Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText
Giordano Bruno Cavagna
(n. 1921 - m.1966)
Metaf. class. e metaf. cristiana

IntraText CT - Lettura del testo

  • Prot. 51 - 101
    • 70
Precedente - Successivo

Clicca qui per attivare i link alle concordanze

- 70 -


[pag 70 F 1]

del mutamento, e perciò solo in una sfera fenomenica è lecito attribuire esistenza a un rapporto di inerenza che può essere di fatto e di diritto e che non è necessariamente di fatto e di diritto insieme; donde il canone che fissa la prima condizione dell’ontità della negazione in genere: la negazione è l’effetto di un rapporto di inerenza che accettato di fatto e di diritto si rivela successivamente tale da porsi di fatto, ma non di diritto e quindi da dover essere escluso dall’intelligibile; ora, perché una siffatta norma insorga nel pensiero umano è necessario che lo stato che lo caratterizza sia tale da offrire rapporti di inerenza mutevoli, che cioè sia fenomenico; o mutevole in simultaneità, il che poi fa lo stesso; il fenomeno fonda e dà ragion sufficiente alla facoltà del negare in generale, sia che le sue caratteristiche di fenomenico abbiano portata oggettiva sia che ne abbiano solo una soggettiva; o che del fenomenico si faccia rappresentazione di un ontico simmetrico o che il fenomenico sia assunto come modo confuso o errato del conoscere umano, è la sua temporalità che pone la possibilità e la legislazione del negare: e con ciò si spiega come le metafisiche che escludono dall’intelligibile il fenomenico finiscano per negare la negazione stessa e per limitarla alla sfera inferiore del conoscere sensoriale, mentre le metafisiche che in un modo o in un altro estendono l’intelligibile fino ad abbracciare il fenomenico, o riducendo questo a una struttura tale che ne faccia una ripetizione dell’intelligibile o assumendo le condizioni essenziali del fenomenico a categorie formali dell’intelligibile, concludono in una valutazione positiva della negazione, in una sua universalizzazione, la quale sarà di carattere negativo, e con ciò destinata ad erigere la negazione a fattore strumentale del conoscere come quella che inficia la rappresentazione qualora la pervada e la convalida se ne è esclusa, nel caso che il fenomenico sia posto in funzione dell’intelligibile, o sarà di carattere positivo, e con ciò atta a determinare con la sua presenza il valore di realtà dell’ontico, nel caso inverso che l’intelligibile sia posto in funzione del fenomenico. Dal fondamento temporale-fenomenico della liceità della negazione deriva appunto la funzione opposta che un certo gruppo di metafisiche attribuisce al contraddittorio. Non è nostra intenzione svolgere qui una completa teoria e fenomenica del contraddittorio; vogliamo rilevare solo come il contraddittorio e le sue funzioni entro il pensiero di condizione umana e, insieme, la differente utilità cognitiva attribuita al contraddittorio da metafisiche eterogenee trovino

[pag 70 F 2]

tutti a loro radice e principio la struttura del fenomenico in quanto condizionato dalla simultaneità e dalla successione di simultaneità eterogenee, cioé dal tempo. Non si ha fenomenico solamente in quella sfera del pensato in cui il noto si dia per cognizione intuitiva; e sarebbe discutibile che il fenomenico coincida con quel noto intuito che è particolare e contingente: l’ossevazione che ho potuto fare su me stesso quando mi son trovato nella necessità di definire ad altri e quindi anzitutto a me stesso che cosa sia la particolarità e di dimostrare ad altri e perciò in primo luogo a me stesso per quali mai ragioni sufficienti il sensoriale o noto intuito debba essere sussunto sotto la classe del particolare mi ha fatto conoscere le aporie in cui tutti i pensieri umani vanno a incappare, compresi i sommi (Russel) quando affrontino le suddette definizione e dimostrazione: se particolare si deve definire un ontico la cui esistenza qualificata secondo un certo modo di esistere è irripetibile, si deve per forza ricorrere da un lato al tempo e allo spazio, affermando particolare l’ontico che non può presentarsi identico in nessun’altra situazione di spazio e di tempo e facendone così il contrario dell’universale che permane identico a se stesso in qualunque situazione spaziale e temporale, con la conseguenza che il primo è posto come funzione del secondo, vale a dire come ciò che in dipendenza e subordinatamente a mutamenti di posizione spaziale o di stato temporale cessa di esistere con la determinazione qualitativa esistenziale secondo la quale è esistito fino a quando le determinazioni  spaziali e temporali non han cessato di essere quello che erano, dall’altro alla coscienza conoscente, affermando che il particolare è l’ontico che è conosciuto secondo una certa determinazione qualitativa da un certo stato di una certa coscienza e cessa di essere conosciuto con tale modo qualificativo quando la sua conoscenza cessi di darsi per quello stato e per quella coscienza, o in altri termini quando a conoscere in genere siano la coscienza in altro stato o una coscienza altra dalla prima, mentre l’universale è fatto coincidere  con l’ontico conosciuto in una determinazione qualitativa che permane costantemente identica a se stessa anche quando a conoscerlo siano o una coscienza altra da quella lo sta conoscendo o questa stessa coscienza  ma in altro stato, con la conseguenza che da questo secondo punto di vista il particolare diviene funzione del soggetto conoscente al cui cessare di essere l’individualità e personalità che è o al cui cessare di essere quel che è stato entro la medesima individualità e personalità tien dietro per il particolare il cessare di essere in quel certo modo qualificativo

[pag 70 F 3]

in cui fino allora è stato; questa descrizione del particolare che è privilegiata in quanto tenta di fondare se stessa esclusivamente sul fenomenico e sulle condizioni di questo, escludendo dalla sua metodica naturalistica qualunque appello alla metafisica, non può dirsi certo una definizione, ma piuttosto una denotazione di una certa sfera dell’ontico in quanto intuito ad opera di una sua struttura relazionale, ad opera cioè di un certo numero di rapporti in cui il fenomenico viene a trovarsi e sembra non potersi non trovare quando si ponga come particolare; sicché è logico che se si vuol uscire da questa insufficiente determinazione del particolare  non resta che riferirsi al tempo e allo spazio o al soggetto conoscente; e qui cominciano a insorgere le difficoltà, in primo luogo perché o spazio e tempo e soggetto sono assunti essi pure come dei particolari, e allora risulta abbastanza intelligibile che un principio particolare sussumente sotto di sé altri enti provochi in questi all’atto stesso della subordinazione una determinazione di natura identica alla propria - e naturale che un ontico il quale non possa esistere se non in funzione di un altro, ossia la cui esistenza ritrovi la propria ragione nell’esistenza di un altro, non possa pretendere a un modo di esistere eterogeneo dal modo secondo cui quest’ultimo esiste, e debba partecipare a tale modo allo stesso modo con cui partecipa in genere alla sua esistenza -, oppure spazio e tempo e soggetto non sono posti come particolari perché è illecito definirlo tali, e allora le ragioni sufficienti della particolarità del particolare vanno cercate altrove e precisamente nel particolare stesso; ma nel primo caso, a parte il fatto che è un po’ difficile dimostrare in sé la particolarità assoluta dello spazio del tempo del soggetto conoscente, risulta impossibile descrivere la particolarità  in genere perché se si è riusciti a porre il particolare come ciò che è in subordinazione funzionale dal tempo o dallo spazio o dal soggetto, non si veda come si possa pensare una particolarità di un tempo o di uno spazio o di un soggetto che dovrebbero essere tali in funzione di se stessi, con la conseguenza che delle due l’una o si esclude il concetto di funzione e allora bisogna rifarsi all’essenza del particolare e quindi fuoruscire dal metafisico o si tien fermo il concetto di funzione e allora bisogna ricorrere a un qualche altro condizionatore funzionale che non sia né tempo né spazio né soggetto, e che io non riesco a vedere quale altra cosa possa essere se non un altro particolare od ontico qualitativamente determinato ma secondo i modi della particolarità,

[pag 70 F 4]

sicché ci si ritrova al punto di partenza; nel secondo caso, si dà, almeno per me, l’inintelligibilità di un noto che per esser conosciuto tale da poter cessare di essere quello che è stato deve essere pensato denotato da un modo di esistere universale che fa di esso un apoditticamente particolare, sicché un noto è pensato particolare quando è pensato tale da dover essere particolare indipendentemente da qualunque modo in cui si ponga la particolarità; inintelligibilità questa che rimanda alla medesima inintelligibilità di uno spazio platonico o di una materia aristotelica e che inferisce se stessa non dall’inintelligibile in genere del particolare ma dall’inintelligibile determinato e razionale del contraddittorio; d’altra parte, una seconda difficoltà insorge quando si debba decidere di quale dei due punti di vista servirsi, se dello spazio-tempo o del soggetto conoscente; e la cosa non è indifferente perché se, non tenendo presente l’aporia precedente e operando come se fosse lecito porre il particolare in funzione di un altro particolare, ci si rifà allo spazio-tempo e dalla particolarità di questo si inferisce la particolarità di un ontico in genere che si dia nello spazio e nel tempo, che in fondo è quel che l’empirismo inglese fino a Russel, da un lato si riesce o sembra che si riesca a fondare la particolarità dell’intuito sensoriale e l’universalità del soggetto conoscente che diviene un indipendente dallo spazio e dal tempo come quello che in generale è atto a una certa conoscenza secondo lo spazio e il tempo e a una certa altra conoscenza che ignora lo spazio e il tempo, e contemporaneamente dall’altro si rende inutilizzabile siffatta universalità che dovendo servirsi solo di ontici che sono per lo spazio e il tempo non è capace di produrre una conoscenza che di diritto, e non solo di fatto, aspiri ad essere universale; d’altro canto, se del soggetto conoscente in quanto particolare si fa il condizionatore funzionale della particolarità dell’intuito sensoriale, da un lato si riesce, è vero, a fondare la scienza dello spazio e del tempo, ma dall’altra si lascia inintelligibile non solo un soggetto che per far della scienza dev’essere un universale universalizzante e per far vivere tale scienza deve dare esistenza a degli ontici particolari, cosa che è in grado di fare solo se dotato di una particolarità particolarizzatrice, ma anche il fatto che dei particolari abbiano il diritto di esistere solo se inquadrati e resi dipendenti funzionali di un loro contrario, lo spazio-tempo: ed è questa la strada del kantismo; che sotto questa aporia si celi uno dei limiti del pensiero di condizione umana




Precedente - Successivo

Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (V89) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2007. Content in this page is licensed under a Creative Commons License