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Giordano Bruno Cavagna (n. 1921 - m.1966) Metaf. class. e metaf. cristiana IntraText CT - Lettura del testo |
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[pag.77 F 1] allora che l’abbassamento del livello di intelligibilità oltre il limite infimo delle specie infime intelligibile si traduca in un innalzamento della sfera del fenomenico sensoriale ad intelligibile, da un lato sulla base di quella comunanza di potenziale indeterminato cui tanto l’intelligibile che il sensoriale partecipano dall’altro mediante l’estensione delle condizioni dell’intelligibile al fenomenico, estensione che equivale all’esclusione dall’ontico in genere dei principi della contraddizione e quindi della negazione sotto qualsiasi forma; contraddittorio e negativo divengono allora un modo di essere del pensiero di condizione umana e nulla hanno che fare con l’ontico in sé, donde deriva che se un principio di contraddizione si leva a norma suprema del razionale, tale primato spetta al principio relativamente alla razionalità soggettiva non alla razionalità oggettiva la quale recupera per altra strada quella sovranità del principio di identità che l’intelligibile platonico s’era data con modi suoi. Che se, anche dopo l’estensione della struttura dell’intelligibile al sensoriale, restano al fenomenico delle zone in cui il contraddittorio permane nonostante la presenza di quelle condizioni che son negatrici del principio della contraddizione in genere, si potrà sempre fare appello a ulteriori modi tipici del sensoriale che garantiscono al sensoriale il diritto alla contraddizione e alla negazione, ma ad un livello di ontità se non inferiore, almeno estraneo a quell’ontologia che costituisce il reale effettivo dell’universo: si potrà cioè o risalire a una sorta di iperfunzionamento del tempo che estende la sua azione anche alla ripetizione - e con ciò si spiega il ripresentarsi in successione diacronica di modi determinati che non possono trovare a loro ragion sufficiente l’immanente intelligibile, come, ad esempio, non già la diacronia di molteplici individui di una stessa specie vivente pei quali una teoria del tipo della distinctio formalis ex parte rei e dell’ecceitas è sufficiente a fornire un’intelligibilità aliena dalla mera ripetizione, ma la diacronia di molteplici fenomeni inorganici, pei quali la teoria aristotelica della conversione delle qualità è meno intellezione che una giustificazione -, o appellarsi alla accidentalità, con il conseguente ricorso a due categorie le quali proprio con il dualismo cui s’appellano e con lo scisma che immettono nell’ontico rivelano l’insormontabilità della contraddizione [pag. 77 F2] come fatto assoluto per un ontico in generale, se non altro di fenomenicità sensoriale. Comunque, sia pur parzialmente, un’intelligibilità di tipo aristotelico, che, dopo aver definito l’ontologico in modo da escludere da esso il contraddittorio e il negativo, estende la struttura formale di esso al fenomenico, da un lato libera l’ontico dalla negazione e con ciò lo pone sotto l’impero del principio di identità, dall’altro garantisce il pensiero il diritto che esso ha a sentirsi a disagio nello stato di contraddizione e a liberarsene in forza del principio di contraddizione, e insieme assicura ad entrambi, all’ontico e alla conoscenza, l’impossibilità della contraddizione e la validità della negazione come esclusione del contraddittorio per la perfetta equivalenza formale e funzionale dei due principi: e tutto ciò si deve a una sorta di via all’ingiù che dall’intelligibile, adattato entro certi limiti al fenomenico, scende al sensoriale per immettervi la struttura del primo. Ma è anche pensabile una via opposta, all’insù che è appunto quella di un hegelismo. Quando il pensiero di condizione umana pone dinanzi a sé il fenomenico sensoriale con l’impegno di interpretarlo senza muovere da alcun pregiudizio partorito da preordinate e preesistenti elaborazioni di alcuni suoi aspetti, da elaborazioni del tipo di quella della geometria o della biologia, tanto per intendersi, e quindi senza sostituire ad esso nessuna immagine semplificata e insieme alterata, ciò può fare solo fino a un certo punto, perché l’assoluta adesione all’impegno di fatto è possibile solo alla condizione di accogliere le sensazioni così come si danno, impedendosi di procedere all’enunciazione su di esse di giudizi che, essendo predicazioni di un certo noto alla sensazione posta come soggetto, null’altro sono che sostituzioni a questa di un’immagine elaborata e semplificata; per non lasciare la catena dei sensoriali nella loro assoluta autonomia che introdurrebbe se stessa come nel solo possibile adito di intelligibilità nelle determinazioni spaziali e temporali pure, si tratta di attingere alla sfera dell’intelligibile quei modi che riescono a gettare le basi di una razionalità del fenomenico spogliandolo il meno possibile delle sue peculiari qualificazioni; poiché fra questi modi di intelligibilità l’unico che doni condizioni minime di intellezione e che insieme non qualifichi l’oggetto di attributi propri della [pag.77 F3] soggettività intellettiva, è la permanenza esistenziale, l’esistere come unità indipendente da tutti i personali modi di esistenza, questa nota viene predicata all’ontico fenomenico e con ciò sostituita a quell’esistenza del fenomenico che di per sé sarebbe inintelligibile come quella che è per precipitare nel nulla e che è qui ed insieme là senza che tra le due qualità spazialmente eterogenee ci sia altra relazione se non il nesso spaziale puro e semplice; l’origine del discorso è, allora, del tutto eguale al primo giudizio eleatico, e trova la sua ragion sufficiente in quella condizione generale del conoscere come rappresentazione simmetrica e corrispondente a un ontologico, ossia come rappresentazione intelligibile, che consiste nella legittimità di ricondurre il conosciuto, se molteplice, a un unico noto che, data l’eterogeneità del molteplice, non può coincidere che con l’unico omogeneo che in nessuna molteplicità è assente, con l’esistere, come unicità di un ente che indipendentemente da tutte le sue determinazioni è in genere un conoscibile perché è un esistente; perciò allo stesso modo che la pluralità delle determinazioni geometriche entra nella sfera dell’intelligibilità in forza della liceità di sussumerle tutte sotto l’unico intelligibile dell’esistere, la molteplicità del sensoriale grazie all’univocità dell’esistere in tutti i suoi modi trova nell’ einai un sussumente lecito e legittimo, la cui unicità, che è un intelligibile e un ente di ragione, trasferisce la propria intelligibilità e razionalità ai sussunti e sigilla loro il diritto di accesso nella sua stessa sfera. Ma una volta posto il giudizio a principio di un discorso, si tratta di vedere come debba il discorso stesso venir proseguito; se secondo il metodo che abbiamo adottato ci si mantiene sul piano della mera fenomenica del pensiero di condizione umana e non si cercano ragioni di validità per l’uno o per l’altro tipo di dialettica qualora il principio posto a capo di un discorso sia tale da dischiudere dialettiche equivoche o, se non altro ambigue, a questo punto la nostra analisi trova a suo limite la mera descrizione di fenomeni che si danno nell’area di quell’ontico che è il pensiero di condizione umana e che ivi si danno pel semplice fatto che si son dati, non in quanto siano degli apodittici o per essenza o per ragion sufficiente, e non può pretendere in alcun modo di decidere per l’una o altra modalità assunta dai fenomeni; infatti, in primo luogo, poiché il discorso che assieme al suo principio è il fenomeno qui preso in considerazione si fa di fatto ambiguo nell’area del pensiero di condizione umana [pag. 77 F 4] saremmo tenuti ad indagare oltre l’epidermica superficie dell’ambiguità, in vista di identificare quale dei due ambigui contrari sia vero e valido, se noi stessi avessimo come scopo la meta stessa che eleatismo ed hegelismo fan propria nell’atto di porre il comune principio; in secondo luogo, saremmo tenuti a un approfondimento dell’analisi e a un impegno nell’uno o nell’altro senso se fossimo convinti che il principio del discorso eleatico ed hegeliano sia di diritto e di fatto il principio per eccellenza di qualunque discorso, non solo ma se fosse veramente dato nella fenomenica del pensato, in quanto determinato secondo l’eleatismo e l’hegelismo, che siffatto principio è di diritto quel che aspira ad essere di fatto, cioé il primo assoluto nel discorso, con la conseguenza che, proprio per il motivo che né un eleatismo né un hegelismo hanno a loro legittimo principio il giudizio “ l’ontico è esistere”, ma muovono dalla determinazione dell’intelligibilità e del razionale in generale che per l’eleatismo è una certa legislazione mentre per l’hegelismo è la medesima legislazione ma ridotta al minimo di enunciati sufficiente per farla sussistere come normatività - occorre tener presente che la completa legislazione hegeliana dell’intelligibilità non ha nulla che fare con le norme prime da cui muove per costruire legittimamente e per analizzare il giudizio primo, ossia, in parole più chiare, che la normatività razionale per dialettica di contraddittori è in un hegelismo un punto di arrivo e non di partenza -, e proprio perché il giudizio è un primo solo in apparenza e non di fatto, saremmo tenuti all’analisi tutt’al più dei veri rispettivi principi, sempre che volessimo giungere agli stessi risultati che le due correnti si attendono; in terzo luogo, l’approfondimento diverrebbe per noi un obbligo solo nel caso che avessimo assoluta certezza che il discorso, con la sua ambiguità, è l’unico possibile per un pensiero di condizione umana e ((o??)) che eleatismo ed hegelismo sono i due poli esclusivi fra i quali può unicamente oscillare la ricerca. Dunque, il pensiero opera su quel giudizio che ha fatto principio sia nel suo atteggiamento eleatico che in quello hegeliano - è opportuno rilevare che solo in apparenza eleatismo ed hegelismo divaricano nel giudizio concreto da cui muovono, giacché quei loro rispettivi giudizi da cui in realtà paiono muovere, e precisamente l’affermazione del primo che l’esistere è esistere, con il connesso enunciato contraddittorio che “ il non esistere è non esistere “, e l’affermazione del secondo
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