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Giordano Bruno Cavagna (n. 1921 - m.1966) Metaf. class. e metaf. cristiana IntraText CT - Lettura del testo |
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[pag.61 F1] il pensiero ha due tre eterogenei, quello di individuare entro l’intelligibile stesso il condizionatore dell’esistere dell’altro, quello di ricorrere ad alcuni intelligibili differenti che contengano l’una sola delle due note e vedere se negli uni l’una nota sia condizionata nell’esistere da altre o condizioni le altre nell’esistere, e in questo caso dal fatto che la nota sia un condizionato nell’esistere si arguisce la sua impossibilità di essere funzione formale universale e necessaria di ragion sufficiente dell’esistere di altro, mentre dal fatto che la nota sia un condizionatore dell’esistere di altro si arguisce solo una sua relativa attitudine ad assumere funzione di ragion sufficiente dell’esistere di altro, quello di ricorrere ad altri intelligibili differenti che contengano entrambe le note e vedere in quali rapporti di condizionamento esistenziale esse si pongono in siffatti intelligibili; quest’ultimo canone, che è in fondo quello realmente produttivo, in fondo non è che un corollario del primo, in quanto la compresenza delle due note nell’intelligibile considerato e negli intelligibili diciam così sussidiari fa di questi delle specie di quello, ma un corollario fondamentale ai fini della ricerca del generico e dello specifico nella connotazione di un intelligibile qualsiasi, perché qualora questo sia un genere rimanda alla specie infima, qualora questo sia una specie infima rimanda alla percezione intuitiva corrispondente e in entrambi i casi costringe il pensiero ad osservare entro questa quali degli universali che la costituiscano siano primi nell’essere rispetto agli altri e quindi ragion sufficienti dell’esistere di questi, con la conseguenza che al pensiero sarà lecito individuare quale delle due note faccia parte dei primi e quale dei secondi, secondo quel discorso che implicitamente il nostro stesso pensiero ha utilizzato sopra quando ha deciso di rendere l’animale ragion sufficiente dell’esistere e genere del vertebrato; ma quest’ultimo canone è utilizzabile per qualsiasi genere tranne che per il genere sommo in quanto, mentre quello non si ripresenta in tutte le specie infime, ma solo nella sfera delle sue sussunte, e dentro la connotazione di queste vede se stesso articolarsi nelle sue componenti in rapporti che o risultano immediatamente tali per cui l’una è causatrice dell’esistere dell’altra o, nel caso che la causalità non sia immediatamente evidente, rimandano alle specie infime cogeneri entro cui la componente che nel genere considerato è effettivamente causatrice e quindi generica si articola con un altro specifico, il genere sommo si ripresenta nella connotazione di [pag.61 F2] tutte le specie infime sicché delle due l’una o nell’intera sfera delle specie infime si rivela quel rapporto di subordinazione che non si rivela nella suprema categoria, e allora il ricorso è valido, o non si rivela, e allora il canone è inutilizzabile; ma la mancata evidenza di un rapporto di causalità esistenziale tra le due note del genere sommo non è che un riflesso della mancata evidenza entro la connotazione delle specie infime e quindi della stessa totalità dell’intuito fenomenico, e quindi il terzo canone è invalido ai nostri fini; quanto al secondo canone è da dirsi subito che, per ciò che riguarda la categoria di sostanza, esso s’applica solo alla nota dell’essere, ossia della costanza ed uniformità, la quale può ritrovarsi disgiunta dalla nota dell’inseità, in un numero notevole di intelligibili, nei quali tutti essa si pone come principio causatore dell’essere delle restanti note connotanti; ma a parte il fatto che si è già detto che la funzione di causalità esistenziale di una delle componenti della connotazione del generico fuori dalla connessione con l’altro componente della medesima connotazione ha carattere relativo, sicché la causalità esistenziale dell’essere fuor del concetto di sostanza non può porsi a ragion sufficiente di un’identica sua causalità nel concetto di sostanza, l’esame della natura di questo canone lo rende del tutto inutilizzabile ai nostri fini: infatti, esso prevede la possibilità di ritrovare una nota di un genere in un intelligibile la cui connotazione ripudi siffatta nota, il che si dà per tutte le note che nel genere sono specifiche e che, se ritrovate con identica funzione in altre connotazioni ((che??)) il cui generico sia differente da quello del genere considerato, nulla aggiungono a quanto si sapeva già, mentre, se ritrovate con funzione di generico in altre connotazioni di differente specifico, in nulla contraddicono alla loro originaria funzione specifica nel genere considerato; d’altra parte lo stesso canone presuppone che la scissione del generico dallo specifico in un genere avvenga quando generico e specifico divengono due intelligibili appartenenti a due strutture scalari eterogenee, che per quanto sopra si è detto hanno legittimità solo se ordinate in un rapporto tale per cui l’una sola di esse sia fondamentale essenziale e valida, mentre le altre sono contingenti e inessenziali, sicché il ricorso alla scissione delle due componenti del genere considerato ha valore solo o nel caso che il genere appartenga a strutture scalari del secondo tipo o nel caso che il ricorso a queste fornisca [pag.61 F3] la nozione della funzione specifica che una delle due note scisse deve avere pure nella struttura essenziale anche se in questa non appariva immediatamente evidente; a questo punto, il secondo canone risulta inutilizzabile per determinare la funzione delle note di un genere sommo, sia per quanto abbiam già detto sopra, sia perché tutte le strutture scalari, eterogenee da quella essenziale, delle quali esso canone ha assoluto bisogno, acquistano valore solo se reimmesse, in un modo o in un altro, nella struttura essenziale, col che si verifica che tutti i concetti delle strutture parallele divengono specie del genere sommo e vedono comparire nella loro connotazione entrambe le note di esso con quella medesima ignoranza della funzione delle due note che già si dà entro la connotazione della categoria alle origini del discorso; resta allora il primo canone, quello dell’osservazione diretta delle due note: ma nella categoria di sostanza, che abbiamo assunto ad esempio, appare sì evidente ché l’inseità non può sussistere senza l’essere e l’essere senza l’inseità, il che nulla depone a favore di una o altra funzione del rapporto causale per questa o quella delle due note, in quanto in tale rapporto la causa è altrettanto necessario per l’esistenza dell’effetto in quanto essere quanto l’effetto lo è per l’esistenza della causa in quanto causa, ma appare soprattutto evidente che l’inconcepibilità di un ‘esistenza di ciascuna delle due note che sia autonoma e indipendente dall’altra non consente al pensiero di condizione umana di decidere per un’anteriorità sia pur soltanto logica dell’una rispetto all’altra (e invero è concepibile è un costante e uniforme che sia per altro ma ((uno??)) come modo di questo il quale a sua volta sarà modo di un terzo e così via, fino a un modo supremo di costanza e uniformità che non sia per altro, e che sia quindi costante e uniforme assoluto, ma questo è simultaneamente in sé; di contro, appare immaginabile se non intelligibile un in sé che sia diveniente e mutevole; ma quando si assuma l’inseità come nota articolata con la costanza-uniformità nella composta unità di un unico intelligibile, allora l’inseità è altrettanto necessaria alla costanza e uniformità quanto lo è questa per l’inseità; che se ci si obbietta che l’inseità può articolarsi col diveniente-mutevole in un diverso intelligibile sicché sarebbe l’inseità ad essere il reale autonomo dei due, si deve rispondere che anche qui si ripete l’identica situazione, e cioè che se siffatto intelligibile è genere sommo l’inseità deve essere pensata onde sia pensabile il diveniente-mutevole, e il diveniente-mutevole dev’essere pensato onde sia pensabile l’inseità); l’inintelligibilità dell’antecedenza apodittica di una [pag.61 F4] delle sue note impedisce di definire l’una ragion sufficiente dell’esistenza e dell’intelligibilità dell’altra ((dall’altra??)), e quindi di assumere l’una a genere dell’altra; e questa condizione soltanto è ragion sufficiente da un lato della suprema genericità della categoria e quindi della sua indefinibilità dall’altro della necessità che la connotazione di un concetto sia almeno binaria; d’altro canto, poiché il rapporto di subordinazione tra generico e specifico è da concepirsi secondo la modalità della causalità esistenziale e non della causalità di intelligibilità, e poiché una causalità esistenziale è determinabile o cronologicamente nella sfera del fenomenico o logicamente nella sfera dell’intelligibile, la causalità esistenziale logicamente determinabile scaturisce dal fatto che il generico di un intelligibile è atto ad articolarsi con differenti intelligibili in differenti specie, sicché l’esistenza e la conoscenza di almeno tre concetti in reale rapporto di genere a specie, consente di distinguere in queste quel che di generico hanno, con la conseguenza che debbono essere date almeno due specie di un genere onde sia noto il generico di quell’intelligibile che è una delle due specie; il che non si verifica per la categoria suprema la quale non solo non è specie di nessun genere, ma non è specie cogenere di nessun altro intelligibile; ma questo poco conta, perché nell’ordine delle conoscenze umane il possesso di tre intelligibili che siano già in rapporto di genere a specie non può prescindere dal fenomenico, nel senso di intuitivo in genere, e quindi è fatto secondo, sicché la non-specialità e la non-cogenerità della categoria suprema, con la indefinibilità che ne consegue, sono fatti secondi e argomenti secondi della funzione sua di categoria suprema, e quindi sono solo ragioni seconde dell’indeterminabilità logica della causalità esistenziale di una delle due note; ché se invece al pensiero di condizione umana fosse data la nozione del rapporto di causalità di intelligibilità, la determinazione logica della causalità esistenziale delle due note connotanti le categorie ((la categoria??)) sarebbe conseguenza di tale nozione e quindi fatto logico al tutto prescindente dal cronologico; occorre allora scendere alla determinazione cronologica della causalità esistenziale e cioè all’ordine del fenomenico, entro cui la causa è un fenomeno che si manifesta con una anteriorità nel tempo o tra due individui che sian tali per percezione o tra due individui che sian tali per analisi di una percezione; in entrambi i casi l’individualità intuita in assoluta, se pur apparente e relativamente sensoriale, autonomia e l’individualità
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