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Giordano Bruno Cavagna (n. 1921 - m.1966) Metaf. class. e metaf. cristiana IntraText CT - Lettura del testo |
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[pag.38 F1] coppia colta in identità: il rapporto dialettico tra due identici in quanto identici, ossia il rapporto dialettico a finalità identicativa, non ha nulla che fare col rapporto tra due identici in quanto dotati nella loro unificazione di quel fattore di eterogeneità di cui siamo alla ricerca, ossia col rapporto dialettico a finalità cognitiva - dati i concetti A1 e A2, connotati come nell’esempio immediatamente precedente, il giudizio A1 =A2 è rapporto dialettico da A1 ad A2 e da A2 ad A1, ma questo rapporto dialettico si limita a stabilire la perfetta identità ed equivalenza dei due, sostituendo al possibile errore del giudizio A1 ≠ A2 dedotto dai due giudizi “ B è A1” e “ A2 è C” la verità che è A1 =A2; un rapporto dialettico non limitato alla semplice identificazione di A1 con A2; un rapporto dialettico non limitato alla semplice identificazione di A1 con A2 s’instaura non già tra A1 e A2, ma vincola la situazione di A1 e di A2 nei giudizi “B è A1” e “A2 è C” con il giudizio A1 =A2 secondo la proporzione: A1 (che è in B): A2 (che è C) = A1: A2, donde A1 A2 (che è C) = A2 A1 (che è in B), donde (A1 = A2) → (A2 = A1).- Se, allora, consideriamo, l’unità dialettica che unifica due rappresentazioni connesse per finalità cognitiva, possiamo notare che al di sotto dei numerosi modi secondo cui tale unità, che è unificazione relazionale per movimento di pensiero, si attua, sussiste un’unica modalità, che è l’essenza di tali modi e insieme determina la loro univocità formale; questo schema formale è l’unificazione sintetica di tre movimenti dialettici secondo i quali l’attenzione del pensiero si sposta dalla sua concentrazione sul primo alla concentrazione sul secondo e da questa a quella: il pensiero si muove dall’attenzione concentrata sul primo all’attenzione concentrata sul secondo per stabilire il diritto all’esistenza e alla pensabilità in generale cui entrambi i rappresentati possono aspirare; lo stesso pensiero disloca l’attenzione dal secondo per concentrarlo sul primo al fine di identificare il diritto cui entrambi aspirano di vedere riconosciuta legittima la loro pretesa di essere degli apodittici nell’esistenza o ((e??)) nella pensabilità; ancora una volta il pensiero porta la sua attenzione dal secondo rappresentato al primo per cogliere il diritto legittimante la pretesa del secondo rappresentato ad offrire la propria connotazione come fonte di evidenza immediata, di determinazione e di [pag.38 F2] soluzione rispettivamente di ciò che di non immediatamente evidente, indeterminato, aporetico turba la contemplazione della connotazione del primo rappresentato: i due rappresentati si sono dati al pensiero ciascuno proclamante delle sue pretese, il primo di garantire l’esistenza del secondo, il secondo di garantire l’apoditticità al primo e di fornirgli l’evidenza la determinazione l’esclusione di aporie; e il pensiero li ha unificati appunto sulla base di tali pretese, che per un aspetto lo pongono nella necessità di spostarsi dall’uno all’altro e dall’altro all’uno e per un aspetto diverso lo pongono nella necessità di verificare la legittimità delle pretese; ma poiché, a guardar bene, le tre pretese sono riconducibili tutte all’unico vanto dei due rappresentati di essere degli identici o in tutto o almeno in quella parte della loro connotazione che ha che fare con l’esistenza in genere, con la necessità dell’esistenza, l’inevidenza l’indeterminatezza e l’aporeticità di uno dei due, il diritto che legittima la pretesa sarà l’identità; l’eterogeneità allora non sarà né nella forma né nella materia delle singole connotazioni, sarà soltanto nella differenza di funzione che ciascuna connotazione assume entro i tre rapporti, essendo la connotazione della prima rappresentazione principio funzionale dell’esistenza generica della seconda, essendo la connotazione della seconda principio funzionale dell’esistenza apodittica e dell’intelligibilità della prima, sicché il pensiero viene a patire in siffatta unità tre movimenti da eterogeneo a eterogeneo, un moto dialettico unidirezionale e irreversibile dal primo al secondo per ciò che riguarda la loro esistenza e la loro pensabilità in genere -potendo, è vero, tale moto essere sostituito da altro analogo che parta da un primo rappresentato in genere, ma dovendo siffatto moto darsi in uno o altro modo e dovendosi sempre dare quando ad esso si uniscano gli altri due, nel senso che, ad esempio, l’esistenza e la pensabilità in genere di “uomo” non sono funzioni dell’esistenza e della pensabilità in genere di Aristotele più che di Maria, o di Maria più che di Platone, ma sono necessariamente funzione di Aristotele e non di Maria o di Maria e non di Aristotele, ecc., nel caso che il moto dialettico da Aristotele o da Maria a uomo si affianchi al moto dialettico che da uomo porta a Maria o ad Aristotele [pag.38 F3] secondo gli altri due modi, perché non è possibile che Aristotele debba vivere come uomo se la sua esistenza in generale non coinvolge in generale quella di uomo -; un secondo moto dialettico unidirezionale e irriversibile dal secondo rappresentato al primo per ciò che riguarda la necessità della loro esistenza e della loro pensabilità e l’evidenza determinatezza inaporeticità delle loro connotazioni materiali e formali; un terzo moto dialettico bidirezionale, reversibile, convertibile dal primo rappresentato al secondo e da questo a quello per ciò che riguarda l’identità assoluta, parziale o totale, delle loro rispettive connotazioni. Nel caso che uno di questi tre movimenti trovi nelle connotazioni che caratterizzano i due rappresentati all’atto della loro unificazione a fini cognitivi modi tali che contravvengono alle condizioni sovraordinate all’attuazione di ciascun moto dialettico, e nel caso che ciononostante il pensiero proceda lo stesso all’unificazione gnoseologica, l’ideale di conoscenza non è attuato: se si verifica che le due connotazioni siano in sé, nella loro forma o nella loro materia o in entrambe, eterogenee, avremo un assurdo che potrà essere velato da una surrezione o da un qualsivoglia altro sofisma adatto alla bisogna del momento, ma che sarà comunque un impensabile perché da una rappresentazione non è possibile inferire o l’esistenza generica o la pensabilità generica o la esistenza o((e??)) pensabilità necessarie o l’evidenza determinatezza inaporeticità di un’altra se non nel caso che le due risultino e siano dimostrate identicamente connotate; qualora si dia il caso che le due connotazioni non risultino né siano argomentate eterogenee ma neppure sia possibile fissare e argomentare la loro completa connotazione, con particolare riguardo per quelle note che consentono l’inferenza della loro esistenza e pensabilità generiche e apodittiche e per quelle note che rendono evidenti determinate inaporetiche entrambe le connotazioni, nel caso cioè che ciascuna delle due connotazioni sia estensivamente o qualitativamente inadeguata all’altra, si verificherà non già che manchi una loro identità e che sia illegittima l’inferenza dei due moti altri dialettici, ma che l’uno dei due altri moti dialettici o entrambi [pag. 38 F4] diverranno bidirezionali, riversibili, convertibili, dovendosi il pensiero spostare dal primo rappresentato al secondo e dal secondo al primo per garantire ad entrambi il diritto all’esistenza e alla pensabilità in genere, o dal secondo al primo e dal primo al secondo per fissare il diritto che tutt’e due pretendono di avere all’apodissi nell’esistere e nell’esser pensati o alla evidenza determinatezza inaporeticità e che nessuno dei due può avere di per sé, oppure dal primo al secondo e dal secondo al primo per entrambi gli scopi; quando le due connotazioni confrontate risultano inadeguate, non già per una loro identità totale bensì per una loro deficienza che impedisce l’identificazione, a tal punto che l’una rimanda all’altra, sicché il moto dialettico identificativo risulta impossibile e illegittimo per deficienza di ragioni e non già per insussistenza di ragioni, per impotenza ad omogeneizzare le due rappresentazioni e non per impossibilità ad identificarle, è logico allora che l’insufficienza dell’una rimandi all’altra e viceversa, con un moto eternamente alterno che affetta e condiziona l’alternità immutabile dei due altri moti dialettici, quello esistenziale o di pensabilità, e quello di apodissi o di intelligibilità, imponendo tale alternità che il pensiero non trovi soddisfazione nell’uno rappresentato e la cerchi nell’altro, per poi dover abbandonare questo e portarsi nell’altro a cercarvi ciò che questo non gli ha dato. Qui, allora, abbiamo quella situazione di vera tautologia, ossia di enunciazione e rappresentazione di due che non sono identici nella connotazione o materiale o formale, ma nell’insufficienza della forma o della materia connotante e nell’appello all’altro per ritrovarvi quella competenza che essi non hanno e che neppure l’altro possiede: per questo i turismi ((??purismi??)) sono veramente giochetti di parole, quando non sono tautologie, perché il dire che il morire è un non vivere o che l’esser fatto non può diventare un non fatto o che ciò che ho scritto ho scritto lasciano il pensiero fuori dalla sfera in cui le finalità gnoseologiche son poste e perseguite, alla condizione
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