal giudizio
metafisico primo un giudizio secondo che non è se non la sua conversione, pel
medio della quale si offre all’analisi un complesso fenomenico ancora
complicato e intricato nella sua composizione, ma pur sempre dato e attuale
nella sua intuibilità immediata, col conseguente usufrutto di una situazione
gnoseologica ben diversa dalla precedente in cui si offriva un analizzando
dalla connotazione incerta ed oscura - com’è evidente, abbiamo tralasciato qui
quel discorso ad inferenza eterogenea che pur deve precedere l’enunciazione
metafisica prima della razionalità del primo ontico, perché qui il razionalismo
ci interessa non nella sua validità generica e nella sua legittimità cognitiva,
ma soltanto in quelle sue conseguenze che portano direttamente nel cuore di
metafisiche a cognizione parziale del metafisico e a predicabilità totale del
fenomenico. Con questo suo primo movimento dialettico dalla razionalità del
metafisico all’ontità del razionale, un razionalismo si è dato il diritto di
assumere il razionale in sé, in quanto immediatamente intuito per sé, di
procedere alla sua analisi, di salire alla sua definizione come connotazione
dell’essenziale del razionale e della determinazione o delle determinazioni che
tale essenziale accoglie entro un razionale, e di dar vita con ciò a una catena
di passaggi dialettici in cui il concetto di razionalità vien sempre meglio
determinato fin ad essere conosciuto in tutta la sua connotazione; la
legittimità gnoseologica della catena dialettica deriva dal giudizio secondo,
quello della soggettività del razionale, che ha fornito il diritto di astrarre
dal fenomenico tutte le zone che potessero esser qualificate come razionali e
di trattarle come altrettanti autonomi nell’esistenza, mentre la medesima
catena trae il fondamento delle sue pretese metafisiche ancora dal medesimo
giudizio in quanto però predica al razionale l’ontità. Ma l’intero processo si
sposta dall’assunzione del razionale a qualificativo del reale per scendere
sino alla definizione
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del razionale, per ritornare ancora da questa determinazione alla
connotazione completa del reale ontico stesso - siano A il concetto di
metafisico primo in genere con la mera determinazione dell’esistenza del suo
oggetto e con l’indicazione della presenza in esso di una nota di razionalità
ridotta però alla minima connotazione dell’esistenza intelligibile per
universalità e necessità, B il concetto di questa nota di razionale così
indeterminatamente connotata, A1 il concetto della nota
dell’esistenza dell’oggetto di A, B1 B2 B3...
i concetti della determinazione del concetto di esistenza intelligibile in
genere e quindi le ragioni sufficienti e insieme le denotazioni di questo
concetto, Bn la determinazione esaustiva e per la qualità e per la
qualità del concetto di razionale come di esistente intelligibili e, di
conseguenza, la categoria offrente la ragion sufficiente prima e la denotazione
prima di una qualsivoglia classe del razionale, An il concetto di
ente metafisico primo in quanto, se non completamente determinato, almeno
esaurientemente connotato rispetto a quella minima connotazione insufficiente
che ineriva ad A, il movimento dialettico procede lungo le seguenti tappe: (A è
A1) = (A è B)→ (B è A1) → (B è B1,
B2, B3...Bn) → (Bn è A1)→
(A è Bn) →(A è An) -; e in siffatto processo si
verifica a) che il razionale che si ha diritto di assumere ad autosussistente
come termine di un’analisi a finalità metafisica è soltanto il razionale come
immanente nel primo metafisico, b) che il concetto di razionale medio tra la
predicazione indeterminata del concetto metafisico primo e la predicazione
determinata del medesimo deve essere la nota denotante e il concetto metafisico
primo e i concetti di classi di razionalità in quanto però dimostrati di
derivazione da esso e conseguenti da esso come da ragion sufficiente, c) che
qualsivoglia classe di razionale non può essere assunta come principio di
induzione della categoria del razionale se non per un’analisi a validità
puramente fenomenica e destinata a veder garantita la sua pretesa di validità
metafisica, alla condizione che sia dimostrato sussistere tra il concetto
metafisico primo e la categoria del razionale un nesso di ragion sufficiente
esistenziale, d) che nella fattispecie siffatto nesso non è dato per gli stessi
motivi per cui non è lecito procedere all’indagine immediata del razionale in
quanto inerente al metafisico,
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vale a dire proprio perché il metafisico non è intuitivamente dato in
sé nella sua generica connotazione,
e) che l’assenza di tale rapporto consequenziale lascia l’intero
raziocinio in una condizione o di invalidità logica, appunto perché
contravviene al canone secondo della legge di equivalenza, pel quale è
illegittimo e quindi cognitivamente infruttuoso sostituire nel rango di
principio discorsivo all’enunciato primo di una certa equivalenza l’enunciato
secondo, che è appunto ciò che fanno i razionalismi - per questi il giudizio
primo (A è B) esce dalla sua indeterminatezza per divenire il giudizio metafisico
qualificato (An è Bn) alla condizione che il rapporto
primo di equivalenza sia (B è A), in virtù del quale la determinazione (Bn
è A) consente la conclusione [(Bn è An) → (An
è Bn)]. La illegittimità del processo è provata da questo che un
razionalismo evita il paralogismo di cui si macchia il suo discorso alla
condizione di dare a questo un certo fondamento che è però preda di circolo
vizioso: infatti, se non si vuole che non sia lecita la predicazione della
categoria del razionale in quanto denotante le classi dei razionali fenomenici
al concetto di primo ontico in quanto metafisico, essendo la categoria della
razionalità di questo un metafisico e quindi un eterogeneo per principio dal
fenomenico, per evitare che vengano identificati nel raziocinio due concetti
eterogenei, non resta che argomentare la denotazione da parte della categoria
del razionale di portata fenomenica sulla connotazione del concetto metafisico
primo dalla funzione di ragion sufficiente che questo deve esercitare su tutto
il razionale in generale, e, contemporaneamente e sotto lo stesso punto di
vista, argomentare il rapporto di ragion sufficiente tra concetto metafisico
primo e concetto di razionale fenomenico dall’immanenza di questo nella
connotazione di quello; in parole più semplici ci si attribuisce il diritto che
la razionalità che si deve predicare al concetto del primo nell’essere è la
razionalità medesima che si predica del concetto di fenomenico in generale
perché la razionalità del primo è la ragion sufficiente dell’essere e del modo
di essere dalla razionalità del secondo, e si inferisce il diritto di affermare
il rapporto di consequenzialità che pone l’essere e ((o??))il modo di essere
della razionalità proprio della classe del fenomenico in funzione dell’essere e
del modo di essere della razionalità propria del concetto metafisico primo,
dalla necessità di dover predicare la razionalità
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