Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText
Giordano Bruno Cavagna
(n. 1921 - m.1966)
Metaf. class. e metaf. cristiana

IntraText CT - Lettura del testo

  • Prot. 51 - 101
    • 83
Precedente - Successivo

Clicca qui per attivare i link alle concordanze

- 83 -


[pag. 83 F1]

sotto cui è lecito sussumere il tutto che accoglie in sé come immanente la parte, mentre il predicato è offerto dal concetto sotto cui si sussume la parte che immane nel tutto, ad ognuna di siffatte relazioni di immanenza corrisponde un giudizio del tipo A è B, in cui A è o il concetto della totalità del fenomenico o il concetto di una percezione o una certa nozione, e B è o il concetto di un particolare sentito o il concetto di una percezione o una nozione generica: per maggior chiarezza, diremo che il giudizio categorico A è B é la formula cui si riconducono i giudizi: l’universo è rosso, il sangue è rosso, l’universo è viviparo, il vertebrato è omotermo, Socrate è uomo, l’universo è animato. Finché il rapporto di immanenza, qualsivoglia sia la parte relazionata al tutto, è riguardato dal punto di vista della primordiale interpretazione razionale del fenomenico, nella quale ogni sentito è nel tutto indipendentemente dal tempo e dall’angolo sotto cui l’universo è considerato, finché cioè il rapporto è lasciato nella sua esclusiva soggettività, il pensiero chiuso com’è in se stesso conserva immutati e validi sia il rapporto che il giudizio corrispondente; ma basta che il rapporto sia ricondotto alla sua fonte pura, cioè al fenomenico di intuizione sensoriale, perché il pensiero sia costretto  a fare i conti con una oggettività su cui tempo e angolo di visuale hanno una presa ineludibile: quando il termine che nella relazione di immanenza è posto a parte del tutto è un sentito, il rapporto, relazionato non più al pensiero ma al fenomenico di intuizione sensoriale, deve riconoscere che al mutamento di ambiente tien dietro l’ottemperanza al tempo e quindi alla successione delle sensazioni  che immangono nel tutto fenomenico, successione che sarà lecito giustificare con ragioni sufficienti e con ciò ricondurre a una apoditticità intelligibile, ma che ciononostante resta quel che è, un presente in cui si danno come compositive del fenomenico i sentiti intuiti all’istante e non i sentiti intuiti in un passato non più ripetuto e non i sentiti la cui intuizione è prevedibile nel futuro; e se per caso la sensazione che nel rapporto è dichiarata immanente non coincide con un sentito intuito all’istante il rapporto deve essere escluso dal pensiero che voglia adeguare la sua interpretazione razionale del fenomenico al fenomenico quale si dà nell’intuizione sensoriale pura; e l’esclusione prenderà la forma di un giudizio in cui la negazione della copula o del predicato - è molto discutibile la scissione kantiana della classe delle negazioni nelle due classi dei giudizi negativi e dei giudizi infiniti - è il segno dell’esclusione del rapporto di immanenza del predicato

[pag.83 F 2]

nel soggetto: A non è B, A è non B è la formula cui si riconducono i due giudizi “l’universo è rosso”, “ il sangue è rosso “, quando nell’intuizione sensoriale all’istante la percezione “ sangue” conservi le sensazioni che la componevano e rispetto alle quali sia essa che l’unità del fenomenico abbracciavano in sé la sensazione del predicato, ad eccezione di questa stessa. D’altra parte, lo stesso rapporto di immanenza, che abbia come termine assunto a parte di un tutto una nozione intelligibile, voglia porsi a rappresentazione del fenomenico di intuizione sensoriale pura, deve, esso pure, ricondursi al tempo; ma per esso l’ottemperanza all’imperio del tempo non è condizione sufficiente di validità ontica, perché è anche necessario che esso rispetti la congruenza col punto di vista. L’introduzione della nozione di intelligibilità equivale a una separazione entro l’area del fenomenico di due zone che si distinguono per caratteri opposti, essendo l’una costituita da enti costantemente identici a se stessa e qualitativamente immutabili o, se si vuole, universali e necessari, e l’altra da enti atti ad assumere molteplici modi qualitativi e destinati a patire mutamenti qualitativi o, se si vuole, particolari e contingenti; che gli ontici siano dei qualificati ed intuiti oppure siano dei qualificati che solo mediatamente si lascian intuire, che siano dei rapporti tra qualitativi intuiti, poco importa, perché l’identità e l’immutabilità, o l’universalità e la necessità, introdotte dall’intelligibilità, spezzano comunque il fenomenico in due classi indipendentemente dalla natura e dal modo cognitivo propri di ciò che è intelligibile e di ciò che non lo è; con l’intervento dell’intelligibilità, e con le conseguenti bipolarità del fenomenico, sia di interpretazione razionale che di intuizione sensoriale pura, e rilevanza data  a certe rappresentazioni che sono appunto gli intelligibili, la sfera del fenomenico si trova condizionata  da un secondo modo, che s’affianca a quello del tempo: essendo l’intelligibile da un lato un particolare attributo del fenomenico dall’altro una molteplicità di rappresentazioni che si riferiscono a differenti zone del fenomenico caratterizzato da quell’attributo, il pensiero può servirsi di una delle nozioni intelligibili  per interpretare il fenomenico, ossia per distinguervi quel che di intelligibile in esso si verifica, alla condizione di traguardare il fenomenico pel medio della nozione stessa in modo che le linee di conoscenza che muovono dalle note connotanti l’intelligibile in sé vadano a toccar non dei fenomenici in generali, ma quei particolari fenomenici che si rivelano, in uno o in altro modo, identici alle note

[pag.83 F3]

connotatrici: con un’immagine intuitiva, il concetto coincide con un punto da cui si dipartono in fascio delle semirette, che sono altrettante linee della cognizione intelligibile, le quali intersecando il fenomenico vi disegnano una determinata circonferenza  dentro cui vanno a sistemarsi tutti i sentiti o i percepiti che si danno in congruenza o in una certa identità di tipo qualitativo con i modi del punto ciascuno dei quali è all’origine di una semiretta, sicché il pensiero, contemplando il fenomenico dall’origine del fascio delle semirette, è costretto a scorgere  non il fenomenico o in generale o nella sua totalità, ma il fenomenico e in quella parzialità perimetrata dal fascio e in quella particolarità contrassegnata da ogni qualità intelligibile: è questo quel che Aristotele chiama punto di vista. E’ naturale che questo modo condizionato di conoscenza investa al pari del tempo sia la totalità del fenomenico in quanto di intuizione sensoriale sia la totalità del fenomenico  in quanto di interpretazione razionale, e che, nel caso che il pensiero esiga che questo si ponga in congruenza o in simmetria col primo, l’atto del traguardare, del contemplare dal concetto come da sorgente di conoscenza, non sia indifferente, nel senso che non sia lecito che si attui da un qualsiasi intelligibile

un’area indeterminata del fenomenico, ma da un certo intelligibile sull’area fenomenica congruente con l’intelligibile. Ora, poiché il traguardare stesso non è che un’immagine di cui ci si vale per stabilire sia i modi sotto cui è valido un certo rapporto di immanenza tra un intelligibile e l’area del fenomenico che lo contiene sia le condizioni sotto cui è legittimo  un giudizio categorico formulato sotto il segno dell’intelligibilità, ogni qualvolta il rapporto di immanenza  e il corrispondente giudizio categorico son posti tra un concetto genere e un concetto specie  o tra un concetto e una percezione o tra un concetto e l’intera fenomenicità in quanto comprensiva della percezione, il rapporto deve essere escluso dal pensamento legittimo se la specie non giace  entro il cono disegnato dal fascio delle semirette divergenti dal genere o se la percezione non coincide con la circonferenza che il cono delinea nel fenomenico o se il tutto del fenomenico non comprende una percezione il cui perimetro faccia tutt’uno con la circonferenza intelligibile; in tutti questi casi il giudizio assume la forma della negazione. Non ci soffermiamo, com’è logico, né sulla negazione quando tocca un rapporto

[pag.83 F 4]

di principio a conseguenza e quando, per ciò, prende corpo in un giudizio ipotetico, perché tutto questo è sempre riducibile, almeno per il fenomenico, a una situazione di immanenza e a un giudizio categorico, né sui motivi e modi  per cui e secondo cui il pensiero immagina un rapporto di immanenza e formula un giudizio categorico che poi devono essere rispettivamente esclusi e negati, perché ciò riguarda una teoria del contraddittorio e dell’errore. Quel che qui ci interessa è che la negazione, fermo restando il presupposto che essa insorga entro il fenomenico apodittico, è sempre la risultante di una triplice operazione del pensiero di condizione umana, e precisamente una denotazione come affermazione di immanenza di un intelligibile in un altro intelligibile o in un fenomenico, o parziale-percezionale o totale, una denotazione come contemplazione dell’immanenza di un intelligibile in un altro intelligibile o in un fenomenico, o parziale-percezionale o totale, l’esclusione dal pensamento legittimo della prima e la sostituzione ad essa della seconda; questo schema generalissimo va completato con le seguenti connotazioni parimenti formali, che le due denotazioni debbono essere contraddittorie  o per contraddizione per divenire o per contraddizione per molteplicità, che la prima denotazione deve darsi di fatto, per un qualsivoglia motivo o ragion sufficiente che giustifichi il suo porsi ad opera del pensiero, e deve pretendere  a un’esistenza di diritto, secondo una pretesa  che si traduce in un suo riscontro, cioè in una sua  contemplazione nel fenomenico di intuizione sensoriale, che la seconda denotazione deve darsi di fatto in quanto posta dal pensiero e di diritto in quanto il pensiero la pone in seguito al suo riscontro o contemplazione  nel fenomenico di intuizione sensoriale, che l’intelligibile affermato immanente coincide indifferentemente con un unico indiveniente o con una classe di fenomenici qualsivogliano, che il fenomenico, in quanto termine di immanenza, può essere dal pensiero assunto o immediatamente o mediatamente a seconda che l’intelligibile immanente sia ritrovato direttamente entro i fenomeni o sia ritrovato in un intelligibile la cui immanenza nel fenomeno sia cognizione immediata o mediata, che qualora il termine recettore di immanenza sia il fenomenico nella sua totalità esso vien sempre riguardato, mediatamente, sotto il punto di vista della percezione che si pone a congruente fenomenico dell’intelligibile  della cui immanenza si tratta. La negazione, dunque, è un processo dialettico, che per l’eterogeneità dei suoi momenti gode del completo diritto di essere ridotta a un dialogo o contrapposizione dialettica a un primo momento qualificato da una certa determinazione di un secondo momento costituito dalla dichiarazione della sua illegittimità e dall’affermazione della sua necessaria esclusione dal pensiero costruttivo, sulla base di una




Precedente - Successivo

Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (V89) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2007. Content in this page is licensed under a Creative Commons License