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Giordano Bruno Cavagna (n. 1921 - m.1966) Metaf. class. e metaf. cristiana IntraText CT - Lettura del testo |
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[pag. 72 F1] fatto che ciascuna intuizione analizzata dal punto di vista formale risulta essenzialmente omogenea in tutte le sue parti e insieme pare offrire la liceità di essere interpretata come una nozione qualitativamente eterogenea da qualsivoglia altro noto della stessa classe; e così pure le predicazioni di suono, gusto, visione, ecc. divengono intelligibili se riferite a un soggetto che sia un’intuizione giudicata dal punto di vista delle modificazioni che devono darsi nel pensiero onde l’intuizione risulti possibile; ma le predicazioni di basso, dolce, rosso, ecc. non ritrovano la loro ragion sufficiente di fatto e di diritto nell’analisi di un’intuizione che sia dichiarata semplice o particolare, e d’altra parte di fatto siffatta predicazione viene utilizzata dal soggetto pensante proprio come mezzo di comunicazione e indicazione di un certo suo stato intuitivo; il dato intuito che il pensiero è in grado di procedere per genericità nei confronti del modo qualitativo di un gruppo di intuizioni sensoriali nega l’assoluta particolarità di queste e insieme giustifica lo stato di confusione in cui il nostro pensiero stesso viene a trovarsi quando cerca di definire e dimostrare la particolarità degli stati intuitivi. Formalmente identico è il discorso che si potrebbe fare nei confronti della contingenza. Per questo ci pare preferibile sostituire ai due attributi della particolarità e della contingenza con cui il pensiero moderno, in ossequio alle pregiudiziali poste dall’interpretazione scientifica in atto della natura, determina il fenomenico intuito, gli altri due, propri del pensiero ontico, della molteplicità e del divenire, sia perché la chiarezza della loro definizione e di una possibile loro dimostrazione è di gran lunga superiore, in quanto l’una e l’altra possono appellarsi all’evidenza immediata del panorama sensoriale, in cui la ripetizione di un modello e il comparire e lo scomparire di una delle molte copie sono le modalità che rendono il fenomenico intuito eterogeneo e inconfondibile con l’intuito intelligibile, e in quanto i loro principi si ritrovano con estrema facilità nello spazio e nel tempo, sia perché particolarità e contingenza sono di diritto impensabili senza una loro rispettiva inferenza dal molteplice e dal diveniente in genere, essendo il particolare se non un certo modo di essere del molteplice, in quanto o meramente spazializzato o spazializzato e insieme qualificato, essendo la contingenza se non la modalità secondo cui il diveniente dev’essere pensato per ritrovare l’intelligibilità del suo mutare nella liceità del suo non essere: d’altra parte, l’attribuire un primato alla molteplicità sulla particolarità comporta non solo una limitazione del concetto di particolarità, come quello che caratterizza il fenomenico intuito in ciò che ha di specifico, [pag.72 F2] con la conseguenza che rende lecita la sussunzione degli intuiti sotto classi qualitative in forza di una ripetizione di identico che salvaguarda il molteplice e insieme la sua intelligibilità, ma anche l’intelligibilità stessa del particolare come specifico, in quanto questo ha il diritto, in questo caso, di esser pensato come un assolutamente irrepetibile e un assolutamente inidentificabile se non con se stesso; e lo stesso può dirsi per il divenire eretto a principio della contingenza, la quale trae da quello la necessità dell’esistenza - in un diveniente la contingenza è quanto di essenziale dev’essere pensato presente onde possa darsi un suo divenire - e insieme dona a lui identica necessità - in un diveniente la necessità della sua contingenza rende necessario il divenire stesso. Poiché il nostro discorso pretende avere sinora una portata fenomenica, limitata cioè all’essere e all’apparire dell’intuito non alla sua intelligibilità per ragioni sufficienti e per congruenza tra esso con le sue ragioni e il restante dell’ontico, ci è lecito predicargli, in via puramente formale, la molteplicità e il divenire, ignorando le difficoltà e incongruenze che tale proposizione trascina seco. In un universo fenomenico, in un universo cioé segnato dalla molteplicità e dal divenire, si verificano due stati complessi: a) un ontico, che ne sia parte e che sia unità organica di molti ontici eterogenei fra loro, eterogenei dal tutto che essi compongono, e in un rapporto col tutto identico alla illazione che intercorre fra una parte e un tutto che la comprenda, dev’essere pensato come un uno dei molti dell’universo e al tempo stesso come un diveniente, secondo un divenire tuttavia che non investa tutte e contemporaneamente le porzioni componenti, ma solo alcune e in differenti istanti; di siffatto ontico è sempre lecito allora pensare delle simultaneità, ossia delle coesistenti eterogeneità in rapporto reciproco, relazionanti da un lato la totalità dell’ontico dall’altra una delle componenti che ne costituiscono il complesso; avremo quindi non solo tante simultaneità quante sono le porzioni componenti il tutto, giacché ciascuna di esse si pone a polo contrapposto e relazionato al polo simultaneo del tutto complessivo, ma anche un numero di simultaneità uguale al numero delle porzioni qualitative componenti che han cominciato a darsi nell’esistenza del tutto dopo di un certo istante prima del quale non esistevano e non erano partecipi dell’esistenza del tutto, e che hanno cessato di darsi nell’esistenza dello stesso tutto dopo un certo istante prima del quale l’esistenza del tutto pareva donar loro parte di se stessa e con ciò garantir loro l’esserci; poiché la totalità delle componenti è lecito renderla intelligibile con una classificazione [pag 72 F 3] sotto tanti generi ciascuno dei quali segna ciò che di essenza si ritrova in ogni componente e che non è atto a ritrovare la propria ragion d’essere in null’altro di essenziale, è lecito affermare che le simultaneità, aventi come uno dei loro poli la totalità composita, rientrano in tante classi quante sono le classi delle componenti, ciascuna delle quali si pone a polo contrapposto e correlato; d’altra parte, l’insieme delle simultaneità può essere pensato esso stesso in simultaneità, o che al pensiero venga attribuita la facoltà di pensare in simultaneità un numero grande a piacere di simultaneità o che al pensiero venga attribuita solo la facoltà di pensar simultanee solo una coppia di simultaneità, nel qual ultimo caso la simultaneità di tutte le simultaneità resta ancora lecita in virtù di un potere transitivo che lega in simultaneità una coppia di simultanei ciascuno dei quali si dia in simultaneità con un solo e identico simultaneo. Il tutto di un ontico composito e complesso può essere pensato come la simultaneità di un numero determinato di coppie simultanee, sussunte sotto l’unica grande classe dell’ontico stesso, qualora si tenga conto del polo che tutte hanno in comune e che per tutte è dato dalla totalità unitaria dell’ontico, sussunte sotto un certo numero di categorie indicatrici dell’essenza di ogni componente esistente nel e per il tutto: ma la necessità di pensare in simultaneità tutte le coppie di simultanei dà vita alla strana situazione in cui viene a trovarsi il pensiero dinanzi alla simultaneità di due coppie di simultanei, che abbiano come loro polo eterogeneo due componenti, sussumibili sotto la stessa categoria e quindi coessenziali rispetto all’essenza loro prima, l’una delle quali costituisca quel modo qualitativo che è subentrato all’altro nel momento stesso in cui questo, che è il polo posto come eterogeneo, nell’altra coppia di simultanei, ha cessato di esistere; il pensiero viene allora a trovarsi dinanzi a a due coppie di simultanei, che, elevate alla sfera del razionale, trovano equivalenza in due giudizi aventi a soggetto l’ontico nella sua totalità, e a predicato l’uno il concetto di una qualità immanente nel tutto, l’altro il concetto di una qualità pure immanente nel tutto, ma coessenziale e insieme eterogenea dalla prima; tendendo presente quanto le sue condizioni gli impongano di accettare per diritto, il pensiero è tenuto da un lato a giudicare la totalità dell’ontico come comprensiva di tutto l’esistente che ha partecipato della sua esistenza, dall’altro a identificare la totalità esistenziale dell’ontico con quel molteplice organizzato che esso intuisce nel presente come esistente in forza dell’esistenza del tutto organico; [pag.72 F4] se muove da questo punto di vista, esso è costretto a ritenere legittimo di diritto solo quel rapporto di immanenza che si dia di diritto e che ponga questo suo stato di diritto a principio e a ragione di quello stato cui pretende di fatto; poiché il diritto di un rapporto di immanenza è l’ontità dell’immanenza stessa e poiché tale ontità in un rapporto tra enti intuitivi è l’intuizione dell’un membro come parte dell’altro, l’intuizione, dalla quale è posta evidente solo una delle due coppie di simultanei, si pone come il diritto e la ragione di ciò che la coppia di simultanei e il giudizio equivalente pretendono di essere di fatto, e insieme come la ragione e il principio dell’esclusione dal pensamento legittimo dell’altra coppia di simultanei e quindi dell’altro giudizio, che perciò apoditticamente è affermata esclusa dal pensiero e quindi affermata come assenza di quel rapporto che essa pone di fatto, e, di conseguenza, negata: dal punto di vista dell’intuizione in atto o presente l’una sola delle coppie di simultanei può essere pensata e quindi affermata, mentre l’altra può essere pensata solo come negata, ossia come simmetrico di un giudizio in cui il predicato, o concetto immanente, è negato al soggetto, o concetto della totalità accettante l’immanenza; un unico conosciuto, ossia l’intuizione in atto di una delle due coppie di simultanei e quel suo simmetrico che è il giudizio di immanenza di un polo simultaneo nell’altro polo correlato a questo per simultaneità, è principio e ragion sufficiente della pensabilità della simultaneità in atto come vera nel presente, della veridicità del giudizio di immanenza traducente in intelligibili il rapporto di simultaneità, dell’impensabilità della simultaneità in atto come posta nel presente dell’altra coppia di poli, della falsità o veridicità del giudizio traducente in intelligibili il nuovo rapporto di simultaneità secondo una predicazione rispettivamente affermata o negata; l’intuizione in atto e il corrispondente giudizio sono principi e ragioni della veridicità di se stessi e della veridicità della negazione dell’altra simultaneità; se a segno di una relazione di ragion sufficiente tra un intelligibile e un altro in forza della quale la veridicità o diritto di legittima accettazione nel pensiero del primo è apodittica fonte della veridicità o diritto di legittimo pensamento del secondo, assumiamo i termini di “porre” e di “posizione”, e se a segno di una relazione di ragione fra due intelligibili in forza della quale la veridicità dell’uno costringa il pensiero a dichiarar falso l’altro o privo di diritto di esser pensato e quindi ad escluderlo da qualsiasi
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