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Giordano Bruno Cavagna
(n. 1921 - m.1966)
Metaf. class. e metaf. cristiana

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  • Prot. 51 - 101
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- 74' -


[pag. 74’ F1-2]

i casi un’oscillazione del pensiero tra posizione e negazione e un’insufficienza del pensiero a far di sé il fattore univoco di interpretazione dell’ontico. Infatti, la particolare simultaneità che abbiam chiamato contraddizione non conosce univocità nell’ontico e nel pensiero, non può essere predicata da identici attributi allorché si dà nel fenomenico in sé o quando si verifica nel pensiero:il fenomenico riscontra una sola delle due contraddizioni, precisamente quella che fonda se stessa sulla molteplicità; quanto alla contraddizione che ha a suo principio il tempo e i mutamenti che questo comporta, il fenomenico in sé la ignora giacché il mutamento stesso che investe le qualità eterogenee, lasciando ad una sola l’esistenza elide il loro coesistere e quindi la simultaneità dei loro rispettivi rapporti di immanenza; ma il contraddittorio del molteplice coesistente  il fenomenico non può eliderlo da sé se non alla condizione di adattarsi a una interpretazione determinata di base metafisica in nome della quale il molteplice o venga affermato irriducibile ad un’unità onnicomprensiva e quindi tale da non sopportare il confronto e l’equazione di parti che lo costituiscono o venga predicato con un essere almeno ambiguo, o in altri termini con un essere che ammette differenti gradi e che investendo di sé le varie parti costitutive le scagliona su livelli multipli  privandole dell’irriducibilità a un uno coessenziale e comune, ma il fenomenico in sé come fenomenico puro, proprio per il fatto che non solo sembra tollerare l’una e l’altra delle due determinazioni metafisiche ma anche altre interpretazioni reali o possibili non ne verifica nessuna privilegiatamente e, di fatto, non può verificare altro che un’unità onnicomprensiva, se non altro in forza della comune coessenzialità intuitiva molteplice e contingente in cui tutte le parti sue coincidono, e di conseguenza altro che la simultaneità di un numerosissimo gruppo di rapporti di immanenza e la conseguente contraddittorietà che ne scaturisce. Il pensiero, per conto suo, modifica e inverte la valutazione del contraddittorio in quanto da un lato si vede costretto a conservare quella contraddizione per il divenire che il fenomenico ha eliso grazie al divenire stesso e, se supera il contraddittorio dell’immanenza di due eterogenei diacronici, a ciò riesce grazie a una qualunque dottrina in forza della quale la successione temporale con le sue generazioni e corruzioni ((??)) vien affermata ontica, ma non ontologica, dall’altro giunge ad abradere la contraddittorietà dei molteplici coesistenti grazie alla sostituzione all’ontico fenomenico di un substrato essenziale entro il quale la coesistenza del molteplice si dà con una loro inconfrontabilità e ineguaglianza dissimetrica e, quindi, non si vincola né all’eterogeneità né alla simultaneità; ed entrambe le operazioni è in grado di fare qualora tra sé e la contraddizione il medio dimostrato che non tollera la contraddizione e che, dichiarato essenziale ed ontologico, si sostituisce all’ontico fenomenico, e qualora voglia

[pag.74’ F3]

inferire dal principio di contraddizione tutto il contenuto di energia distruggitrice  e negatrice che lo pervade; che se invece il pensiero universalizza la sua condizione umana e attribuisce a se stesso l’energia dell’essenziale, allora il compito gli è ancor più facilitato, almeno dal punto di vista dell’intepretazione superficiale se non dell’intelligibilità dell’ontico fenomenico, perché, qualora il pensiero voglia procedere a siffatta universalizzazione, non gli resta altro da fare che conservare intatte le due contraddizioni, la contraddizione per il divenire che gli viene imposta dalla sua stessa natura e la contraddizione per il molteplice che gli viene imposta dall’intuitivo fenomenico, ed erigerle a modi di essenziale esistenza e apodittica interpretazione dei fenomeni. E in realtà la contraddizione trae vitalità e sussistenza dal fenomenico e dalla condizione temporale di questo e, inoltre, poiché è madre e generatrice della negazione, pone a principi di questa quel fenomenico e quella temporalità del fenomenico che si sovraordinano  ad essa stessa in qualità di principi: che dovunque ci sia contraddizione ivi ci sia negazione già lo si è visto, e d’altra parte appare da questo breve discorso, che se l’affermazione di assenza di un rapporto di immanenza è l’equivalente dell’esclusione di siffatto rapporto dal pensiero in quanto legittimo e dall’ontico in quanto simmetrico equivalente del pensiero legittimo, e se tale esclusione è la conseguenza necessaria della sostituzione di un differente rapporto che si pone di diritto, sia pure sul piano della mera possibilità, al rapporto originario che si pone di fatto ma non eleva questa pretesa al diritto, nella contraddizione, in cui la sostituzione di un possibile rapporto di diritto al rapporto di fatto investe sia l’uno che entrambi i rapporti di immanenza, ciascuno dei quali e tutt’ e due assieme si pongono l’uno nei confronti dell’altro come rapporti di fatto eterogenei da quel rapporto di diritto che è l’altro, sono apodittiche sia la conseguenza dell’esclusione o dell’uno o di entrambi i rapporti sia la negazione che non è se non l’espressione o indice o segno dell’esclusione o di quel suo equivalente che è l’affermazione di assenza; ma perché ci sia contraddizione è necessario il fenomenico, sia come temporalità sia come unità e unicità indeterminata, giacché da un lato la simultaneità, condizione della contraddizione, esige la valutazione di una coesistenza in genere, ossia di una generica contemporaneità, che può essere tale per l’ontico fenomenico o per il pensiero, e di una coesistenza di due rapporti di

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immanenza che non possono darsi senza l’unità di un onnicomprensivo o in generale, dall’altro la negazione, senza la quale la contraddittorietà smarrisce la sua essenza e il suo significato, diviene possibile solo sotto un punto di vista di diacronicità, valido o per il pensiero o per il fenomenico insieme o per il pensiero soltanto; per questo è lecito porre il fenomenico e il temporale a principi del contraddittorio e della negazione. D’altra parte, appunto per il fatto che contraddizione e negazione traggono la loro ragione dalla temporalità del fenomenico, la sfera dell’intelligibilità pura viene liberata dal contraddittorio e dalla negazione come fatti che possono verificarsi in essa per un pensiero di condizione umana, non certo per la sfera stessa in sé: un processo dialettico che si verifichi entro gli intelligibili quasi entro un mondo di idee di tipo platonico, una dialettica cioè il cui motore sia negli intelligibili stessi e non nel pensiero che li contempla, rapporta l’intelligibile a un altro o come un tutto  alla sua parte nel caso in cui siano di differenti livelli di intelligibilità o come tutto a tutto nel caso che siano di intelligibilità complanare; la prima rapportazione arresta l’identificazione a quel limite del tutto che si dà in atto e nella totalità della specie e nella parzialità del genere e non procede oltre perché la sosta è, per dir così automatica e apodittica, mentre la seconda rapportazione procede all’identificazione dei due cogeneri sino alla soglia che divide il coessenziale dall’eterogeneo della loro comprensione e più oltre non procede per un arresto nello stesso modo automatico e apodittico; solo un pensiero di condizione umana può oltrepassare le due soglie e con ciò cadere nel contraddittorio, e per questo nella sfera dell’intelligibilità penetra la negazione; come pure, per lo stesso motivo solo le metafisiche che escludono totalmente il fenomenico dall’intelligibile o che includono quello in questo pel tramite di una razionalizzazione del primo liberano assolutamente l’intelligibile dal contraddittorio e dal negativo e relativizzano la contraddittorietà e la negazione o al pensiero di condizione umana o al fenomenico in quanto non razionalizzato.

[pag. 74’  F1 ((si trova sulla facciata 1, ma è il seguito della facciata 4))] [((N.B. esistono due fogli 74: ho chiamato il primo 74, il secondo 74’))]

 E’ logico che una teoria metafisica a base totalmente platonica, la quale abbia escluso da sé il fenomenico in quanto temporale, annulli anche la contraddizione e la negazione che ne deriva, e ne faccia una delle modalità dello stato di un pensiero di condizione umana. Ma diversa è la condizione in cui viene a trovarsi una metafisica la quale ampli la sfera del razionale fino ad abbracciare il fenomenico e a farne uno dei suoi momenti, sia pur anche l’infimo; essa è tenuta a dare un valore alla contraddizione e a determinare i limiti entro cui la contraddizione può conservare validità. Se il processo di inclusione del fenomenico entro la gerarchia degli intelligibili fosse uno ed univoco, tutte le metafisiche di base aristotelica concluderebbero in una sola definizione ontica e valutativa della contraddizione, in quanto non potrebbero non vedere in essa se non o un modo della contemplazione di condizione umana che non corrode per nulla l’ontico - restando qui, a lato dell’aporia indicata nel discorso sulla contraddizione per divenire, l’altra aporia di ridurre ad unità qualitativamente omogenea i due modi divaricantisi dell’ontico in sé e dell’ontico come contemplante sé - o un modo di esistenza essenziale ed apodittico per l’ontico in sé che nessun pregiudizio riceve da ciò che la negazione è per il pensiero umano - e anche qui si dà un’aporia che non sarà più quella di unificare in omogeneità due eterogenei, giacché la contraddizione è il segno e la legge dell’ontico, bensì sarà l’aporia di un pensiero che deve piegarsi a due legislazioni antinomiche, valendosi nei confronti della negazione del diritto che ha di escluderla e insieme essendo costretto ad accettare in sé necessariamente la negazione come negazione -. Ma in realtà il processo di ampliamento dell’intelligibilità fino a comprendere entro questa il fenomenico può aver luogo in due direzioni, secondo una via all’ingiù che sovrappone i modi e la legislazione dell’intelligibile al fenomenico, secondo una via all’insù che assolutizza e universalizza




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