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Giordano Bruno Cavagna (n. 1921 - m.1966) Metaf. class. e metaf. cristiana IntraText CT - Lettura del testo |
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[pag. 86 F1] ontico. Ma i presupposti stessi dello spinozismo escludono la conoscenza diretta del primo ontico e rimandano a una delle altre due possibilità cognitive, senza tuttavia poter garantire apriori che esse necessariamente coincidano: e qui sta l’aporia della metafisica spinoziana in quanto razionalismo e insieme di un razionalismo in generale, l’aporia di premettere un’asserita e valida razionalità del reale alla condizione di subordinare l’affermazione che dovrebbe essere prima all’altra della realtà del razionale, il che non è giuoco di parole, ma è soltanto la descrizione dello stato di un pensiero di condizione umana che solo in apparenza si è data la liceità di valersi delle rappresentazioni che esso chiama razionalità per descrivere il primo nell’essere sul fondamento di una universalità del razionale, mentre di fatto ha dovuto anzitutto costruirsi siffatte rappresentazioni per poi andare a procurarsi da qualche parte il diritto di proclamarle universali. Nel suo effettivo stato il pensiero di condizione umana ha che fare con enti fenomenici sensorialmente intuiti, fra i quali sono da annoverarsi pure le sue stesse condizioni ed esigenze, e con tutte le loro modalità, alcune delle quali esso finisce per considerare atte ad essere spogliate delle determinazioni spaziali temporali qualitative con un’operazione il cui residuo è un gruppo di rappresentazioni che esso indica con il segno della razionalità; è, allora, perfettamente legittimo che esso passi a predicare il gruppo alle intuizioni sensoriali da cui ha astratto il gruppo e a tutte le altre intuizioni sensoriali in cui il gruppo si ripresenti identico; ma si tratta di vedere se altrettanto legittima sia la predicazione del gruppo a un ontico la cui esistenza in sé sia argomentabile per altro modo che non sia un’intuizione sensoriale e che di conseguenza non sia un sensorialmente intuito: in linea puramente formale siffatta predicazione sarebbe un paralogismo, la cui effettiva immanenza in tutto il discorso è provata dalle incongruenze e dalle insufficienze da cui ogni razionalismo è viziato. Tuttavia, e qui ritorniamo alla nostra negazione, il discorso può essere condotto in modo tale da evitare il paralogismo. Premettiamo che la nostra analisi non terrà qui conto del problema se le nozioni del razionale in quanto formale siano innate o siano termine di un’acquisizione aposteriori, se cioè le categorie che con la loro connotazione offrono la struttura generalissima che una certa immagine deve rivestire per essere affermata razionale il pensiero di condizione umana le possegga prima [pag.86 F2] di una qualsivoglia conoscenza oppure le faccia sue attraverso una o altra elaborazione, ma sempre posteriormente a una serie di atti cognitivi che non possono non essere di intuizione sensoriale; a parte il fatto che il problema posto in questi termini - e così finiscono per impostarlo tutti i pensatori che l’hanno affrontato - non pare atto a ricevere soluzione, in quanto si dovrebbe anzitutto stabilire se quelle immagini categoriali di cui è in gioco l’innatezza debbano assumersi come funzioni operative o come vere rappresentazioni, pari a quelle del cono o di un quadrato, la soluzione che si può dare alla questione non tocca la sostanza del discorso che qui si tenta di delineare, e per questo ci pare di avere il diritto di rimandarla a un altro momento dell’intero questionario metafisico: infatti, il problema dell’innatezza o meno delle categorie formali della razionalità ha che fare con i motivi pei quali il pensiero pone a primo enunciato la razionalità del reale primo nell’essere, piuttosto che con la via da seguire per denotare il razionale che deve predicarsi del reale; si parta dal concedere che un pensiero di condizione umana alle prese con la questione del razionale in genere abbia a sua disposizione quattro classi di rappresentazioni, la classe delle rappresentazioni degli enti fenomenici sensorialmente intuiti, la classe delle rappresentazioni del reale primo ontico, la classe delle rappresentazioni dei modi generalissimi di un qualsiasi razionale, la classe delle rappresentazioni del razionale nella sua interezza: da un punto di vista genetico può interessare o addirittura essere dato condizionatore assoluto per una dottrina del conoscere e per una teoria metafisica determinata stabilire il rapporto che passa tra la prima e la seconda classe da un lato e la terza dall’altro, ma dal punto di vista qui considerato, di sapere che cosa sia il razionale, di darsi cioè la connotazione delle nozioni dell’ultima classe, interessa piuttosto di stabilire il rapporto formale che lega la terza alla quarta classe; ora, poiché evidentemente il quadro sintetico delle categorie della formalità razionale è in una posizione generica rispetto alle rappresentazioni della cui connotazione si va in cerca, anche ammesso che tali nozioni generiche siano date apriori, da un lato esse sono in grado di fornire soltanto alcuni modi, sia pure gli essenziali, della razionalità intera e perfetta - si ponga, ad esempio, che una delle categorie della formalità razionale sia il principio dell’identità del conosciuto in quanto razionale e quindi la necessità della sua unicità; la sua immanenza in un gruppo di rappresentazioni che si mostrano razionali [pag.86 F3] appunto per il fatto che in esse si manifestano il principio e la necessità, opera in differenti maniere a seconda che le immagini razionalizzate siano la risultante della mera ripetizione di un’unica rappresentazione oppure siano differenziate l’una dall’altra da un’eterogeneità di diversità oppure siano opposte da un rapporto di contrarietà; ma questi differenti modi di una molteplicità che deve piegarsi all’unicità dell’identico e le diverse sistemazioni che i molteplici debbono assumere per entrare nell’unica immagine identica a se stessa non sono conseguenze necessarie del principio di identità, da cui può provenire soltanto la generica apoditticità dell’uno, non certo ciò che all’uno si oppone, e cioè la ripetizione, il diverso, il contrario, e neppure ciò che di modificazione il ripetuto il diverso il contrario ricevono per farsi uno, modificazione che né l’uno, termine dell’elaborazione, né il molteplice vario, linea di partenza dell’elaborazione che lo modifica, non suggeriscono e non impongono; eppure la razionalità nella sua completezza comprende anche questa elaborazione modificatrice in quanto fornisce sia il vincolo unitario che connette il razionale alla sua sorgente, ((e??)) che in un mondo dominato dalla razionalità non può mancare, sia la struttura unificatrice il cui modulo astratto è l’uno identico, ma il cui essere concreto è l’uno al di là del vario; avremmo potuto dire più semplicemente che il generico del principio di identità non dà nozioni complete del razionale e quindi può servire solo in parte per quella classe di rappresentazioni del razionale nella sua interezza che è sua specie -, dall’altro, se veramente l’ontico è pervaso di razionalità e il conosciuto è un simmetrico dell’ontico, le categorie della formalità del razionale si debbono ritrovare in seno al conosciuto stesso, nei cui confronti tutt’al più possono esplicare quella funzione operativa cui accennavamo sopra; per questo ai fini della determinazione del razionale una decisione circa l’innatezza del razionale stesso o dei suoi modi formali a poco o a nulla può servire, in quanto delle tre l’una: o il razionale è nei suoi modi formali posseduto esclusivamente dal pensiero di condizione umana e il conosciuto sensoriale ne adegua le strutture indirettamente e secondo uno stato che in sé è la manifestazione appariscente di un principio che necessariamente non è lecito affermare né razionale né irrazionale, con la conseguenza che la nozione della forma della [pag. 86 F4] razionalità è inutile, come si ricava da Hume e in fondo da tutta la scienza contemporanea che fanno loro questo cono ((??corno??)), ai fini di una conoscenza totale del razionale, o la classe delle categorie del razionale formale è immanente, secondo questa o quella delle descrizioni date dalla totalità dell’ontico, nel conosciuto sensoriale e insieme è univoca, e in questo caso, che è poi quello di tutti i razionalismi, il ricorso al generico categoriale è non solo insufficiente a definire la razionalità nella sua interezza, ma anche inutile perché il noto sensoriale e l’ontico saranno in grado di offrire l’immagine delle categorie generali, oppure la classe delle categorie formali del razionale non è univoca, e in questo stato, che è quello in cui il pensiero di condizione umana si trova quando rifiuta di procedere da una qualsivoglia premessa apriori, non resta che rifarsi al noto sensoriale per indagare se contenga del razionale e quale dei razionali, molteplici nella loro formalità varia, di fatto contenga. Inoltre, anche la classe delle rappresentazioni del reale primo nell’essere non può essere assunto a priori come sorgente di conoscenza del razionale, sia dal punto di vista peculiare delle metafisiche determinate che qui consideriamo per le quali la nozione del primo nell’essere non sarà mai posseduta dal pensiero di condizione umana in tutta la sua connotazione umana, sia dal punto di vista del pensiero umano in genere per il quale il primo nell’essere non può essere affermato oggetto di un’intuizione esaustiva, qualsivogliano siano le predicazioni che una dottrina metafisica dia di esso al principio o alla fine del suo discorso. Dunque, le classi di conoscenze che il pensiero, o già situato nei presupposti delle metafisiche a conoscibilità parziale del principio e a predicabilità totale del fenomenico, o fuori da qualunque presupposto, deve prendere in considerazione per darsi una conoscenza totale della razionalità sono di fatto due, le rappresentazioni fenomeniche di intuizione sensoriale, le rappresentazioni del razionale nella sua completezza; di queste due classi la prima è l’unica sorgente di sapere per la seconda, mentre la seconda è destinata a denotare il fenomenico stesso di intuizione sensoriale, come quella che assumerà la funzione di membro o porzione della connotazione della classe del fenomenico di intuizione sensoriale in genere, e a costituire la connotazione del predicato del giudizio primo metafisico, il reale è razionale, come quella che è sufficiente a predicare il concetto di razionale
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