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Giordano Bruno Cavagna (n. 1921 - m.1966) Metaf. class. e metaf. cristiana IntraText CT - Lettura del testo |
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[pag.37 F 1] a quell’indeterminata descrizione del fenomeno che farebbe di tutti i fatti del conoscere altrettanti momenti o classe di una sola grande classe cognitiva vuota di valore gnoseologico. Ora, l’eterogeneità della tautologia dall’ideale del conoscere di un’assoluta identità tra rappresentazione da conoscersi e rappresentazione che dà conoscenza della prima sgorga dalla differente connotazione del fenomeno tautologico dell’ideale cognitivo e può porsi come medio per una descrizione totale della stessa tautologia in generale. Siano date due rappresentazioni in siffatta relazione reciproca che la loro unità per unificazione soddisfi all’ideale cognitivo stesso, essendo la seconda delle due rappresentazioni lo strumento di cui il pensiero si vale per offrire soluzione a tutti i possibili problemi che possono insorgere su ciò che di noto è dato dalla prima di esse, essendo cioè la seconda rappresentazione fonte di una conoscenza totale e totalmente soddisfacente della prima. Se chiamiamo stato dialettico o semplicemente dialettica il fatto fenomenico intuitivo che il pensiero coglie in sé quando da una rappresentazione si porta su di un’altra, ossia quando dalla concentrazione di attenzione o energia gnoseologico -indagativo su di un rappresentato passa ad operare identica concentrazione su di un altro rappresentato, diremo che l’unità per unificazione di quelle due rappresentazioni, in quanto spostamento di attenzione dall’una all’altra, è stato dialettico e che come tale implica quel che uno stato dialettico involge in generale, anzitutto una eterogeneità qualsivoglia dei due rappresentati; ma per quanto abbiamo posto nel principio del presente discorso, i due rappresentati debbono essere identici se debbono consentire al pensiero il fine da questo propostosi all’atto di assumere in unità i due rappresentati, di valersi cioè dell’uno per conoscere interamente l’altro, il che certo non potrebbe darsi se le due rappresentazioni fossero sia pure di poco inequivalenti e diseguali, come quelle che, per siffatta loro natura, non potrebbero essere l’una, la prima, quella da conoscersi, la stessa cosa che è la seconda ma in una tale modalità di esistenza delle sue componenti che la totalità di queste e le connessioni loro relazioni non siano immediatamente evidenti, l’altra la seconda, quella fonte di conoscenza, la stessa cosa che è la prima ma in una differente modalità di esistenza, per la quale la somma delle sue componenti si dà in sé e nelle connessioni relazionali che l’ordiscono come totalmente e immediatamente evidente: dunque si deve dare un’identità materiale, che può variare da caso a caso, ossia da coppia di rappresentazioni [pag 37 F 2] in connessione cognitiva a coppia di rappresentazioni in medesimo rapporto, e che coinvolge s’intende anche la formalità intrinseca a ciascuno dei due rappresentati di ciascuna coppia, variando l’ordito unificatore delle materie da ente ad ente e in funzione della costituzione materiale delle singole componenti che lo costituiscono; con ciò, l’eterogeneità delle due rappresentazioni esatta dal nesso dialettico che le unifica nell’unità cognitiva non può riguardare né la loro identità o eguaglianza materiale né quell’identità formale che è in funzione di questa: in altre parole, se una rappresentazione ha da servire da fonte di conoscenza completa di un’altra, è necessario che le due rappresentazioni siano l’una, nella sua materia e nella sua forma, identica in assoluto a quel che è la materia e la forma nell’altra, e per questo dicevamo sopra che il grado di conoscenza che la loro unità realizza è rigidamente proporzionale al quanto di identico ciascuna delle due ha, nella sua materia e nella sua forma, nei confronti dell’altra, e quindi rigidamente proporzionale alla loro convertibilità legittima, corrispondendo il grado supremo e perfetto di cognizione per due rappresentati ((alla??))la loro assoluta ed universale convertibilità affermativa; e per questo dicevamo sopra che se tautologia è identità concettuale sic et simpliciter, non solo l’ideale supremo del conoscere, ma anche tutte le conoscenze divengono tautologie. Se il conoscere esige l’eterogeneità dello stato dialettico e l’omogeneità assoluta del materiale e formale delle due rappresentazioni ciascuna presa nella sua rispettiva connotazione, delle due l’una o i fattori componenti la”situazione” cognitiva sono solo le due connotazioni, identiche nella materia e nella struttura formale, delle due rappresentazioni, e in questo caso non si presenta nessuna eterogeneità il che impedisce un effettivo stato dialettico, o nella “situazione” cognitiva compaiono uno o più altri componenti elementari, e allora dalla loro eterogeneità può sgorgare la condizione sufficiente e necessaria per sussistere di uno stato dialettico - si può affermare che l’identità assoluta della forma e della materia dei due rappresentati è un modo errato di situare il rapporto tra i due unificati nella “situazione” cognitiva la quale sussisterebbe appunto perché qualcosa [pag. 37 F 3] di ciò che denota la forma e la materia dalla comprensione dell’un rappresentato dev’essere per ipotesi differente da almeno una delle note che denotano nella forma o nella materia la comprensione dell’altro, dandosi, ad esempio, che la definizione per quantità del cerchio come di figura a raggi uguali o la definizione per analisi del cerchio come di figura dalla formula x2 + y2 = z2 sono sì unità per unificazioni di due rappresentazioni, cerchio e figura a raggi eguali, cerchio e spaziale determinato algebricamente dalla formula, le quali sono materialmente uguali, ma che l’uguaglianza materiale non condiziona in nulla la condizione formale delle due rispettive connotazioni, essendo l’una connotazione un’ unità organica, l’altra un’unità ottenuta unificando per giustapposizione elementi disorganizzati: ora, a parte il fatto che se sostituiamo nella coppia delle rappresentazioni relazionate a fini cognitivi all’intuito sensoriale, che dalla relazione attende conoscenza, il suo concetto, tosto identifichiamo i due rappresentati non solo nella materia ma anche nella forma che diviene in entrambi elisione di disorganico per giustapposizione (dire che questa figura geometrica davanti a noi tracciata su un foglio di carta è intelligibile perché ha i raggi suoi tutti uguali, oppure perché il quadrato di una sua componente è la somma dei quadrati di due sue altre componenti, onde al variare quantitativo di ciascuna di queste corrisponde il mutamento quantitativo del raggio, ma non il rapporto tra le quantità stesse che permane costante, significa non già confrontare ed equiparare un tutto uno per organicità e quindi immediatamente uno con un tutto uno per rapportazione di parti e quindi mediatamente o secondariamente uno, bensì prendere quell’uno che è uno organico e immediato, identificarlo con una sua rappresentazione che è unitaria per rapportazione di disorganici analizzati e che è problematica e non evidente per ciò che riguarda la rapportazione stessa dei disorganici, e procedere poi a identificare questa seconda rappresentazione con un’altra del pari unificata per rapportazione degli analizzati, nella quale tuttavia tutto è noto ed evidente, compresi i rapporti unificatori), a parte ancora il fatto che non sembra possibile per il pensiero confrontare direttamente due eterogenei, come sono una rappresentazione una organicamente e immediatamente e una rappresentazione una sinteticamente e mediatamente, resta pur sempre che se i due unificati sono due [pag.37 F4] rappresentazioni concettuali, il che si dà sempre nelle definizioni ad esempio, non si vede in che cosa di formale le loro rispettive connotazioni possano differire, sicché alla presupposta e necessariamente presupposta identità, o totale o parziale, della materia connotante deve aggiungersi una altrettanto necessariamente presupposta identità, o parziale o totale, della forma, che sarà per entrambi la forma universale di un concetto in genere, dovendosi postulare, tra l’altro, un’identità tra le parti stesse note, o della forma o della materia nel caso di una parzialità del connotante e materiale e formale -. In un rapporto tra due rappresentazioni a finalità cognitiva non ci sono semplicemente le connotazioni formali e materiali di ciascuna delle due rappresentazioni, connotazioni la cui identità liceizza il perseguimento delle finalità; c’è pure quel rapporto che è non già la loro reciproca identità, ma è posto da quel particolare stato della loro unità che coincide col moto dialettico: quando due noti si offrano in identità, totale o parziale, rispetto alla materia e al tempo stesso alla forma delle loro connotazioni, è logico che tra i due la mente instauri una relazione di eguaglianza o di equivalenza - se è dato A1 come predicato in un giudizio, e se è dato come soggetto di un altro giudizio un A2, qualora l’analisi di A1 e di A2 riveli entro la loro connotazione, al di sotto dei differenti discorsi di cui fan parte, un’assoluta uguaglianza nella rispettiva connotazione materiale e formale, è necessario che all’analisi consegua l’affermazione di identità A1 = A2, essendo la differenza dei segni nulla di più che l’effetto di una differenza delle situazioni relazionali nelle quali son venute a trovarsi -; ed è logico che la posizione stessa dell’eguaglianza o dell’equivalenza coincida con uno stato dialettico, ossia con uno spostamento di concentrazione di attenzione dall’un identico all’altro; ma questo spostamento che è dialettica non ha nulla che fare con quella dialettica che costituisce l’unificazione a finalità gnoseologica, in quanto da un lato assume ad eterogeneità condizionale una semplice differenza situazionale, dall’altro consegue soltanto la conoscenza dell’identità, sicché il rapporto cognitivo non si dà tra i due identici, ma tra la coppia colta nella differenza situazionale e la medesima
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