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Giordano Bruno Cavagna (n. 1921 - m.1966) Metaf. class. e metaf. cristiana IntraText CT - Lettura del testo |
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[pag.36 F 1] inerenza tra i due enti che poi entreranno nella negazione come a sua ragione sufficiente, ma in sé non verifica né l’effettualità di siffatto stato né quindi la propria legittimità, il medesimo rapporto di inerenza pensato però come legittimo o diritto rimanda allo stato di inerenza interconcettuale e impone la verifica dell’esistenza dello stato e della propria legittimità, la verifica offre la cognizione o di rapporto che non è di inerenza o di una separazione tra i due concetti con la conseguenza che nel caso che appaia noto un rapporto interconcettuale altro dall’inerenza questo è ragion sufficiente dell’affermazione della sua realtà e quindi del pensamento dei due concetti secondo la connessione stabilita dal rapporto in atto, il qual pensamento è affermazione e giudizio, mentre nel caso che si dia da conoscersi la separazione interconcettuale questa si dà come ragione dell’impossibilità di un loro pensamento in connessione e quindi della loro introduzione in un’affermazione o giudizio; quest’ultimo complesso, costituito dal vincolo che lega lo stato di relazione non -inerenziale o lo stato di separazione di fatto tra i due concetti al pensamento della loro effettiva connessione determinata o della loro effettiva separazione, che sono rispettivamente coesistenza in un giudizio o appartenenza costante a giudizi differenti, è il punto di arrivo positivo, ossia di conoscenza legittima e fornitrice di nozioni materiali concrete, cui rimanda la ricerca operata sul rapporto di inerenza ideale o di diritto con la conseguente separazione tra que ((questa??)) e il rapporto di inerenza di fatto e che fa da simmetrico alla conoscenza meramente negativa - siano dati i due concetti A e B, l’affermazione di fatto dell’inerenza di B in A (=A è B) pretende come ragione l’inerenza di B in A (=A è A1 A2 A3...An, in cui A1=B), l’affermazione di diritto dell’inerenza di B in A (=A è B, apodittico e vero) verifica l’inerenza di B in A e trova o A ≠ B o trova che A: B ≠ A (= A1 A2 A3...An): B (=A1) e deduce che {(A ≠ B) o [(A: B ≠ A (=A1 A2 A3...An): B (=A1)] } ≠ {[(A ≠ B) o (A: B ≠ A (= A1 A2 A3...An): B (=A1)] →(A è B) } e che { (A ≠ B) o [(A: B ≠ A (= A1 A2 A3...An): B (=A1)] } = { (A ≠ B) o [(A: B ≠ A (= A1 A2 A3... An): B (=A1)] → (A ≠ B) o (A è C (= A1 ≠B)]; donde [pag.36 F2] risulta noto che { [(A= A1 A2 A3...An). B (= A1)→ A è B] ≠ { [A ≠B] o [A: B ≠ A (= A1 A2 A3...An): B (= A1)] ≠ [(A ≠ B) o (A: B ≠ A (= A1 A2 A3...An): B (= A1) → (A è B)] } e che { (A ≠ B) o [A: B ≠ A (= A1 A2 A3..An): B (=A1)] → [(A ≠ B) = [ (A è non B)((forma cancellata))] }, essendo la prima risultante la separazione di (A è B), in quanto di fatto, da (A è B), in quanto di diritto, la seconda risultante (A ≠ B) o [A è C (= A1)] la conoscenza verace da sostituirsi, nell’ordine di fatto, a (A é B) -; il fatto che la separazione del rapporto di inerenza di fatto dal rapporto di inerenza di diritto rimandi alla nozione di separazione dei due concetti o alla nozione di una condizione relazionale altra da quella di inerenza, argomenta come il concetto di separazione sia principio di conoscenza per l’eventuale concetto di separazione dei due concetti. In sintesi, il termine di assenza come segno di separazione nell’esistenza in genere indica immediatamente, nel caso che il concetto da esso designato entri nella definizione della negazione, la separazione assoluta del rapporto di inerenza tra i due concetti, termini di negazione, in quanto pensato di fatto dal medesimo rapporto di inerenza in quanto pensato di diritto e solo mediatamente indica la separazione dei due concetti come quella che in quanto assoluta è conseguenza, meramente possibile e non necessaria, della separazione precedente; e poiché la separazione dei due rapporti di inerenza riguarda non la loro connotazione materiale, che è per entrambi identica, ma la loro rispettiva denotazione che per il primo rapporto è dalla nota di effettualità e per il secondo dalla nota di legittimità e che quindi è fatto puramente formale, l’assenza in quanto separazione nell’esistenza tocca le condizioni formali dei due rapporti le quali sono del tutto eterogenee, l’effettualità restando sempre al di fuori della classe della legittimità e la legittimità connotando un rapporto di inerenza altro da quello effettuale. Sicché, a guardare ben in fondo le cose, la separazione si articola su quattro rapporti di inerenza, il rapporto di inerenza tra i due concetti, termini della negazione, in quanto di fatto, il rapporto di inerenza tra i medesimi due concetti in quanto di diritto, il rapporto di inerenza tra uno dei due concetti e un terzo concetto in quanto di fatto, il rapporto di inerenza tra uno dei [pag.36 F3] due concetti e il terzo concetto in quanto di diritto; l’identità o identificazione tra quest’ultimo rapporto in quanto di fatto e il medesimo rapporto in quanto di diritto, viene assunta dalla separazione tra i due primi rapporti come propria ragion sufficiente - dati i concetti A (= A1 A2 A3...An) e B, e dato il rapporto (A=B) = (B = A1), il rapporto è di fatto se (B= A1) è tesi, il rapporto è di diritto se (B=A1) è ipotesi; indichiamo con a (alfa) il rapporto (A è B) di fatto e con b (beta) il rapporto (A è B) di diritto; se dato (A= A1 A2 A3...An) si dà (C=A1), l’ipotesi (C=A1)pone che (A=C);indichiamo con g (gamma) il rapporto (A = C) di diritto, e con d (delta) il rapporto (A = C) di fatto; l’ipotesi (C=A1) porrà pure che [(C = A1)→(B ≠ A1)], che { [(C =A1)→ (B ≠ A1)] → (A ≠ B) }, che [(C=A1)→ d (delta)], che [(C=A1)→ g (gamma)], che [(C= A1)→ (g (gamma) = d (delta) ) = (d (delta)= g (gamma))], che [(A ≠ B)→ non -b (beta)], che [(A ≠ B)→ (a (alfa) ≠ b (beta))] -. Prendiamo ora in considerazione la definizione di negazione da cui siam partiti. Non intendo qui, e mi si perdoni, condurre un’analisi completa, almeno relativamente al mio pensiero indagante se non all’oggetto, del fenomeno della tautologia: è certo che il concetto che comunemente ci viene offerto come indicato da siffatta parola è molto indeterminato, a tal punto che tutti i fatti del conoscere diverrebbero sussumibili sotto di esso, venendo così meno quella portata di invalidità gnoseologica che noi siam soliti attribuire a uno stato mentale tautologico; dire che si ha tautologia quando date due rappresentazioni a pretesa di intelligibilità esse si danno connotate dal medesimo concetto, indipendentemente dalla qualità e quantità delle parole usate per esprimerlo, significa semplicemente dire che tutto il nostro conoscere è una tautologia, perché noi conosciamo giustapponendo sempre due intelligibili che debbono essere estensivamente e intensivamente uguali, corrispondendo a una assenza di questa uguaglianza un’assenza di conoscenza secondo un rapporto rigidamente proporzionale tra le due; l’ideale del conoscere è la convertibilità universale delle due rappresentazioni correlate nel rapporto funzionale rappresentativo, la liceità e apoditticità di una sostituzione onnicomprensiva della seconda alla prima e della prima alla seconda, e tale convertibilità non si può avere se non quando il volume concettuale dei due rappresentati è assolutamente identico; di conseguenza, dire che si ha una tautologia quando si abbia l’identità concettuale fra i termini correlati per finalità cognitiva - ed è questa la descrizione che comunemente vien data per la [pag. 36 F 4] tautologia, oppure esprimere lo stato tautologico con la formula che per il Couturat ne esprime la legge -aa =a, a ∪ ((leggi: segno della quantità breve)) a = a -, e insieme lasciare alla situazione tautologica tutta la sua portata spregiativa non vuol dire altro che estendere il medesimo senso spregiativo all’ideale gnoseologico; e a nulla serve tentare di salvaguardare un qualche valore alla tautologia, dicendo o che la situazione tautologica si dà solo quando la convertibilità universale è pure affermativa - in questo caso non si tiene presente che la conversione di due termini universali, l’uno dei quali negativo, è formalmente legittima, ma gnoseologicamente non lecita, essendo vero che tutti gli uomini sono il non di quel che sono, ma non che il non di quel che sono coincida con tutti gli uomini, sicché una conoscenza per negazione, sia pur solo parziale, non è sempre convertibile dal punto di vista formale, ma dal punto di vista gnoseologico lo diviene solo surrettiziamente -, o che la tautologia in quanto enunciato dell’identità assoluta tra i due correlati è affermazione della loro identità necessaria e formale - infatti, poiché la tautologia sottintende una ripetizione, l’identità in quanto eguaglianza di una rappresentazione con la propria ripetizione pone un’identità necessaria sì, ma non solo formale bensì anche materiale col che nulla insegna; che se invece l’identità necessaria è puramente formale, allora siam fuori da una situazione tautologica -, o che una tautologia non esiste di fatto perché anche la pur più assoluta delle ripetizioni riempie il secondo rappresentato di un contenuto che non ha il primo, ossia vi è qualcosa di indipendente dal trascorrere del tempo, il permanere immutabile dell’identico con se stesso - e anche questo è vero, fuor però di una posizione veramente tautologica, fuor cioè di una ripetizione pura e semplice, in quanto in siffatto caso il secondo membro appare una mera ripetizione del primo, che può essere anche verbale, come quando diciamo “ Socrate muore perché Socrate è Socrate, oppure: Dio e Dio, ma in realtà non si ha per niente una ripetizione volendosi attribuire, mediante il secondo rappresentato, un valore al primo che di per sé non aveva -; tutte queste giustificazioni, a parte il fatto che finiscono per sostituire all’oggetto che esse pretendono assumere in esame e difendere, l’ente reale tautologia, qualche altro reale che nulla ha di tautologico in sé, si rifanno sempre per l’interpretazione della loro pretesa
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